Prendiamo spunto da un fatto di cronaca che ha del paradossale ma è senza dubbio emblematico per capire come si muove il mondo dell'animalismo italiano e quali risposte dà la legge a protezione dei cittadini dall'aggressività canina. Un uomo è stato denunciato dall'Ente Nazionale per la Protezione Animali (Enpa) per aver ucciso il suo cane (un pittbull) che si era appena avventato contro la moglie.
Secondo l'uomo, un 46enne residente a Grugliasco (TO), il cane aveva già manifestato comportamenti aggressivi ed evidentemente la situazione era compromessa. Pur prendendo le distanze da chi si fa “giustizia da solo” non possiamo che constatare un fatto: le nuove norme imposte dalla Martini servono a poco quando un cane pericoloso come un pittbull decide che è ora di aggredire. Con ogni probabilità la persona che ha deciso di uccidere il proprio cane non poteva aspettare di portarlo ad un corso di rieducazione, così come vorrebbero le nuove disposizioni normative, è stato perciò costretto ad agire per legittima difesa.
Di qui poi a redimere questa persona dalle sue responsabilità ce ne passa. Chi acquista un cane del genere dovrebbe conoscerne la potenziale pericolosità (anche se non esiste più la cosiddetta lista delle razze pericolose, eliminata dalla stessa Martini) ed essere preparato a dovere, proprio come stabilisce l'ordinanza, ma prima che il cane possa rendersi pericoloso.
Secondo l'Enpa, che si costituirà parte civile al processo, invece siamo di fronte “all”ennesimo episodio assurdo di cui e’ vittima un animale”, come ha affermato Giovanni Pallotti, responsabile della sezione Enpa di Torino. ”Vorrei sapere – ha aggiunto – se il proprietario si sia mai rivolto ai servizi veterinari per il comportamento del cane, come previsto dall’ordinanza Martini”. Secondo Pallotti ”ci troviamo in presenza di un grave comportamento omissivo le cui conseguenze, fatali per l’animale, avrebbero potuto causare una tragedia ancora piu’ grande”.