Gli animalisti, spesso con eccessiva arroganza, si appropriano di ogni genere di sensibilit�in tema di tutela del “benessere animale”, accusando talvolta gli operatori del settore, di aver a cuore soltanto gli interessi del proprio portafoglio. Federfauna, che da tempo è impegnata sul fronte della piena legittimazione delle attività economiche che utilizzano, allevano e vendono animali, rimarca con forza i diritti dei suoi associati.
“Entrambe le categorie – ndr animalisti e operatori del settore- per esistere hanno bisogno che esistano gli animali”. Non è un concetto così scontato questo ed è giusto sottolinearlo. “Chiunque dovra' convenire – spiega l'associazione - che se non esistessero il cane, il gatto, il pappagallo, ne' l'allevatore, ne' il commerciante, ne' il circense e nemmeno l'animalista percepirebbero del denaro, aldila' di come dopo effettivamente ciascuno di loro lo impieghi”.
Il benessere animale è parte principale, se non fondante, della buona pratica economica di questi soggetti. “E' chiaro che l'operatore economico, qualsiasi sia la sua specifica attivita', deve garantire che i suoi animali siano belli e sani se vuole che riproducano bene o comunque vuole convincere voi, in un modo o nell'altro, a dargli dei soldi”. Federfauna avanza una supposizione inquietante: “Non e' così nel caso degli animalisti, che riescono a convincervi a dare loro dei soldi proprio propinandovi la gallina magra, malconcia e spennacchiata, il criceto sporco, apatico e ferito e l'elefante che non si regge in piedi, per i quali mai dareste un solo euro ad un operatore!... E piu' l'animale e' conciato male, piu' suscita pieta' e più vi induce a "donare"!... A questo punto la domanda sorge spontanea: chi e' che fonda il proprio business sul benessere animale e chi sul malessere?”