Riceviamo e pubblichiamo:
Torna oggi all'esame delle Commissioni Giustizia e Affari esteri della Camera il ddl 2836-B, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia. Come 1908 e' stato approvato dal Senato il 15 settembre scorso, con modificazioni che FederFauna ha giudicato migliorative.
La Confederazione ha applaudito in particolare i relatori Sandro Mazzatorta (LNP) e Giampaolo Bettamio (PDL), il primo per aver sottolineato, tra l'altro, che nei reati di maltrattamento ed uccisione di animali, solo il "riferimento alla crudelta' rinvia ad una forma di intenzionalita' gratuita come tale sempre inammissibile". FederFauna si e' invece dispiaciuta per il ritiro di un emendamento della Senatrice Maria Alessandra Gallone (PDL) che chiedeva che le spese di mantenimento di animali sequestrati fossero corrisposte sempre e comunque dopo la sentenza definitiva di condanna. Altro emendamento, evidentemente persosi nelle Commissioni, e' uno riferito all'articolo 4, che voleva al comma 5, quando dice che "Gli animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca sono affidati alle associazioni (...) salvo che vi ostino esigenze processuali", aggiungere le parole: "o che siano a qualunque titolo parte in causa nel procedimento, o che siano esse stesse ad aver segnalato il reato". Secondo la Confederazione nessun animalista onesto avrebbe potuto contestare tali emendamenti garantisti.
Ma vediamo ora cosa e' rimasto nel ddl, che per FederFauna proprio non va: l'articolo 4 comma 5 dice che "5. Gli animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca sono affidati alle associazioni (...)"; il comma 6 che "Gli animali acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono assegnati, a richiesta, alle associazioni o agli enti ai quali sono stati affidati ai sensi del comma 5"; il comma 7 che "Le entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie (...) sono destinate alle associazioni o agli enti di cui al comma 5". L'articolo 7 comma 3, invece, dice che "(...) Gli animali sono ricoverati, a spese del responsabile della violazione (...); mentre il comma 4 che "L'entita' delle sanzioni amministrative (...) e' aggiornata ogni due anni in misura pari all'intera variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nei due anni precedenti (...)" non fissando pero' alcun tetto per le spese di mantenimento degli animali.
Tali principi, alcuni dei quali gia' contenuti nella legge 189/04, permettono di fatto di incassare dei soldi alle associazioni animaliste che denuncino un reato sugli animali. Questo e' l'unico esempio nella legge italiana e forse anche internazionale in cui un soggetto, oltretutto privato, trae vantaggio economico diretto nel denunciare un reato (il vigile, dipendente pubblico, o l'ausiliario del traffico, dipendente privato, che elevino una contravvenzione, non possono essere anche i destinatari della sanzione e non puo' esserne destinatario nemmeno il cittadino o l'ente che segnali la violazione). Il fatto inoltre, che il ddl non fissi ne' scadenza per la richiesta dei fondi per il mantenimento degli animali sequestrati, ne' un tetto massimo per l'importo degli stessi, potrebbe far si' che il guadagno per il denunciante e/o affidatario degli animali possa sussistere indipendentemente dall'esito del processo.
La tendenza da parte degli animalisti di giudicare maltrattamento anche condotte che in effetti non lo sono e' quindi incentivato, non solo dall'ideologia, ma da un vero e proprio interesse economico, e quindi il fatto che gli accusatori debbano oggi ancora dimostrare l'intenzionalita' dell'eventuale imputato a commettere un crimine, resta per ora l'unica possibilita' per difendersi a un soggetto innocente che venga ingiustamente accusato (e di questi esempi ce ne sono gia' tanti).
Sono gia' comparse sui media dichiarazioni di animalisti ed entita' ad essi vicine (forse per interessi), che lamentano la modifica all'articolo 3 apportata al Senato, motivando la lamentela col fatto che il testo escluda la parte inerente al divieto di interventi destinati a modificare la morfologia dei cani,come il taglio delle orecchie o della coda, ma in realta' tale divieto e' gia' sancito dall'ordinanza ministeriale 3 marzo 2009 e l'esclusione di quella parte dal ddl non l'ha fatto venir meno. Pertanto FederFauna teme che tale lamentela sia solo di facciata e tenda invece a far pressione affinche' qualcuno alla Camera tenti di ripristinare il testo originale dell'articolo 3 del ddl, che voleva l'esclusione del riferimento alla crudelta', ovvero dell'intenzionalita', nei reati di maltrattamento ed uccisione di animali, creando assieme alle gia' citate parti rimaste nel ddl una "miscela esplosiva": un'arma potentissima nelle mani degli animalisti che potrebbero a quel punto sequestrare animali quasi a chiunque con maggiore discrezionalita' e farsi pagare. Vedremo se alla Camera, anziche' una Convenzione, ci sara' qualcuno che vorra' far ratificare il superbusiness dei sequestri!
Federfauna