Sono sistematici, ingenti e spesso necessari per la tutela della pubblica incolumità. Gli interventi del settore pubblico contro il randagismo rappresentano una fetta importante delle uscite delle casse dello Stato (decine di milioni di euro). Soldi che finiscono per finanziare strutture dai costi spropositati. In questo enorme “sistema”, sottolinea in un interessante articolo pubblicato da Affariitaliani.it il veterinario Angelo Troi, fatto di migliaia di associazioni, cooperative, movimenti, spesso con un fortissimo contatto politico, si nascondono “sofferenze inaudite, indicibili, inflitte con colpevole noncuranza a migliaia di animali prigionieri di questo Sistema”.
L'ipocrisia di una società che non vuole occuparsi direttamente dei problemi più scomodi, complice una non cultura della protezione ad ogni costo, impedisce di mettere a fuoco il fatto che la soluzione scelta lascia aperta la porta a troppi malintenzionati interessati solo a facili guadagni. “Nessuno – scrive il veterinario – ha interesse a favorire le adozioni, tanto meno un'esistenza almeno serena” all'interno delle strutture, molto spesso fatiscenti e prive di assistenza sanitaria.
“Ripensare il sistema dei canili – scrive il veterinario - vuol dire riflettere con serena e spietata autocritica sui risultati pratici creati da una legislazione demagogica nazionale unita ai piccoli poteri e alle grandi negligenze locali. Forse è arrivato il momento. I cani nei canili soffrono. Ce lo dicono molte inchieste a volte sincere, a volte interessate più all'audience che al miglioramento reale delle cose, ce lo dicono i veterinari, ce lo conferma una semplice valutazione diretta delle cose. Ma anche qui, si potrebbero accettare sofferenze finalizzate alla realizzazione di un benessere futuro dei cani, cosa che invece non avviene. I cani sono imprigionati nei canili, vittime di un Sistema che ha tutto l'interesse a mantenerli in prigionia per poter prosperare, per mantenere un potere, per ricevere denaro da distribuire senza doverne rendere conto”.