Riceviamo e pubblichiamo:
Ho seguito con grande attenzione le recenti proposte per trovare soluzione al problema del randagismo in Italia, compresa quella di sopprimere nei canili, i cani randagi che dopo un determinato periodo di tempo non fossero richiesti in adozione. E ho sorriso quando ho sentito dire proprio da persone vicine alle associazioni animaliste, che il problema non si azzera sopprimendo i cani, ma eliminando quelli che mangiano nei canili. Ritengo che probabilmente non si sarebbe mai arrivati a dibattiti di questo tipo, anche molto accesi, se i cani fossero tutti di proprieta'.
Trovo che il tutto nasca dal cosiddetto "cane del Sindaco", ovvero un cane randagio che e' di tutti e di nessuno, a seconda di come fa piu' comodo. Troppe sono le figure che accampano interessi sui cani randagi e, come suggerisce la saggezza popolare, "il cane con troppi padroni muore di fame!" Ecco quindi la mia soluzione: eliminare non i cani ma l'oggetto del contendere, cioe' i soldi. Ho letto che la convenzione tra il Comune di Cantu' e il canile consortile di Mariano comense, prevede un contributo da parte del Comune di 50 centesimi per ogni proprio abitante, e cio' indipendentemente dal numero dei cani ospitati nel canile e dal tempo di loro permanenza al suo interno. Ed ho letto che quel canile riesce sempre a pareggiare il numero di ingressi con il numero di uscite, facendo adottare gran parte dei cani anche in tempi ridotti.
Anche la leghista animalista Martini, dopo aver visitato quella struttura, avrebbe detto che una situazione di quel tipo sia il suo sogno. Bene!, a meno che oggi non abbia deciso di rimangiarsi tutto, la esporti in tutta italia. Convenzioni standard che prevedano un tempo massimo in cui il cane randagio catturato e' proprieta' delle Amministrazioni locali, ovvero della collettivita', che per esso contribuisce solo con una quota minima fissa. A quel punto il guadagno per il gestore starebbe nel far adottare il cane alle svelte e se non ci riuscisse, comunque dopo un lasso di tempo determinato il cane diventerebbe suo e potrebbe disporne come meglio crede. Anche venderlo, perche' no?
L'importante e' che tutto avvenga alla luce del sole. Ricordo che sono stato proprio io nel 2010 a presentare un esposto alla Procura della Repubblica italiana per denunciare il gravissimo fenomeno della tratta clandestina di cani randagi verso Paesi europei, operata da sedicenti associazioni di protezionismo animale e da gestori di canili. Oggi come allora, sono pronto a scommettere che se non ci fossero piu' soldi pubblici in ballo, in breve non ci sarebbero nemmeno piu' cani randagi e che probabilmente, senza soldi pubblici, in breve sarebbero proprio le associazioni animaliste che oggi si scandalizzano quando sentono parlare di soppressioni, a chiederle a gran voce, come peraltro gia' avviene in tanti altri Paesi d'Europa e del mondo. Come fa la Peta, la piu' grande associazione animalista mondiale a cui anche molte associazioni animaliste nostrane dicono di far riferimento.
On. Sergio Berlato
Deputato al Parlamento europeo
Vice Capo Vicario PDL nel Partito Popolare europeo