Con una nuova lettera all'on Mancuso e ai parlamentari l'On. Sergio Berlato torna sui contenuti del testo unificato su animali d'affezione e randagismo, sull'intenzione di farla approvare (confermata dallo stesso Mancuso) tramite la Commissione deliberante e sulle appartenenze al mondo animalista dello stesso esponente del Pdl. Berlato fa notare al relatore del testo che è la Lav a citarlo tra i suoi soci più illustri e che risulta far parte di un Intergruppo Parlamentare Animali, di cui non si conoscono i membri. Non è forse la Lav, chiede quindi Berlato, “che risulterebbe aver ricevuto più di centomila euro per il progetto sui cani randagi nell’area archeologica di Pompei, progetto che ha fatto molto discutere anche stampa e televisione e che è pure stato oggetto di interrogazioni parlamentari? Quei cani rappresentano forse un esempio del “cane libero accudito” che il testo vorrebbe istituzionalizzare?” chiede Berlato a Mancuso.
“Il testo – spiega quindi Berlato – risulta zeppo di articoli e commi che impongono la gestione-presenza delle associazioni animaliste in quasi tutti i servizi. Visto che impone la prelazione delle associazioni animaliste anche nei bandi di assegnazione del mantenimento e gestione degli animali nei rifugi. Visto che vorrebbe obbligare i Comuni addirittura a corrispondere un contributo a chi prenda in adozione almeno tre cani o gatti presso la propria abitazione”. “Salta all’occhio – evidenzia il deputato europeo - che questo testo ripristini la vecchia tassa sul cane, di tutti, compresi quelli di famiglia (e forse di allevamento), tassa che il sindaco sarebbe costretto a devolvere, guarda caso, proprio al finanziamento di attività legate al randagismo”. “Ma non finisce qui: il testo prevede obblighi di avere -costruire nuovi canili o di adeguare gli esistenti entro due anni. Quindi per i prossimi due anni i nostri Sindaci dovrebbero impegnare una media di 1 milione di euro (costo medio di un canile) per la realizzazione, più tutti gli oneri di gestione, più finanziare per il mantenimento degli animali le associazioni animaliste che dovrebbero gestirli”.
Secondo Berlato non risponde a verità l'affermazione di Mancuso secondo cui ogni amministrazione deciderà come e se utilizzare le proprie risorse. Le priorità sulla gestione dei randagi con questa riforma (che prevede un minimo di 8 metri quadri per ogni cane in ogni struttura, ovvero quanto non è garantito nemmeno agli umani carcerati) potrebbero essere imposte dagli animalisti se si rivolgessero ai prefetti. Questo mentre nessuno – precisa Berlato - può imporre oggi per legge o con forza prefettizia di erogare i servizi per i disabili o dare sedi alle associazioni che si occupano di anziani”.
E ancora: il servizio veterinario pubblico secondo il testo in esame dovrà controllare allevamenti e altre attività economiche che si occupano di animali avvalendosi delle guardie zoofile (legate alle associazioni animaliste), “che non sono certo scevre – precisa Berlato – da pregiudizi su tali attività”.