I leader dei 150 Paesi dell'Onu si sono riuniti in questi giorni a New York per discutere i termini del Trattato Onu sul commercio delle armi. Tra i tanti argomenti compresi nel trattato (dotazioni degli eserciti, ecc), c'è anche un capitolo che riguarda le armi leggere. Saranno definiti gli standard che vincoleranno gli Stati a tracciare i movimenti di armi e munizioni, riducendo così il rischio che queste possano finire nelle mani di gruppi ribelli e organizzazioni criminali.
Un tentativo di negoziato era già stato fatto a luglio 2012 ma ne era scaturita solo una bozza dopo che Stati Uniti, Russia e Cina, i principali esportatori di armi, avevano abbandonato i lavori per richiedere maggior tempo per esaminare le condizioni. Gli stati Onu sono ripartiti da questa bozza e avranno tempo fino al 28 marzo per una soluzione di compromesso.
Gli Stati Uniti sono intenzionati ad arrivare ad un accordo “forte ed efficace”, che consenta di contenere gli effetti negativi del commercio di armi internazionali “per la pace globale e la stabilità”. Per il momento 69 paesi hanno firmato una dichiarazione con la quale chiedono che il trattato includa anche le munizioni. Ogni anno nel mondo si vendono circa 12 milioni di munizioni, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi di euro, la metà negli Usa, contrari a specifiche restrizioni. “È fondamentale un controllo globale dei trasferimenti internazionali di munizioni per realizzare gli obiettivi del trattato (…), le munizioni devono essere controllate allo stesso modo delle armi”, recita il testo che riporta le firme di paesi soprattutto africani e sudamericani e che è stato presentato dal Ghana.
Qualora non si dovesse raggiungere l’accordo a causa dell’opposizione dei grandi produttori, il trattato potrebbe essere ugualmente sottoposto al voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.