“La caccia e i cacciatori non li ami solo se non li conosci”. Lo ha detto Enrico Finzi, direttore di Astra Ricerche presentando i dati de Gli italiani e la caccia durante l'incontro organizzato dalla Benelli Armi a Pesaro lo scorso 13 dicembre. Per dire che il settore non va demonizzato e anzi andrebbe sostenuto basterebbe fermarsi all'economia, si legge nel comunicato degli organizzatori.
“L’industria che gravita attorno all’attività venatoria, smuove qualcosa come 8 miliardi di euro, pari a mezzo punto percentuale del Pil del Paese, 43 mila occupati, 218 milioni di euro, cifra che corrisponde al saldo import/export. Più nel dettaglio l'export rappresenta il 90 per cento del fatturato, una vera eccellenza per l'Italia.
Visti i dati, considerando la loro significativa portata, perché – ci si deve chiedere - di caccia se ne parla poco e spesso male? La risposta, che è affiorata anche dalla tavola rotonda finale moderata dal giornalista Oscar Giannino, scomoda di nuovo l’informazione: ce n’è poca e quando c’è è colma di pregiudizi.
Ma prima ancora dell’informazione l’argomento scomoda i portatori di interesse (ambientalisti, cacciatori, agricoltori) che Benelli ha voluto portare a confronto per iniziare a tessere un dialogo finalmente disteso anche in Italia. Si è ripartiti dunque dai numeri per individuare elementi di intesa. Di spunti utili se ne possono trovare molti. Nel rapporto fra la caccia e le aree protette per esempio: “Gli animalisti – ha commentato Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi – sono un grande ostacolo ad una corretta gestione faunistica. La cooperazione – ha aggiunto insistendo sul rapporto con il mondo venatorio – in Italia non è omogenea e nella gestione dei parchi ci sono purtroppo componenti fondamentaliste che vedono il cacciatore come una figura negativa. E invece la caccia è una bella tradizione che non crea problemi”.
E poi nella governance che, secondo Antonino Morabito, responsabile fauna Legambiente, non funziona. “Noi – ha affermato - richiamiamo i nostri concittadini (agricoltori e cacciatori) a prendersi degli impegni insieme e a rispettarli, perché non c'è più tempo”. E ancora nella disciplina sportiva, da cui possono partire segnali incoraggianti: “Io con un'arma in mano – è stato l'intervento fatto dal campione mondiale di tiro a volo Giovanni Pellielo - sono stato ricevuto dal Pontefice. Questo significa che se non abbiamo preclusioni riusciamo ad arrivare alla sensibilità delle persone”.
Inoltre nel rapporto fra agricoltori e cacciatori: “Il mondo agricolo, il mondo della caccia, il mondo ambientalista perseguono tutti lo stesso interesse, solo che non lo fanno tenendosi per mano – ha spiegato Claudio Gagliardini, vice direttore di Coldiretti Marche -. Ognuno lo fa per il proprio tornaconto. Per questo invito tutti a cercare concertazioni che uniscano e consentano al legislatore di farsi un quadro preciso di tutte le posizioni”.
Infine spunti sono venuti da e per il mondo della caccia, anch'esso al suo interno suddiviso in troppe sigle di rappresentanza: “La prima parola d'ordine – ha affermato Gianluca Dall'Olio, presidente Federcaccia – è unità, per avere maggior forza e credibilità. L'impegno deve essere volto a modificare la nostra struttura incrementandone la professionalità. Il volontariato è una cosa bellissima ma non è sufficiente. Bisogna quindi smetterla – ha concluso - con gli antagonismi che hanno impoverito la capacità di organizzazione, occorre creare una piattaforma comune con il mondo degli ambientalisti e degli agricoltori”.
Per concludere l'invito, ribadito dal presidente di Cncn, Giovanni Ghini, ad insistere su una campagna di informazione che prospetti il tema della caccia nella sua luce reale: “Il cacciatore se ben informato è un gestore dell'ecosistema. Lo è nel momento in cui va a caccia ma anche quando durante l'anno compie attività preparatorie che giocano a favore dell'ambiente. Bisogna uscire dall'ideologia: i nostri studi servono a questo, a favorire una corretta inquadratura del problema e a conoscere la realtà fuori da ogni distorsione interpretativa”.
Le aziende sono promotrici di queste attività, così come le associazioni che le rappresentano e sostengono le problematiche venatorie nel rispetto delle normative di legge, il tutto per mantenere florido un settore che in Italia rappresenta lo 0,6% del pil. |