Dopo le innumerevoli vicissitudini giudiziarie su questo delicato argomento, spesso di senso opposto, una nuova circolare del Ministero dell'Interno rettifica la precedente posizione che ordinava il perentorio diniego del Porto d'armi a chiunque avesse subito condanne per determinati reati (di cui all'articolo 43 del Tulps), anche in caso di avvenuta riabilitazione.
Non solo la riabilitazione per reati definiti dal Tulps può in alcuni casi giustificare la concessione del porto d'armi, ma in caso di trasformazione della pena, da detentiva a pecuniaria per la particolare tenuità del fatto, la concessione al porto d'armi può avvenire indipendentemente dalla riabilitazione.
Così, finalmente, con la circolare emessa il 31 agosto scorso, il Ministero dell'Interno si allinea alle posizioni, ormai consolidate, del Consiglio di Stato, secondo cui la valutazione deve essere fatta in ogni singolo caso e la presenza di questi reati, spesso riferiti a 20, 30 anni fa, non deve portare ad automatico diniego ma ad un'attenta valutazione.
Il divieto automatico scatta in caso di reati ascritti all'articolo 43 del Tulps per cui non sia avvenuta riabilitazione ma anche per quelli per cui sia stata scontata pena detentiva. Il discorso cambia per i reati di cui all'articolo 11 (delitti non colposi). I riabilitati possono essere valutati positivamente al fine del rilascio del porto d'armi in caso di riabilitazione anche se c'è stata pena detentiva.