La ricerca dell’Università “Carlo Bo” di Urbino quantifica in oltre 7 miliardi di euro il valore diretto e indiretto del settore (0,44% del Pil), trainato dal segno positivo della produzione che cresce grazie l’export (90%) e con un lieve calo dell’indotto rispetto al 2010. Il settore conta 2.334 imprese e oltre 87mila occupati.
La produzione di armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio in Italia vale 7 miliardi 293 milioni di euro corrispondenti allo 0,44% del Pil nazionale, con 87.549 occupati, cioè lo 0,56% di lavoratori totali italiani e lo 0,69% degli occupati nell'industria manifatturiera e nel terziario.
Il settore produttivo di armi e munizioni cresce del 19% rispetto al 2010, trainato dall’export che incide per il 90,3% (+6,3% rispetto al 2010).
I dati emergono dalla ricerca realizzata dalla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, coordinata da professori Fabio Musso, Marco Cioppi, Barbara Francioni e Ilaria Curina che sarà presentata domani a Vicenza, all’interno di HIT Show. La ricerca fotografa il settore a distanza di 7 anni dagli ultimi dati disponibili, risalenti al lontano 2010.
Il valore economico del settore (produzione di armi e munizioni, compreso il sistema di fornitura e i distributori) ammonta ad oltre 909 milioni di euro (+20% rispetto al 2010, trainato dall’esportazione), con un impatto stimato di oltre 759 milioni di euro. Tuttavia cala il valore dei settori collegati alla domanda finale di prodotti e servizi da parte di cacciatori e tiratori sportivi che si attesta su 3 miliardi e 300 milioni euro (-16% rispetto al 2010). Sul valore complessivo del settore pari a € 7 miliardi e 293 mila euro pesa infatti rispetto al 2010 l’effetto del calo dell’indotto tutto ascrivibile al mercato domestico legato ad attività venatorie e sportive. Su questi comparti ha agito la crisi ma anche una legislazione che penalizza il settore in Italia, rispetto ad altri paesi.
Secondo la ricerca dell’Università marchigiana attualmente le imprese operanti in questo comparto sono 2.334, in crescita del 3% rispetto al 2010. Il numero di addetti del settore è di 11.433, in crescita dello 0,7% rispetto al 2010. Tuttavia la somma complessiva degli addetti compresi i settori collegati e l’indotto passa 94.264 del 2010 agli 87.549 attuali (-7,1%). Anche questo dato è da leggere alla luce della diminuzione del valore totale dell’indotto come già indicato.
“La ricerca dell’Università di Urbino quantifica scientificamente il valore del’industria armiera – ha commentato Stefano Fiocchi, Presidente ANPAM – che rappresenta un’autentica eccellenza nel panorama industriale, espressione della manifattura made in Italy, trainata dall’export. E’ una industria sana che cresce di valore di occupazione e di produttività e il mercato estero ce lo riconosce, continuando a considerarci un punto di riferimento. Gli unici dati con il segno meno riguardano il mercato italiano dell’indotto legato alle attività venatorie e sportive. Basterebbe allineare il sistema italiano a quello degli altri paesi europei per ridare ulteriore linfa al comparto – continua Fiocchi – che tra l’altro afferma da decenni la sua leadership internazionale nella produzione per uso sportivo. Nelle ultime quattro edizioni dei Giochi Olimpici – conclude Fiocchi – su 63 medaglie assegnate nelle diverse specialità del tiro a volo ben 61 sono state vinte con fucili e 51 con munizioni italiane, una eccellenza indiscussa a livello mondiale ”.