Con un nuovo rapporto, pubblicato a settembre scorso, l'Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) torna a chiedere nuove restrizioni per le munizioni di piombo. La posizone dell'agenzia, già nota da almeno un anno, è la risposta conclusiva ad una consultazione pubblica avviata dalla Commissione Europea a seguito di una specifica richiesta di Birdlife International (network protezionista da noi rappresentato da Lipu). L'Echa senza mezzi termini punta ad estendere il divieto di caccia con munizione di piombo anche al di fuori dalle zone umide. Ma lo fa portando a sostegno studi datati e già screditati negli anni e dimostrando così un atteggiamento tendenzioso nei confronti della caccia.
Nel rapporto infatti si individuano rischi per l'ambiente terrestre causati dalle munizioni al piombo e si arriva a proporre il bando totale di questo tipo di cartucce al fine di “ridurre l'inquinamento da piombo e migliorare la qualità dell'ambiente”. Il che avrebbe costi ridotti (si legge nel rapporto), visto che le munizioni sostitutive, quelle in acciaio, sono già in commercio ed utilizzabili nella maggior parte della armi da fuoco. Sappiamo che in realtà non è affatto così, e oltre ai già noti problemi legati alla sicurezza dei cacciatori, per un fatto propriamente balistico, i fucili adatti a tali munizioni devono essere appositamente marchiati dal Banco Nazionale di Prova (il Giglio) a comprovare la capacità di sparare questo tipo di munizioni.
Le associazioni del settore armiero e venatorio non sono rimaste a guardare. Sappiamo che le confederazioni europee (Afems – L'associazione europea dei produttori di armi e munizioni sportive - in testa e Ieacs, l'Istituto europeo per le armi sportive e da caccia, rappresentate anche dalle associazioni di categoria italiane, come ANPAM e Assormieri) stanno lavorando alacremente per contrastare queste ulteriori strumentali restrizioni, prima che la questione approdi al Parlamento europeo.
Non si può tuttavia non notare la sproporzione dell'agenzia europea nel considerare i rischi ambientali minimi dell'attività venatoria di fronte alla reale e preoccupante situazione dell'impunita e legale dispersione di veleni da parte del mondo agricolo e industriale. Grazie ad altri puntuali studi, di cui abbiamo parlato abbondantemente su questo sito, sappiamo infatti che, anche confrontando i parametri chimici dei consumatori assidui di selvaggina, la maggior parte del piombo assunto deriva dal consumo di cereali e perfino dell'acqua potabile. Il che evidenzia la posizione assurda di questo ente che arriva addirittura a parlare della pericolosità ambientale dei piombini dispersi dai pescatori, cosa veramente risibile.
Come fa l'Ispra con i KC, anche l'Echa non dice niente di nuovo (porta dati riferiti addirittura al 1989) e al contempo sottovaluta il problema della pericolosità per i cacciatori delle cosiddette munizioni atossiche. Tutto questo di fronte ad una politica, che al di là di proclami altisonanti, dimostra spesso di non essere in grado di tutelare la salute pubblica ed il patrimonio ambiente. In italia, per esempio, come denunciano i verdi, i grillini (Ministro Costa, sostenuto probabilmente dal capo della sua segreteria Mamone Capria, tuttora presidente della Lipu e notorio discepolo di Pecoraro Scanio) allargano le maglie consentendo lo sversamento di fanghi tossici in agricoltura e (Di Maio) l'impunità per gli avvelenatori dell'Ilva.