Presentato ad HIT Show l’aggiornamento della ricerca “Sicurezza e legalità: le armi nelle case degli italiani”. Negli 11 anni analizzati solo un omicidio su venti è stato commesso con armi legalmente detenute. Tra questi, il 2,45% si è verificato per eccesso di difesa. Tra i detentori legali di armi, inoltre, il numero di omicidi è più basso del 20% rispetto alla popolazione generale.
Vicenza, 9 febbraio. Gli omicidi compiuti in Italia dal 2007 al 2017 con armi legalmente detenute sono solo il 5% del totale, di questi solo il 2,45% si è verificato per eccesso di legittima difesa. Tra i detentori di armi, inoltre, il numero degli omicidi è più basso del 20% rispetto alla popolazione generale, e al recente aumento delle licenze di porto d’armi ha corrisposto una diminuzione degli eventi.
Sono questi i dati principali emersi dell’aggiornamento della ricerca Sicurezza e legalità: le armi nelle case degli italiani, la prima ricerca italiana sugli omicidi commessi con armi legalmente detenute curata dall’Università Sapienza di Roma, pubblicata dall’editore scientifico Bonanno e presentata oggi a Vicenza durante il convegno inaugurale di Hit Show. All’evento hanno partecipato: Vannia Gavia, Sottosegretario Stefano Fiocchi, Presidente ANPAM, Ugo Ravanelli, AD IEG, Prof.ssa Roberta Iannone, Università Sapienza di Roma, Prof. Avv. Ugo Ruffolo, Università di Bologna, Alessio Carparelli, istruttore di tiro sportivo.
Tra gli omicidi commessi con armi legalmente detenute, circa il 12% è costituito da atti di eutanasia, realizzati con l’intento di alleviare le sofferenze della vittima, mentre nel 68% dei casi si tratta di un omicidio familiare.
Analizzando i casi oggetto dalla ricerca emerge come nel 45% degli omicidi erano presenti delle criticità che avrebbero potuto far immaginare l’abuso: nel 5,6% dei casi l’uccisore era stato fatto oggetto di denunce o di diffide di pubblica sicurezza, o addirittura di un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Nel 22% dei casi l’omicida ha tenuto dei comportamenti indicativi (maltrattamenti, atti di violenza fisica o verbale, etc.) mentre in oltre il 15% dei casi mostrava problemi psicologici rilevanti (depressione, paranoia, etc.). Da non sottovalutare le difficoltà economiche, presenti in oltre il 11% dei casi, che sono state talvolta l’elemento scatenante di eventi particolarmente sanguinosi.
“Questo governo non intende dimenticare nessun comparto produttivo, a partire da quello armiero, che ha numeri importanti a livello di fatturato e occupazionale e un forte radicamento in diversi territori del Paese - ha commentato Vannia Gava, sottosegretario all’Ambiente - ricerche come quella della Sapienza sono fondamentali per rimettere al centro del dibattito legato alle armi i temi della sicurezza e della legalità”.
“Le evidenze emerse dalla ricerca – commenta la Prof.ssa Roberta Iannone, curatrice della ricerca con il Prof. Paolo De Nardis – dimostrano come il fenomeno degli omicidi in Italia commessi con armi legalmente detenute sia nel complesso molto limitato. Solo il 2,45% degli omicidi oggetto della nostra analisi scientifica, inoltre, si è verificato per eccesso di difesa: un dato che ridimensiona la discussione sulla difesa legittima e che riguarda in realtà pochissimi casi. Soprattutto, i risultati della ricerca suggeriscono che la pratica sportiva armiera, sviluppando la cultura della sicurezza e dell’uso responsabile, riduce le possibilità di abuso delle armi detenute.”.
“Le evidenze di quanto sia scarsa l’incidenza di crimini mortali con uso di armi legalmente detenute deve anche fare riflettere su quanto siano sicuri, e poco pericolosi, gli sport di tiro a segno e tiro al volo – commenta il Prof. Avv. Ugo Ruffolo – questi sport sono massivamente praticati, ma con incidenza quasi nulla di sinistri ben inferiori, ad esempio, a quelli da attività calcistica. Eppure la giurisprudenza considera “attività pericolosa” (con ben elevato regime di responsabilità) la organizzazione persino del tiro ad aria compressa, e non invece – conclude Ruffolo – quella del gioco del calcio (se non per l’incidenza di tumulti fra tifosi).
“Non esiste diretta correlazione tra la diffusione delle armi da fuoco ed il numero dei fatti di sangue commessi – commenta Alessio Carparelli, autore de “L’atteggiamento mentale e la gestione della paura nella dinamica degli scontri a fuoco” – poiché non è lo strumento a condizionare le scelte di commette un delitto. Una persona che decide di fare della violenza il proprio scopo – conclude Carparelli – lo fa a prescindere dalla disponibilità legale di un’arma, che non sempre rappresenta l’oggetto del delitto e che nella maggior parte dei casi viene reperita illegalmente”.