Andare a caccia con il porto d'armi scaduto porta dritti dritti verso il divieto di detenzione. Lo scrive in una nota Anuu Migratoristi, a commento di una recente sentenza (804/2023) del Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso di un cacciatore, a cui è arrivato il diniego alla detenzione dal Prefetto e successivamente dal Tar, che ha ritenuto legittimo il provvedimento.
"Non conta - si legge nella nota Anuu - l’assoluzione disposta in sede penale per la particolare tenuità del fatto: l’amministrazione è infatti chiamata a una valutazione più stringente che, oltre alla violazione della legge, tenga presenti tutti gli eventuali sintomi d’inaffidabilità. Il divieto previsto dall’art. 39 del Tulps è finalizzato non a sanzionare e reprimere reati, ma a prevenirli e a tutelare l’ordine pubblico; pertanto, giustifica il divieto anche il minimo elemento utile a incrinare ragionevolmente l’idea di un uso appropriato delle armi. Il cacciatore è stato considerato inaffidabile con una valutazione “legittimante ancorata” alla realtà e che giustifica la prognosi di un possibile abuso delle armi. Non è infine rilevante il fatto che “il mancato rinnovo della licenza sarebbe frutto di una mera dimenticanza”: già di per sé andare a caccia senza titolo valido comporta un abuso dell’arma che può “ragionevolmente essere posto a fondamento” del divieto".
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