In risposta alle polemiche sulla misura inserita nella
legge di stabilità, approvata al Senato, che prevede
l’abrogazione del Catalogo della armi comuni da sparo , l'Anpam ha diramato un proprio comunicato in cui sottolinea che la misura "è stata espressamente richiesta dall’Europa mediante una recente procedura d’infrazione, la 2336/11/Italy".
Il Catalogo quindi - evidenzia l'Anpam - è contrario al diritto comunitario e la sua abrogazione uniforma la nostra disciplina delle armi da sport, caccia e difesa a quella esistente negli altri Paesi europei (in particolare a quella prevista nei Paesi maggiori produttori quali Germania, Austria, Belgio, Francia).
L’abolizione del catalogo - ribadisce ancora l'Anpam - non costituisce in alcun modo una liberalizzazione (come è stato invece rilevato per esempio da alcuni rappresentanti del Partito Democratico), perché i cittadini non potranno detenere armi sostanzialmente diverse dai quasi 20.000 modelli catalogati. Restano inalterate infatti le categorie delle armi comuni da sparo già previste dalla legge, detenibili dai cittadini autorizzati, già in linea con quanto previsto dalla direttiva europea e dagli altri Paesi dell'Unione.
Il catalogo delle armi comuni in effetti - evidenzia ancora l'Anpam - è divenuto uno strumento desueto e inutile poiché la definizione e distinzione di armi comuni da quelle militari (quindi quelle che possono e non possono essere detenute dai cittadini) è stata già messa a punto da una serie di norme, a partire della legge 9 luglio 1990 n.185, passando per il Decreto del Ministro della difesa 13 giugno 2003 fino ad arrivare alla Direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e dell’attenta specificazione della armi da guerra da parte della legge ordinaria.
Inoltre nulla cambia rispetto al fatto che le armi in vendita sono già catalogate e omologate dalla legge ordinaria nazionale ed europea e saranno sempre testate e omologate dal Banco Nazionale di Prova