E’ stata presentata oggi alle istituzioni la prima ricerca economica sul comparto produttivo italiano di armi e munizioni ad uso sportivo, venatorio e per la difesa personale. La ricerca è stata commissionata dall’Anpam, l’associazione di categoria dei produttori di armi e munizioni sportive e civili aderente a Confindustria, all’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”, facoltà di Economia. Il metodo di ricerca utilizzato ha compreso: interviste dirette, interviste telefoniche, interviste in profondità, analisi di dati, richieste di informazioni via e-mail.
LA RICERCA E I PRINCIPALI DATI
L’Italia è il primo produttore europeo di armi sportivo-venatorie (copre circa il 60% dell’intera offerta comunitaria che arriva al 70% se si considerano solo le armi lunghe da caccia e tiro) ed è il più importante paese esportatore nel mondo di armi sportive, commerciali e munizioni. L’export infatti tocca il 90% della produzione, in particolare negli USA (circa 45%). Sono pochi i settori che possono vantare una bilancia import-export con questi valori.
Nella ricerca commissionata all’Università di Urbino sono stati analizzati nel dettaglio tutti i valori economici e occupazionali dell’industria armiera in senso stretto, quelli delle filiere e di tutti i settori collegati (ovvero quei settori che, in modo più o meno diretto, vengono alimentati dallo svolgimento di quelle attività sportive e venatorie per le quali l’uso delle armi costituisce elemento essenziale).
Inoltre è stato valutato quello che viene chiamato l’effetto economico indotto dal settore seguendo il principio secondo il quale il valore generato da un settore si diffonde anche in altri settori creando un effetto moltiplicatore.
Alcuni tra i dati rilevati:
Il settore in senso stretto (produttori e fornitori) è costituito da: 2.264 imprese, 11.358 occupati e da un valore della produzione (giro di affari) di Euro 486.338.624. La bilancia import export è molto positiva. Per le armi le esportazioni ammontano al l'89,8% della produzione, attestandosi a un valore di Euro 239.901.126, mentre le importazioni ammontano a Euro 22.321.133.
Per le munizioni le esportazioni ammontano al 62,2% della produzione, per un valore di Euro 131.089.884, a fronte di Euro 75.872.717 di importazioni.
Se al valore della produzione di armi, accessori e componenti si sommano i margini dell’esportazioni di componenti e accessori, il margine dei distributori, quello delle importazioni, dei manutentori e l’IVA si arriva a un valore del settore di Euro 755.258.105. ll valore dei settori collegati (domanda per caccia e tiro) ammonta a Euro 3.840.042.696 mentre la relativa occupazione è di 42.889 addetti. Applicando a tutto questo il calcolo dell’effetto economico indotto si arriva a un valore del settore complessivo di Euro 7.913.971.205 e un numero di addetti pari a 94.264
VALUTAZIONI DI SCENARIO: PUNTI DI FORZA, CRITICITA’ E PROSPETTIVE PER LO SVILUPPO DEL SETTORE
Quest’anno, nonostante la crisi economica mondiale, i dati del Banco Nazionale di Prova evidenziano un segnale di ripresa con una crescita vicina al punto percentuale (primi otto mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) delle armi testate. Il valore economico del comparto armiero italiano e la sua ricaduta sull’economia sono spinti verso l’alto anche dalle bassissime quantità di importazioni di materie prime (praticamente nulle), di contro a un’elevata percentuale di esportazioni finali.
Il settore è costituito da imprese di dimensioni medio piccole (se si escludono un paio di realtà medio grandi per le armi e una per le munizioni), molto spesso di origine familiare. E’ un settore che si basa su una filiera che vede insieme eccellenze e tradizioni di tipo artigianale e artistico (pensiamo agli incisori) e strutture di avanguardia tecnologica. Grandi numeri ed elevata qualità costituiscono il differenziale positivo che le imprese del settore possono vantare nelle fiere di tutto il mondo, mentre sul fronte interno ci si scontra con una serie di vincoli burocratici e amministrativi che creano danni alla sua competitività, perché incidono in modo elevato sui tempi di produzione ed esportazione.
L’Italia è, ad esempio, l’unico paese europeo ad applicare il Codice di condotta alle armi sportive, fatto che appesantisce la filiera, come anche l’obbligo di svolgere la bancatura (prova) delle armi presso il banco di prova centrale, mentre le industrie potrebbero farlo presso i propri stabilimenti, risparmiando sull’elevato costo di un trasporto tra l’altro molto pericoloso.
“Siamo un settore solido, a evasione zero - afferma Nicola Perrotti, presidente dell’Anpam - capace di affrontare a testa alta i competitor stranieri come pochissimi altri possono fare in Italia. Il nostro sviluppo potrebbe essere uno dei volani di ripresa dell’industria italiana ma è messo a rischio ogni giorno dalla burocrazia e dalla confusione legislativa. Le nostre produzioni si basano su una grande specializzazione, il che significa forza lavoro stabile e ben remunerata, con un fulcro generatore tutto italiano: la nostra industria non importa se non alcune, poche, materie prime mentre esporta il 90% di quello che produce con un effetto moltiplicatore sulla ricchezza dell’Italia che non può essere sottovalutato. Siamo uno dei migliori comparti del Made in Italy, questa ricerca lo certifica ed è per noi un’ulteriore spinta a fare meglio sperando in un concreto appoggio dalle istituzioni alle quali non chiediamo altro che di poter lavorare come i nostri avversari esteri, senza aiuti ma senza inutili ostacoli”. |