Per chi appartiene al mondo venatorio e da sempre è abituato a rispettare con scrupolo le regole, in tutto e per tutto, sentirsi dire dalla Questura che ad un certo punto non è più affidabile, può apparire un’enormità.
La cosa, evidentemente, non va proprio giù, non viene compresa e soprattutto può indurre alla reazione e alla presentazione di un ricorso.
Sospensione licenza: la Questura e il Tar
Parliamo di fatti accaduti e pure passati per il giudizio di una Corte.
Il tema è stato trattato e risolto a favore del ricorrente dal Tar Bari, con la sentenza n. 474/2017, non appellata.
Per immaginare una situazione come quella descritta nel preambolo e nella pronuncia che qui si commenta, pensiamo al momento in cui la Questura decreta la sospensione della licenza di porto di fucile ad uso caccia e, per sostenere questa ipotesi, l’amministrazione scrive nel suo provvedimento che la custodia delle armi e munizioni non pare assicurata con diligenza nell’interesse della pubblica sicurezza.
Prendendo spunto dalla sentenza segnalata, il fatto concreto può essere rappresentato da una presunta perdita di affidabilità, ad esempio perché il personale operante ha riscontrato, all’interno del domicilio della persona interessata, un fucile con apposita custodia posizionato a vista in una stanza dell’abitazione, a destra rispetto a chi entra, mentre altro fucile con custodia collocato su una cristalliera all’interno di un soggiorno; inoltre (come è successo nel caso di Bari) uno zaino contenente 197 cartucce da caccia caricate a pallini posto nella stanza di ingresso dell’abitazione.
Fatti questi che, esaminati dal Commissariato di P.S., inducono a deferire la persona all’Autorità Giudiziaria per l’ipotesi di reato ex art. 20 l. 110/75.
Sospensione licenza: la fase antecedente il ricorso
Inutile dire che, messa così alle strette, la persona interessata proprio non ci sta ed è ragionevole immaginare il perché si determina ad andare avanti con un ricorso, chiedendo giustizia.
In effetti, da quanto appare l’argomento della Questura sembra non avere fondamento.
Come mai questa persona è così sicura del fatto suo?
E’ presto detto.
Nella fase che precede il ricorso vero e proprio, imbastisce una memoria ben congegnata, dove spiega che:
da 50 anni è titolare della licenza,
ha sempre tenuto una condotta specchiata,
non ha mai abusato del titolo,
non ha mai avuto procedimenti penali,
non ha mai avuto condanne,
vive da solo, in assenza di minori o incapaci,
ha sempre tenuto le armi con diligenza encomiabile,
ha un sistema antifurto collegato con un Istituto di Vigilanza,
ha un sistema di videosorveglianza,
ha una villa circondata da un muro di cinta con rete metallica,
ha numerosi cani in casa,
non ha mai subito furti, tentativi di furto o intrusioni.
Si pone allora in attesa della valutazione amministrativa.
Sospensione licenza: l’Autorità di P.S.
Benché messa davanti ad un corredo argomentativo così ben congegnato ed articolato, l’Autorità non vuole saperne.
Le circostanze sono infatti ritenute insufficienti per giungere ad una valutazione diversa sulla questione dell’affidabilità nella custodia delle armi.
Sospensione licenza: la decisione in primo grado
Come accennato nel preambolo, il Tar da però ragione al ricorrente.
Le conclusioni della magistratura, non appellate avanti il Consiglio di Stato, sono alquanto utili e si possono richiamare per una varietà di casi analoghi.
Vero, dice il giudice: l’amministrazione gode di vasta discrezionalità sul giudizio di affidabilità nell’utilizzo dell’arma.
Su questo non si discute; del resto esiste un filone di sentenze abbastanza corposo sull’argomento.
La questione è un’altra.
Qui abbiamo una situazione dove l’autorità avrebbe dovuto prestare la massima attenzione su quanto dichiarato nella memoria presentata prima della causa.
Quelle circostanze, dice la magistratura, non sono state proprio considerate.
E tanto suona male, non fosse altro per il fatto che una persona in grado di dimostrare la propria impeccabile condizione di soggetto affidabile merita tutela già dalle prime fasi del procedimento amministrativo e non deve certo trovarsi costretta a rivolgersi al magistrato.
Ciò che, in definitiva, viene trascurato dall’amministrazione, è che la Legge attuale non prescrive alcun obbligo specifico (derivante dall’art. 20 l. n. 110/75) a carico del privato cittadino, di adottare particolari sistemi ed efficienti misure di difesa contro furti in abitazione.
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