In risposta all'articolo Incidente Apricale, perché la politica permette a un cacciatore di entrare col fucile nel mio terreno pubblicato su Il Fatto Quotidiano, a firma del blogger Fabio Balocco, pubblichiamo la lettera inviata al quotidiano (e inviata anche alla nostra redazione), del cacciatore Loris Berardi.
Spett.le Redazione de Il Fatto Quotidiano,
Egr. Direttore,
Con la presente Vi contatto in merito all’articolo del 01/10/2018 scritto scritto dal Sig.re Fabio Balocco sul proprio blog e pubblicato online sul Vostro sito internet e sul Vostro profilo Facebook.
L’articolo in questione è stato scritto a riguardo del tragico incidente di caccia avvenuto recentemente nei boschi di Apricale (IM).
Premetto che sono un lettore de Il Fatto Quotidiano fin dal primo anno di uscita, lo acquisto con frequenza poiché lo ritengo un giornale valido e che da sempre si impegna a fornire un’informazione di qualità ai propri lettori.
Nonostante la mia personale stima, che rinnovo, nei confronti della Vostra testata, purtroppo non sono d’accordo su ciò che è stato scritto dal Sig.re Balocco.
L’attività venatoria non è sicuramente, in questo momento, un terreno fertile su cui trovare piantati i semi per far nascere un dialogo costruttivo e né da parte di chi la pratica e la sostiene né tantomeno da chi la abolirebbe vengono adottati gli atteggiamenti corretti.
In ogni articolo, opinione, intervento che leggo o che sento inerente alla materia di caccia, non vi è mai un riferimento alla legge che in Italia regolamenta l’attività venatoria.
La legislazione in merito non viene mai menzionata, citata o presa come esempio, e dire che è ben precisa e può fornire numerose indicazioni utili.
Balocco scrive: “Si passa dagli animali da reddito… alla selvaggina, destinata a essere abbattuta dalle doppiette. Dalle mattanze si salvano poche specie. Spesso perché in numeri troppo ridotti per accanircisi contro.”
Questa affermazione è decisamente mendace, innanzitutto un prelievo venatorio che rispetta un piano faunistico venatorio di riferimento non è sicuramente una mattanza ed è sbagliato affermare che siano poche le specie a non essere oggetto di caccia.
Basterebbe leggere la legge n. 157 del 1992 per comprendere che le specie cacciabili durante la stagione venatoria sono in realtà poco numerose.
È vero semmai il contrario, sono la quasi totalità delle specie selvatiche a essere protette o particolarmente protette.
Inoltre è una palese contraddizione sostenere che a salvarsi siano “le specie troppo ridotte per accanircisi contro”, è evidente che se una specie dovesse avere delle difficoltà e dovesse essere ritenuta per un qualsiasi motivo (pressione venatoria, malattie, cambiamenti climatici, ecc.) a rischio e vulnerabile, non verrebbe insidiata, ma non perché casualmente e senza una logica si ritenga moralmente corretto non cacciare specie a rischio, ma perché vengono effettuati controlli e censimenti ben precisi sulla fauna selvatica e in base a quello vengono di volta in volta stabiliti i piani faunistico venatori.
L’ISPRA si occupa di questo e in riferimento alle specie che per legge sono da ritenersi cacciabili, nel caso in cui l’istituto in questione ritenesse necessario sospenderne o ridurne il prelievo venatorio, è ovviamente obbligatorio rispettare tali provvedimenti.
Potrà sembrare paradossale, ma la legge n. 157 del ’92 contiene quasi sempre tutele per la fauna selvatica e al tempo stesso divieti e obblighi per chi pratica l’attività venatoria.
Sempre Balocco: “i nostri governanti non hanno mai voluto mettere mano alla modifica dell’art. 842 C.C., il quale prevede che il cacciatore può impunemente entrare nel mio fondo, a meno che io proprietario non spenda un patrimonio per recintarlo. A dimostrazione che la proprietà privata viene tutelata solo se conviene elettoralmente: uno non può entrare in casa mia con una pistola, ma può entrare col fucile nel mio terreno.”
Altra affermazione particolarmente imprecisa, faziosa e finalizzata non certo al solo discorso intorno alla caccia.
Quando il Sig.re Balocco scrive che un cacciatore può “impunemente” entrare in un fondo, cosa vorrebbe dire di preciso? Quale colpa, per la quale dovrebbe essere addirittura punito, avrebbe un regolare cacciatore in possesso di un regolare porto di fucile e di una regolare licenza di caccia?
Anche l’accesso ai fondi è ben regolamentato e di certo non tutti i terreni sono anche zone di caccia in cui è possibile praticare l’esercizio venatorio.
Sono numerose le zone dove la caccia è rigorosamente e severamente vietata, questo non viene mai specificato e sembra sempre che il cacciatore sia una creatura dalla natura indubbiamente malvagia che, in assenza di un qualsiasi tipo di regolamento, se ne va in giro ovunque egli voglia a mietere vittime selvatiche e a mettere a rischio l’incolumità degli esseri umani.
Se appunto il proprietario o conduttore di un fondo inserito da piano faunistico venatorio in una zona di caccia volesse chiudere il fondo stesso, in modo da impedirne l’attività venatoria, può farlo, nei termini e nei modi previsti dalla legge.
Altro aspetto che forse in pochi conoscono è che il fucile non è l’unico strumento con cui è possibile andare a caccia; sono permessi anche l’arco e il falco.
Certo non sono sicuramente molti a andare a caccia con un rapace diurno, però è anch’esso un mezzo consentito, per legge, nell’esercizio venatorio.
Il Sig.re Balocco considererebbe un criminale meritevole di una qualche punizione anche un cacciatore munito di falco anziché di fucile?
Non sono di certo questo genere di articoli che possono contribuire alla costituzione di un dialogo costruttivo intorno alla caccia, non tanto perché chi lo scrive non sia favorevole all’attività venatoria, piuttosto perché non contengono dei riferimenti concreti su cui, eventualmente, potere in maniera intelligente discutere.
Un altro aspetto che mai viene considerato è che un cacciatore per essere tale frequenta un corso specifico nel quale studia diverse materie sulle quali si prepara per sostenere un esame di Stato (peraltro non semplice) che, se superato, conferisce la licenza al futuro cacciatore.
Quest’ultimo, per ottenerla in senso pratico, dovrà poi essere ritenuto idoneo all’attività venatoria da parte di un medico legale e ritenuto altrettanto idoneo al maneggio delle armi da fuoco da parte di un Tiro a segno nazionale. Sicuramente la prudenza non è mai troppa, e in termini di armi da fuoco non si può certo essere approssimativi o superficiali; entrare in possesso di una licenza di caccia non è così immediato e non è certo segno di arretratezza né sintomatico di una identità poco istruita come si vuole fare credere.
Si può poi assolutamente discutere se non sia necessario approfondire, anche didatticamente, la materia di caccia, se rendere l’esame da sostenere più articolato al fine di avere cacciatori sempre più consapevoli e preparati, si può valutare in maniera differente l’attività venatoria, la quale oltre a contenere importanti tradizioni e una importante cultura, è anche un importante strumento per il controllo e la tutela della fauna selvatica e per il mantenimento delle condizioni ambientali migliori all’interno di un equilibrio sempre più precario, purtroppo.
Ogni azione che viola la legge va giustamente sanzionata, anche per ciò che riguarda la caccia. La fauna selvatica sicuramente trova nell’uomo un incredibile nemico, il quale però non si traduce tanto nel cacciatore, quanto piuttosto si identifica con l’urbanizzazione sconsiderata, con l’agricoltura sempre più meccanizzata e sempre meno attenta al rispetto della fauna presente all’interno dei campi coltivati.
Una mietitrebbia moderna può eliminare decine e decine di animali durante il proprio lavoro senza chiedersi o tenere conto se siano protetti o meno.
Un cacciatore, ad esempio, può prelevare, per un tempo limitato e osservando regole ben precise, una singola lepre durante una giornata di caccia (per un numero massimo di dieci totali nel corso dell’intera stagione venatoria, numero ridotto a sette in alcuni ambiti territoriali di caccia); una mietitrebbia in azione può uccidere diverse decine di esemplari in una sola giornata di lavoro ed è in questo caso che sarebbe più corretto parlare di “mattanza”.
Ovviamente è possibile lavorare i campi coltivati in maniera che la fauna selvatica eventualmente presente abbia la possibilità di spostarsi preventivamente e evitare di finire sotto alle macchine.
In diversi Stati è obbligatorio adottare tali metodi di lavoro, in Italia invece al momento ancora no.
Anziché alimentare le solite polemiche, sempre basate su pregiudizi e mai sugli elementi precisi che riguardano la legislazione in materia di caccia, sarebbe più utile e anche molto più interessante discutere intorno alla caccia in maniera più intelligente e costruttiva, valutando il cacciatore come un importante collaboratore, non come un nemico, ma come un cittadino che è anche un abitante della natura, animato da un profondo rispetto verso quest’ultima.
Episodi come quello di Apricale non dovrebbero mai accadere, incidenti di questo tipo sono tragedie che non si dovrebbero mai verificare.
Era una tragedia che si poteva evitare? Sì, si poteva evitare. È l’unica risposta possibile.
Nel pieno rispetto della legge e delle norme di sicurezza si possono evitare gli incidenti che coinvolgono chi si dedica alla caccia e si possono evitare proprio le situazioni di pericolo che ne possono scaturire.
Se si desidera fare informazione in materia di caccia, partire dalla legislazione e dalle norme vigenti potrebbe essere un buon inizio, perlomeno per capire di cosa si sta parlando e per creare una buona consapevolezza nei lettori.
Gli incidenti possono essere evitati, mi auguro che chi si prende la responsabilità di essere un cacciatore possa sempre perseguire la propria passione in totale sicurezza, senza commettere imprudenze e rispettando sempre le regole.
Ho ritenuto corretto scriverVi, non tanto per difendere la categoria dei cacciatori (che come tutte le categorie formate da persone non è di certo esente da critiche), piuttosto per fornire la mia opinione in modo civile e rispettoso del Vostro giornale e del Vostro lavoro.
Mi auguro che possiate considerare il mio punto di vista come un tentativo costruttivo di confronto e di riflessione.
Nel rinnovarVi la mia stima Vi porgo i miei più cordiali saluti.
Loris Berardi