Vediamo in che cosa consiste la discrezionalità della Questura, soprattutto fino a dove può spingersi e dove invece si deve fermare quando viene presentata la domanda di rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso venatorio e questa viene rigettata per vecchie vicende giudiziarie sfociate, però, in sentenze favorevoli.
Fucile uso venatorio e motivi di diniego alla domanda di rinnovo
Per illustrare l’argomento prendiamo spunto da un’interessante pronuncia: la sentenza n. 240/2018 pubblicata il 12.01.2018 dal Tar Napoli, mai appellata.
Caso vuole che il Questore rigetti la domanda di rinnovo della licenza: come anticipato, sembra che la persona in questione abbia avuto in passato qualche disavventura giudiziale (porto di coltello fuori dall’abitazione senza giustificato motivo, ricettazione).
Il succo della decisione è questo: nel momento in cui l’Autorità si appresta a valutare se la persona interessata è capace di abusi con l’arma e, dunque, teoricamente pericolosa, deve compiere il proprio esame discrezionale adottando una motivazione reale, coerente, logica e ragionevole.
Che cosa significa tutto questo?
Ebbene, tanto equivale a dire che l’amministrazione non ha, per Legge, uno strapotere discrezionale, ma il suo potere valutativo diventa illegittimo quando sfocia nell’arbitrio.
Detto in altri termini: se sospetta che la persona interessata sia pericolosa, non può limitarsi a verificare che questa persona è stata coinvolta, nel passato, in alcune vicende giudiziarie, ma deve approfondire l’evoluzione di quelle denunce e quelle vecchie cause, capire se si sono concluse favorevolmente con sentenze di assoluzione, se le denunce sono state rimesse e così via.
Se non lo fa, il provvedimento che emette risulta privo di una reale motivazione e, quindi, può diventare oggetto di un ricorso.
Fucile uso venatorio e rimedi contro il diniego
Chiaro che di fronte ad un rigetto di questo tipo, l’interessato non ha altro rimedio che rivolgersi alla magistratura amministrativa e chiedere giustizia.
Infatti non comprende per quale motivo oggi abbia ricevuto il no dal Questore, quando invece tutte le sue cause passate si sono chiuse positivamente con sentenze di assoluzione.
Impostato dunque il ricorso e presentato al tribunale amministrativo, si mette in attesa del responso.
Diniego della Questura e sentenza del Tar
Secondo la magistratura, non è corretto che di una persona si dia un giudizio di inaffidabilità semplicemente basandosi sull’esistenza di vecchie denunce.
Una valutazione di questo tipo appare superficiale, in quanto non considera gli sviluppi di quei processi e, soprattutto, non valorizza la complessiva personalità del richiedente.
In definitiva, possiamo dire che rispetto una presa di posizione come quella del questore, una sentenza che possa dirsi equa e ben strutturata toccherà certamente questi punti:
a) l’amministrazione deve valutare i fatti autonomamente rispetto alle vicende penali, ma deve approfondire l’evoluzione e la conclusione di quelle vicende passate,
b) deve rendere conto dell’istruttoria che ha svolto,
c) deve valorizzare la condotta attuale della persona,
d) deve permettere a questa persona di potersi difendere in ogni singola fase del procedimento amministrativo.