Grazie alla ventennale amicizia che mi lega ad Aliaksandr Hancharou ed al supporto della sua serissima agenzia di caccia BELHUNT SERVICE, dopo qualche anno d’assenza decisi che forse era giunta l’ora di “riorganizzare” una battuta di caccia in Bielorussia, in quella splendida ex repubblica sovietica che avevo già visitato con entusiasmo e soddisfazione per ben altre tre occasioni. Questa volta per sbrigare tutto l’iter burocratico necessario ad entrare nel paese e poterci praticare la caccia all’alce é stata davvero una passeggiata. Non solo è stato abolito il visto speciale rilasciato dal consolato bielorusso, ma per importare l’arma fanno valere la nostra bella e comodissima carta europea. Quindi, dopo neanche mezzora che il volo Belavia era atterrato a Minsk, stavamo comodi in macchina per raggiungere l’estremo nord della nazione e precisamente la cittadina di Rossony. Lo scopo primario della nostra spedizione ovviamente sarebbe stato cacciare il grande alce al bramito, Los in bielorusso, ma rivedere e trascorre qualche giorno insieme a Sacha (diminutivo locale di Aliaksandr) mi avrebbe fatto interrompere anche la stressantissima quotidianità italiana. Cosa volete, per chi è nato col cuore che arde di passione per la caccia e per l’avventura, il richiamo della foresta è molto più forte! Non vedevo l’ora di percorrere gli oltre duecentocinquanta chilometri che ci separavano dalla riserva statale che ci avrebbe ospitato e di conoscere le nostre guide, che Sacha mi aveva descritto come molto abili.
Il tragitto fu lungo ma piacevole e noi lo percorremmo allegri senza soste e quasi senza accorgercene. Ai bordi delle strade incontrammo alcuni contadini intenti a vendere frutta e verdura così bella e variopinta che io mi riproposi d’acquistare al nostro rientro un po’ di quei funghi porcini che avevo visto far capolino dai cesti di vimini. Prima del mio arrivo in Bielorussia avevo avuto con Alex uno scambio di mail e telefonico praticamente giornaliero, così non avevo nessun dubbio che avremmo trovato ogni cosa al suo posto, in perfetto ordine e tutto organizzato al massimo dal simpatico e cordiale agente di viaggi venatori bielorusso. Arrivammo a destinazione per l’ora di cena e consumammo un’ottima zuppa di verze, fagioli e patate con pane nero ed affettato. Eravamo in un bel cottage di legno, semplice ma al contempo rifinitissimo per gli standard del luogo, completo di una moderna cucina con tanto di lavatrice annessa, di bagno autonomo con doccia, riscaldamento e addirittura di televisione. Purtroppo i nostri bagagli erano talmente tanti e voluminosi che fummo costretti a sistemarli in terra e sui letti liberi. Devo confessare che, come al solito, nel preparare le valige avevo veramente esagerato. Ero partito dall’Italia che la temperatura sfiorava ancora i trenta gradi, ma a quelle latitudini bisogna andarci sì ottimisti, ma preparati al peggio. Il bramito nel periodo degli amori cade verso la seconda settimana di settembre quando in un giorno la temperatura può trasformarsi da semiestiva ad autunnale-invernale, con temperature prossime allo zero!
Quando si parte per delle cacce così impegnative non bisogna tralasciare niente al caso, soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento e le calzature. Ed è cosa buona e giusta portare sempre il doppio di tutto. Mentre sistemavo le attrezzature per l’indomani arrivò Ruslan il capocaccia, un ragazzo di poco più di trent’anni che a prima vista mi ricordò mio figlio Giuliano sia per il fisico sia per la giovialità. Alex me n’aveva già parlato e quindi sapevo che, nonostante la giovane età, doveva essere un ottimo cacciatore professionista. Ruslan, dopo avermi stretto vigorosamente la mano, m’illustrò brevemente come si sarebbe svolta la caccia e poi, col suo sorriso genuino, quasi infantile, mi sollecitò di andare subito a dormire perché la sveglia per l’indomani sarebbe stata per le quattro e mezza. Prima di congedarsi volle soltanto vedere la mia arma, condividendo la scelta di portare la Blaser R 93 Professional calibro 300 Winchester Magnum dotata di cannocchiale 2,5–15 x 56 P con reticolo balistico illuminato. Comunque, secondo Ruslan, che di alci ne ha viste veramente tante, il calibro più adatto per la caccia ai grandi maschi, anche in bramito, era sempre il 308 W! Mi confidò che in quel paese non usano nessun altro calibro anche per cacciare l’orso e il grande bisonte europeo. Mi coricai stanchissimo ma felice e quando squillò la sveglia ero già sveglio super eccitato.
Feci una leggera colazione con caffelatte e due biscotti, ricontrollai per l’ennesima volta il contenuto dello zaino, l’arma e poi via di corsa fuori nella notte fresca e cristallina. Ad attendermi trovai un cielo decorato con un miliardo di stelle e Ruslan con Ghena, un suo aiutante, già a bordo di una Lada Niva ultimo modello. Dopo aver percorso una decina di chilometri senza incontrare anima viva, Ruslan parcheggiò silenziosissimo l’affidabile autoveicolo in una piccola radura. Da quel momento in poi avremmo comunicato soltanto a gesti. Feci scorrere una cartuccia in canna, ma mantenni il cursore armacane rilassato. Poi, carabina e zaino in spalla, m’inoltrai dietro ai due bielorussi all’interno di una sterminata foresta di betulle. Procedevamo molto cauti perché il sottobosco, paludoso e disseminato di felci, licheni ed ortiche enormi, era davvero insidioso. Dovevamo stare molto attenti a dove mettevamo i piedi fermandoci ogni tanto per ascoltare se qualche alce bramisse in lontananza, tutto procedeva per il meglio finché, durante una di queste soste, accadde la tragedia: arrivarono i..vampiri. In oltre quarant’anni di caccia in giro per il mondo non mi era mai capitato di trovarmi in una situazione simile… Eravamo letteralmente avvolti dalle zanzare, tanto da avere difficoltà a tenere la bocca aperta. Si trattava di miliardi di grossi e fastidiosissimi insetti che non ci dettero tregua per tutta la durata della caccia. Nonostante l’abbigliamento pesante, una generosissima dose di Autan sparsa sul viso e sulle mani e la retina sul viso, le punture furono centinaia!
Ma non era ancora finita, appena cominciò ad albeggiare fummo attaccati anche dalle mosche cavalline (come le chiamiamo dalle nostre parti), fastidiosissimi insetti che cercano in tutti i modi di infilarsi nei capelli e per impedirglielo è bene tenere sempre in testa un cappello e pettinarsi spesso. Insomma, la prima uscita fu davvero un incubo, ma servì a farci prendere confidenza sia con le guide e sia con il territorio. Andammo avanti così fin oltre le otto, senza mai fermarci e senza mai incontrare nessun alce e quando il sole fu alto nel cielo, Ruslan, dopo aver scambiato alcune parole incomprensibili nel suo cellulare, decise che era giunta l’ora di rientrare. Alla casa di caccia feci di nuovo colazione con Sacha poi di corsa a letto per un salutare riposino. Fummo tutti concordi nel ritenere che l’aumento della temperatura doveva aver indotto gli animali a limitare l’estro, ma eravamo comunque ottimisti. Non era il caso di preoccuparci, avremmo avuto a disposizione ancora ben tre giorni interi di caccia. Alle diciannove saremmo ripartiti di nuovo per nuove avventure.
La caccia serale si svolse molto diversamente da quella del mattino. Raggiungemmo un’altana posizionata strategicamente in una zona normalmente frequentata dagli animali e praticammo una classica caccia all’aspetto, né più né meno, con Ruslan che imitava il richiamo delle alci per farli avvicinare, ma al collo aveva appeso anche un accessorio davvero straordinario: una termocamera Pulsar! Ne avevo già viste e provate alcune, ma quel modello era davvero eccezionale. Con il Pulsar potevano vedere a notte fonda qualsiasi animale aggirarsi per i boschi e, permettetemi di dirlo, in una nazione come la Bielorussia, dove gli stipendi medi arrivano a poche centinaia di euro, vedere un cacciatore con un accessorio da 3000, mi diede veramente da pensare. Con la termocamera la caccia fu facile e, diciamolo, anche spettacolare, almeno la cerca. Su consiglio delle mie due guide, ma anche in base alla mia esperienza personale, avevo portato con me una potentissima torcia elettrica da 3000 lumens per poter sparare, all’occorrenza, anche a notte fonda. Comunque, nonostante il Pulsar e tutto il nostro impegno il risultato del primo appostamento serale-notturno fu identico a quello del mattino, non riuscimmo ad avvistare nessun alce, né grosso né piccolo. Rientrammo alla casa di caccia che erano le due di notte per concederci giusto il tempo di un caffè, per poi ripartire verso le quattro. Ruslan era sempre avanti a tutti con la termocamera al viso che imitava le alci, mentre io e Ghena combattevamo una lotta impari contro nugoli di mosche e zanzare! Il brusco aumento della temperatura doveva aver ridotto parecchio le attività di tutti selvatici, non solo delle alci, perché ne avvistammo davvero pochissimi. Rientrati alla confortevole casa di caccia ci organizzammo per trascorrere il resto della giornata in armonia. Aver dietro il PC portatile è sempre un toccasana, sia per sbrigare alcune faccende personali, sia per connettersi con internet e/o guardare qualche vecchio film. Personalmente ho una vera passione per la saga del Padrino e quella del Signore degli Anelli!
Alle diciannove in punto riprendemmo la caccia con rinnovato entusiasmo. In Bielorussia il silenzio è sconcertante, persino le cince, le cinciallegre, i tordi ed i merli sembra che cantino più piano. Dopo aver parcheggiato la Lada Niva, camminammo per alcuni minuti e poi io e Ghena ci arrampicammo su una spartana altana fatta di tronchi. Ruslan s’inoltrò nel bosco sfrascando rumorosamente, imitando le alci. Quando scese completamente la notte Ruslan ritornò tutto eccitato sussurrando: “Los! Los”. Alce! Mi fece lasciare lo zaino e il Geovid 8 x 42 a Ghena e mi sollecitò a seguirlo con dietro solo la Blaser pronta all’uso. Entrammo in un bosco talmente fitto che sembrava più una giungla equatoriale che una foresta del Nord Europa. Un ramo d’ortica alto quasi due metri mi ustionò il collo. Ruslan camminava veloce nel buio più completo aiutandosi con la Termocamera e mandando contemporaneamente dei richiami gutturali. Solcava il sottobosco come un cinghiale ed io, nonostante fossi allenato e avvezzo a quel genere di caccia, faticai molto a stargli dietro. Giunti in prossimità di un’ampia radura Ruslan fece cenno di avvicinarmi e mi porse la termocamera. In lontananza individuai immediatamente un alce, lo vedevo chiaramente come se stessi guardando un cartone animato. Che spettacolo! Ruslan mi fece capire di tenermi pronto, poi prese ad avanzare più lentamente, dondolando il corpo a destra e a sinistra come un ubriaco, spezzando rami e imitando gli stessi versi che faceva l’animale. Mentre ci avvicinavamo posizionai gli ingrandimenti dell’ottica a 6–8 x e accesi il reticolo illuminato nella posizione “Notturna”. Camminammo non so per quanto tempo finché raggiungemmo una delle tante altane presenti nella zona. Ci salimmo velocemente e appena fummo sullo scomodo appostamento soprelevato, Ruslan ripeté per l’ennesima volta il famigliare verso gutturale, sordo, cadenzato e a basso di tono, come un: “Whoòk! Whoòk! Whoòk”. La risposta non si fece attendere, vicinissima!
In quel momento ho provato davvero un’emozione fortissima, indescrivibile e indimenticabile. Quel gioco di versi, di richiami e di risposte andò avanti per una decina di minuti poi Ruslan sussurrò: “Los (Alce), Strelyat (sparare)!”, indicandomi con la mano un punto indistinto nel buio più totale. Gli dissi sottovoce che non sarei stato in grado di farlo in quelle condizioni e lui, con un sorriso, mi fece capire a gesti di prepararmi che appena fossi stato pronto per sparare, avrebbe acceso la nostra potente torcia. Cercai un appoggio il più stabile possibile, poi mi rivolsi alla mia guida ed annuii. In un attimo l’ampia radura antistante s’illuminò, ma la bruma notturna creava un effetto nebbia che m’impedì d’individuare subito l’alce, anche perché, nonostante lo avessimo sentito benissimo, si trovava a circa duecento metri di distanza. A tradirlo furono gli occhi, di colore celestino pallido, fiochi come due lumini in un cimitero. Una volta individuati gli occhi vidi anche il contorno della testa, così seguii la sagoma del collo fino alla possente spalla e quando il dot luminoso fu al centro di essa, strinsi il grilletto.
La mia Blaser Professional 300 Winchester Magnum è dotata di freno di bocca, un accessorio molto utile al poligono, ma molto meno a caccia. Il boato generato dalla nuovissima munizione Browning BXC da 185 grani mi assordò, per non parlare della vampa di bocca generata. Comunque il classicissimo rumore provocato da una buona palla quando colpisce un grosso selvatico in cassa, arrivò distinto. Lo sentimmo chiaramente sia io sia Ruslan, che gridò soddisfatto dandomi una pacca sulla schiena che per poco non mi fece cadere dall’altana. Era fatta! Ce l’avevo fatta anche questa volta! Avevo abbattuto il mio alce, ma anche grazie al grosso aiuto dato dalla tecnologia. Ruslan, che aveva seguito tutte le ultime fasi del tiro attraverso il Pulsar, mi fece capire che l’animale, dopo aver fatto un giro su se stesso, era caduto fulminato sul posto. Fui quasi tentato di ricordare al mio amico bielorusso il motivo per cui avevo scelto di usare proprio il 300 WM piuttosto che il 308!
Per raggiungere l’alce dovemmo farci strada in un mare di vegetazione alto oltre un metro e mezzo e tribolammo non poco per ritrovare il punto preciso dov’era caduto. L’alce non era niente di eccezionale come trofeo, ma aveva la mole giusta, slanciata e possente. Inutile negare che avrei preferito abbatterne uno più bello, più grande e portatore di un trofeo più importante, ma la caccia sarebbe stata comunque la stessa. Di alci europei piuttosto belli ne ho già abbattuti diversi in passato, questo infatti è stato il mio numero 9! Si, ero soddisfattissimo di com’era andata tutta l’avventura e lo stesso credo che valesse anche per Ruslan, per Ghena e per Aliaksandr.Tirando le somme, devo ammettere che tutto s’è svolto nel migliore dei modi, anche se ho tirato un solo colpo, ho cacciato con molto impegno, con la giusta determinazione ed anche con onore, perché ho eseguito un bellissimo tiro con un abbattimento perfetto in cattive condizioni di luce e a lunga distanza. Ho visitato posti nuovi e soprattutto ho conosciuto persone uniche che farò fatica a dimenticare.
L’alce aveva un trofeo modesto, ma che per me equivale comunque ad un Kapital. Per fortuna, pur apprezzando i bei trofei, non ho mai subito la “febbre” del collezionista. Quel che conta per me è sempre stato e sempre sarà l’azione di caccia, indipendentemente dal valore e dall’importanza del selvatico cacciato. Permettetemi un ultimo consiglio, la Bielorussia è una nazione bellissima che si trova a poco più di due ore di aereo dall’Italia, ricchissima di selvatici veri e di bravi accompagnatori, vale davvero la pena di visitarla.
Marco Benecchi
CONSIGLI UTILI.
Durante la caccia sarete attaccati inesorabilmente da zanzare e mosche cavalline (come le chiamiamo dalle nostre parti). Questi insetti sono fastidiosissimi, cercano in tutti i modi di infilarsi nei capelli e per impedirglielo sarà bene tenere sempre in testa un cappello e pettinarci spesso. Nelle case di caccia si mangia alla “russa” e quindi se non digerite aglio e cipolla sarà bene che portiate qualcosa dall’Italia, come pasta, pomodoro, parmigiano ed olio d’oliva. In Bielorussia la birra è molto buona, la Vodka costa meno dell’acqua minerale ed il vino è praticamente inesistente. Portatevi dietro degli euro di piccolo taglio (10 - 20) per le mance. Per le guide e i battitori sono molto graditi regali come: coltelli, foderi, cinte, giberne e munizioni a palla calibro 12.
LE NOSTRE ATTREZZATURE
ABBIGLIAMENTO
In Bielorussia in settembre “dovrebbe” fare abbastanza freddo, ma non sempre è così. Comunque, per non sbagliare è meglio partire con abbigliamento invernale, caldo, leggero e di ottima marca. Io avevo con me un vecchio completo mimetico Waterfowl Big Game della BERETTA che si è dimostrato sempre all’altezza del prestigioso nome che porta. Biancheria in cotone e calzettoni in misto cotone-lana o in pile.
CALZATURE
L’alce è sinonimo d’acqua e quindi d’acquitrini e di paludi. Lo scarponcino basso va bene per chi desidera cacciare poco e soltanto all’aspetto dall’altana. Chi invece vuole fare anche una sana cerca oltre all’appostamento è meglio che porti con sè degli scarponi idrorepellenti e foderati in Gore Tex alti almeno fino al polpaccio (noi ci siamo trovati benissimo con gli ottimi Hunter della Crispi). Ma un paio di stivali di buona fattura come Beretta, Le Chameau e Aigle sono fondamentali.
ARMI
Le nostre guide erano tutte armate, neanche fossero fucili d’ordinanza (o forse si!), con dei combinati Baikal calibro 12–308 Winchester. Io ho optato per il 300 Winchester Magnum caricato con palle originali BROWNING con palla BXC da 185 grani. Da un’approfondita indagine fatta durante molte spedizioni di caccia sono giunto alle seguenti conclusioni. I calibri più accreditati e largamente utilizzati per l’alce europeo sono nell’ordine: il 7 mm Remington Magnum, il 308 W, il 30.06 Springfield, il 7,62 x 54 Russian, l’8 x 57 Mauser, il 300 WM, il 308 Norma M, il 358 NM, il 9,3 x 57, il 9,3 x 62 e il 9,3 x 74R. Le statistiche indicano i suddetti calibri come quelli che hanno abbattuto più alci in assoluto, sempre a patto di utilizzare palle lente e pesanti, particolarmente robuste e/o ad espansione controllata. Nella categoria rientrano ottimi prodotti come: le RWS DK, KS e TUG; le Nosler Partition, le Barnes X- Bullet, le Norma Vulcan PPC, Oryx e TXP, le Lapua Mega, le Sako Powerhead e Twinhead, le Woodleigh Weldcore, le Swift A-Frame, le Trophy Bonded, le Speer GS e le Blaser CDP.