Credevo di aver visto tutto nella caccia al cinghiale in battuta, ma evidentemente mi sbagliavo! Perché, come direbbero nel film Blade Runner: “Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare!”, come ad esempio cacciatori andar di posta con l’arco, oppure armati con una bella Winchester Commemorativa abbinata ad una minacciosa Colt 45 in fondina ad estrazione rapida, stile Clint Eastwood. Per non parlare poi di quelli (e sono molti di più di quanto non possiate immaginare) che vanno in battuta con due fucili al seguito e magari nello zaino da 60 litri “almeno” un paio di sistemi di puntamento ottici e/o elettronici, da montare con attacchi a sgancio rapido secondo esigenza. Ma mai e poi mai avrei immaginato di vedere quello che invece ho visto durante una battuta di caccia a Capalbio, nel cuore della Maremma Toscana… Tenetevi forte.. il mio vicino di posta aveva il binocolo al collo!! Si, avete capito bene, dopo mezzo secolo di Cacciarelle ho finalmente avuto l’onore di conoscere un anziano e simpaticissimo cacciatore friulano che, sicuramente per abitudine, amava cacciare con il binocolo appeso al collo anche i cinghiali in battuta, dove il tiro raramente supera i 10 – 20 metri! Ma veniamo dall’inizio.
In un mio precedente racconto descrissi per filo e per segno l’aiuto che mi diede Gabriele, un amico di San Daniele del Friuli, la patria del famosissimo prosciutto, durante un mio rocambolesco rientro da una cacciata al cervo in Ungheria, ed io mi riproposi, semmai ne avessi avuto l’occasione, di poterlo ricambiare. Sapevo che Gabriele e molti dei suoi amici erano appassionati di caccia al cinghiale, così decisi di organizzare per loro una bella battuta nella prestigiosa Tenuta delle Forane di Capalbio, dal mio amico di sempre Giampiero Bernacchi. Prenotammo la zona di caccia per domenica 16 dicembre, incrociando le dita su come sarebbe stato il tempo, perché quell’anno in Maremma la situazione era stata davvero drammatica per i continui temporali e per le improvvise raffiche di vento che avevano inflitto gravissimi danni sia all’agricoltura locale sia ad animali e cose. Per fortuna invece il nostro primo desiderio fu ampiamente esaudito, perché beccammo una giornata veramente stupenda, fredda si, ma senza né vento né precipitazioni. Al rialto dei Caprai feci conoscenza con quella che, posso giurarlo davanti a un giudice, è stata la più bella e variegata comitiva di cacciatori che mi fosse mai capitato di conoscere in quarant’anni di organizzazioni venatorie! Erano simpaticissimi, educati e molto professionali, in poche parole erano davvero perfetti. In totale erano diciotto cacciatori e l’età dei partecipanti spaziava dai poco più che ventenni agli ottantenni! Poi, per un appassionato esperto d’armi come me, con spiccate tendenze “montagnine”, fu davvero molto bello vedere dei cacciatori di cinghiali vestiti in loden, andare alle poste con ampi zaini sulle spalle, con i mantelli e armati anche con carabine bolt action e armi combinate miste.
La colazione che ci avevano preparato Giampiero, suo figlio Cristiano e Gianni il capo canaio, fu all’altezza di un ristorante a cinque stelle. Oltre al caffè, al the, ai pasticcini dolci e alle crostate preparate con la marmellata fatta in casa, non potevano certo mancare piatti di affettati tipici locali, le salcicce di cinghiale e non so quanti tipi di vino. Dopo un po’ di sana festicciola e soprattutto per cercare di evitare che qualche buontempone si ubriacasse o si appesantisse troppo, li sollecitai a registrare i loro porto d’armi e di procedere con il sorteggio delle poste, cosa questa sempre positivissima quando si caccia in gruppo, per non favorire né penalizzare nessuno. A me toccò la numero 9 mentre ad un simpatico signore di nome Bruno la 10. Il mio vicino di posta mi piacque subito, sia per come sapeva muoversi sia per come si presentava: ordinato, tranquillo e armato di BAR semiautomatica dotata di cannocchiale da battuta 6 x 24. Visto che io uso invece il nuovo punto rosso della stessa linea, sarebbe stato simpatico poterne confrontare le rispettive caratteristiche sul campo contemporaneamente.
Dopo aver espletato le formalità burocratiche necessarie, ci avviammo entusiasti per prendere posizione e, ancora una volta, il gruppo dei friulani riuscì piacevolmente a meravigliarmi, perché nessuno volle usufruire del servizio “navetta” offerto dalla riserva. Tutti si rifiutarono di raggiungere le poste a loro assegnate a bordo di un fuoristrada preferendo farlo alla vecchia maniera, anche se molto più dura, di raggiungerle a piedi! Ringraziai il padreterno che ogni tanto riesce a concedermi una compagnia degna di questo nome. Erano tutti allegri! Nessuno si era lamentato della posta sorteggiata, nessuno aveva tentato di fare il furbo addicendo le scuse più fantasiose per camminare poco, insomma, erano davvero un bel gruppo, desideroso soltanto di godersi un meritato finesettimana in Maremma. Non essendo in molti, Giampiero decise di rinunciare al classico schieramento angolare a forma di “7” e d’impostarci tutti su una singola linea, con la speranza che se i cinghiali e i cani avessero fatto il loro “dovere” (che non è proprio la stessa!) ci saremmo davvero divertiti. Infatti, i primi avrebbero dovuto scorrere bene senza fermarsi a bisticciare coi cani, mentre i secondi avrebbero dovuto scovarli velocemente per poi incalzarli fino alle poste.
Raggiunta la 9, ricontrollai tutte le mie cose. Per primo verificai che il punto rosso fosse a posto, poi cercai di individuare degli ipotetici passi per avere una certa idea da dove sarebbero potuti arrivare i cinghiali ed infine camerai una 30.06 ricaricata con palla Nosler Ballistic Tip da 165 grani nella mia amata BAR Long Trac Composite. Alla mia destra avevo Gabriele mentre alla mia sinistra Bruno, una brava persona dall’età indefinita, ma comunque compresa tra i settanta e gli ottanta. Lo vidi così energico, entusiasta e pieno di vita che anche in seguito non ebbi il coraggio di chiedergli quale fosse davvero la sua età esatta! Vidi con piacere che tutti i cacciatori avevano indossato almeno un capo di abbigliamento ad alta visibilità, poi comunicai per radio che eravamo tutti piazzati e finalmente mi misi in fiduciosa attesa. Se c’è una cosa che non sopporto durante una battuta è lo stare di posta in una zona dove non si sente niente, ma dove eravamo noi stavamo piuttosto bene. Dopo neanche una mezzora la battuta era in pieno svolgimento, tanto che sentimmo anche qualche sparo. Ad un tratto ebbi la quasi certezza che un flebile rumore che sentivo in lontananza fosse una canizza in progressivo avvicinamento. Non passò un minuto che ne ebbi la conferma. Si, erano proprio i cani, e venivano compatti e veloci. Controllai che il punto rosso fosse acceso (trovare il Red Point spento nel momento cruciale è l’incubo di ogni “puntorossista”!), che la sicura fosse disinserita e stetti all’allerta.
I segugi maremmani di Giampiero sono famosi non solo per la loro bravura, ma anche per il loro coraggio e per la loro aggressività; spinsero i cinghiali verso di noi come fulmini. Sopra di me tirarono una bella scarica e subito dopo sentii alcuni cani che avevano oltrepassato la linea delle poste. Pensai che il tiratore doveva essere proprio una testa di legno! Che bisogno c’è di fare delle mitragliate? Non ebbi neanche il tempo di raccomandarmi a Diana di mandarne uno anche verso di noi, che nella fittissima macchia riconobbi l’inconfondibile rumore provocato da un cinghiale in movimento. Alzai subito la BAR all’altezza del petto e mi concentrai sui trottoi che avevo precedentemente individuato. Dopo pochissimi secondi in quella posizione, tra il lentisco ed il corbezzolo, ecco che intravidi la sagoma di un bel cinghiale. Dalla sua direzione capii subito che non aveva nessuna intenzione di attraversare la mia posta, anzi ero quasi certo che volesse rompere l’accerchiamento dov’era Giovanni e in un’altra occasione glielo avrei anche lasciato, ma quel giorno volevo verificare ancora una volta l’efficacia del mio nuovo sistema di puntamento elettronico, così lo inquadrai nel Red Point e deciso strinsi il grilletto. Il cinghiale centrato perfettamente fece un capitombolo degno di una lepre, andando a finire proprio sul bordo della macchia. Ottimo, un colpo l’avevo tirato ed anche decisamente bene. Ero davvero soddisfatto di quella fulminea azione di caccia. Anche i miei due vicini di posta mi omaggiarono con un bel sorriso e col caratteristico pugno chiuso con il pollice alzato. Li vidi sinceramente contenti del mio abbattimento e ne fui felice. Alla faccia di tutti quelli che sono invece invidiosi quando un compagno di caccia abbatte un bel selvatico!
Reintegrai la cartuccia sparata e ripresi la paziente attesa, ma con un bel sorriso stampato sulla faccia e con l’occhio sempre rivolto verso quell’ammasso di setole che giaceva ai margini dello stradone. La battuta intanto procedeva come da manuale, con tante canizze, qualche sparo e con la giusta dose di berci e d’imprecazioni. Attraverso l’auricolare m’informarono che erano già stati abbattuti diversi cinghiali, ma la giornata era ancora giovane ed io sperai che ci riservasse qualche altra emozione. Le mute stavano facendo il loro dovere e “purtroppo per loro” anche i cinghiali sembrava che scorressero bene, senza ingaggiare violente zuffe nell’intricatissimo sottobosco. Aguzzai vista e udito e subito sentii nuovamente gli inconfondibili, furtivi passi. Un cinghiale stava arrivando verso le poste e doveva aver preso talmente tanta strada ai cani, che si percepiva appena. Se l’esperienza insegna, ipotizzai che il cinghiale stesse percorrendo la stessa pista che aveva percorso quello già abbattuto, così mi concentrai in quella direzione. In un varco tra la vegetazione vidi apparire il muso di un bel verro. Sarebbe stato un tiro abbastanza facile, ma mi astenni dall’eseguirlo. Lo lasciai passare perché stava andando dritto da Bruno e sperai che lui non si sarebbe fatto sorprendere. Ma la classe non è acqua! Vidi Bruno imbracciare la sua Browning, allineare bene l’occhio all’interno dell’oculare del cannocchiale da battuta e poi sparare! Ne seguì un grugnito, un secondo sparo ed infine nel bosco tornò il silenzio. Quel che seguì fu pura arte venatoria!
Bruno, con una flemma tutta inglese, si mise la BAR in spalla, impugnò un binocolo che aveva appeso al collo e poi verificò attraverso le lenti del vissuto strumento l’esito dei suoi tiri. Questa è una abitudine molto comune tra i cacciatori di montagna, specialmente quando si eseguono tiri a lunga distanza contro caprioli, cervi e camosci! Solo che il cinghiale che aveva abbattuto il simpaticissimo friulano era a quindici metri di distanza, forse addirittura meno! Mi venne talmente da ridere che per poco non mi cadde la carabina di mano. Che spettacolo! Incurante di tutto, corsi da lui per stringergli la mano. Mi venne spontaneo dirgli “Bruno, sei il migliore!” Lui mi guardò un po’ stupito e credo che avesse frainteso i miei complimenti per il tiro e non per il fatto di aver usato il binocolo da quella distanza! Avete capito che cacciatori esistono ancora al mondo? Così legati alle loro abitudini e alle vecchie tradizioni.
Quella fu davvero una battuta memorabile, anzi fu l’intera giornata ad essere fantastica. Spararono praticamente tutti. Qualcuno anche troppo… evidentemente i cinghiali maremmani sono un pochino più veloci di quelli friulani! Alla casa di caccia la festa continuò fino a sera, tra brindisi, risate e sfottò. L’unica nota dolente fu che quel gruppo di amici, capitanati da Gabriele, partì il giorno seguente lasciandomi un meraviglioso ricordo di tutti loro, ma anche un velo di tristezza, perché non li avrei più rivisti per un bel po’ di tempo. Pazienza, cosa ci possiamo fare se abitiamo a diversi chilometri di distanza? Prima di commuovermi vorrei concludere con un calorosissimo Weidmansheil a tutti i miei nuovi, carissimi amici friulani ed il particolare a Gabriele, al quale devo ancora molto!
Marco Benecchi