Terminata la caccia al cinghiale in battuta, secondo me si dovrebbero fare subito alcune cose abbastanza importanti, come ad esempio pulire e ricontrollare tutta l’attrezzatura. E per tutta intendo dagli scarponi agli organi di mira della (o delle, se ne abbiamo usate più di una) carabina, prima di riporla perbene in attesa d’essere riutilizzata di nuovo. Poi si dovrebbero tirare le somme su come è andata l’intera stagione, su come sono andati gli abbattimenti, sul ripensare e/o rivedere alcune inspiegabili padelle, ma soprattutto sul comportamento che abbiamo tenuto verso gli altri. Occorre riflettere onestamente su come sono andate le cose, se la dotazione ha risposto adeguatamente alle nostre esigenze e se siamo stati sempre all’altezza di ogni situazione. È innegabile che nella caccia in battuta la fortuna ha un ruolo determinante, ma anche le nostre azioni e quelle dei nostri compagni possono contribuire all’esito finale. Cominciamo dalle armi.
Chi è abituato a cacciare da una vita col fucile a canna liscia, avrà avuto qualche rimpianto? Magari gli sarà capitato di vivere una spettacolare azione di caccia dove avere avuto tra le mani una bella carabina con un caricatore da cinque colpi avrebbe potuto fare la differenza.
Sicuramente ci sarà stato chi ha usato un’arma rigata (carabina o express) con le sole mire metalliche e in alcuni casi ha sentito il bisogno di un organo di mira ottico o elettronico. La scelta del calibro e della palla ci hanno soddisfatto appieno oppure ne siamo rimasti delusi?
Poi c’è il discorso più importante, di come ci siamo comportati sul terreno di caccia. Sicuramente avremo eseguito abbattimenti perfetti, altre volte meno ferendo irrimediabilmente un bel capo, oppure avremo clamorosamente padellato.
Ma com’è stato il nostro comportamento, diciamo...sociale? Ci siamo comportati bene coi nostri vicini di posta, con tutti i componenti della squadra? Abbiamo “rubato” qualche tiro? Ce ne siamo andati prima della spartizione dei capi abbattuti? Ci siamo defilati durante il recupero e lo “smacchiamento” delle prede? Ecco, questi sono tutti argomenti che ci dovrebbero far riflettere molto, specialmente a caccia chiusa, a mente fredda, per cercare di fare ammenda degli errori fatti e quindi cercare di evitare di farne ancora in futuro. La caccia in battuta al cinghiale è un po’ come il gioco del bingo, della tombola, come la chiamavano i miei nonni: è impossibile giocarci da soli! Occorre essere in tanti, almeno una decina di “spero affiatati” compagni di caccia. Andare d’accordo con tutti non è quasi mai possibile visto che a malapena si riesce ad andare d’accordo in famiglia con moglie, figli e parenti. La vita è un continuo confronto sociale, dove occorre essere educati, calmi, pazienti e propensi al compromesso. Nella caccia al cinghiale questo deve essere fondamentale. Se abbiamo delle tendenze solitarie, scorbutiche e così via, è meglio lasciar stare e dedicarsi alla sola caccia di selezione.
Vorrei ritornare sul discorso attrezzature per poi riprendere in seguito quello “comportamentale”. Dopo tre–quattro mesi di caccia occorre dedicare il tempo necessario alla manutenzione delle nostre cose. Vuoi per mantenerle efficienti, vuoi per fargli mantenere valido anche il valore commerciale che meritano. Quante volte vi avranno proposto di acquistare una carabina semiautomatica di pochi anni d’età ma ridotta ad un povero ferrovecchio, perché il precedente proprietario era molto superficiale nell’uso e nella manutenzione, per non dire di peggio? Quindi gli scarponcini andranno ben lavati, ben asciugati e poi cosparsi di grasso di foca o similare. L’abbigliamento dovrà essere lavato per bene e magari anche disinfettato (ma queste cose le sapranno fare sicuramente molto meglio di noi le nostre mogli!) per poi riporlo perbene in un locale asciutto e areato. La buffetteria, sia in pelle sia in cordura, merita anch’essa una certa attenzione, deve essere fatta asciugare bene al sole per eliminare qualsiasi traccia di umidità e poi deve essere ben pulita perché cartucce, caricatori e lame vengono ossidati molto facilmente durante lo stoccaggio e il trasporto. Figuratevi che io dedico una buona parte del mio tempo anche alla manutenzione dello sgabellino a treppiede!
Ed eccoci arrivati all’arma! Date retta a me, prima di procedere con la pulizia finale, fate un salto al poligono e ricontrollate perbene come spara, sia come funzionalità sia come precisione. Questo deve essere fatto per due motivi: primo perché se dovessero sorgere dei problemi o dei malfunzionamenti avremmo poi tutto il tempo necessario per sistemarli, secondo perché controlli e verifiche devo essere comunque fatti molto spesso e quindi anche prima di riporre qualsiasi tipo di attrezzatura, persino la più semplice.
Per mantenere un’arma in buone condizioni occorre usare degli oli specifici per armi e di marca, con i quali è possibile lubrificare sia le parti meccaniche sia quelle in legno. L’arma rigata, a differenza di quella liscia, deve fare i conti anche con la manutenzione delle canne, ma a differenza di quel che si crede, mantenere in buono stato le rigature non è affatto un grosso problema. Esistono degli ottimi prodotti (quasi tutti a base di ammoniaca) che rimuovono completamente i residui della combustione ed altri che eliminano anche la “ramatura” lasciata dai proiettili, ma a volte (specialmente se si sparano pochi colpi l’anno) può essere sufficiente scovolare la canna e spararci periodicamente qualche colpo per mantenerla pulita. È rarissimo che all’interno di una canna rigata si formi della ruggine e quindi, se non si tirano troppi colpi, oserei dire che è quasi autopulente. Qualcuno consiglia di utilizzare per la pulizia della canna schiume varie, prodotti chimici particolari e poi di cospargerne l’interno con un velo d’olio, ma poi, prima di tornare a sparare, anche con l’aiuto di buoni solventi, è sempre complicato rimuovere del tutto il lubrificante. Si deve lubrificare l’otturatore, le guide dove scorre e la molla a lamina del caricatore ed occorre “tirare” con un pennello imbevuto d’olio (meglio se al teflon) l’esterno della canna e del castello-culatta. Nient’altro, per il resto, come il pacchetto scatto e la sicura è bene che funzionino quasi asciutti, onde evitare spiacevoli inconvenienti. Dobbiamo evitare che l’olio imbratti il sistema presa gas. Il pistone deve lavorare pulito, ma MAI oleato. L’olio a contatto con i residui della combustione (depositi carboniosi contenuti nei gas) può formare la calamina, una sostanza dannosa che accumulandosi provoca spessore ed attrito.
Come dobbiamo pulire l’arma? La carabina va prima pulita con un panno asciutto o con della carta tipo i “rotoloni tuttofare”. A volte la carta, se adoperata con cura, rimuove le patine ossidanti meglio di uno straccio. Devono essere eliminati sporcizia, olio e grasso vecchio e si devono asciugare eventuali tracce d’umidità e/o di pioggia, senza dimenticare che il nemico numero uno dell’acciaio è il sudore delle mani.
Dopo che l’arma è stata ben pulita, potremo oliare le parti mobili e “stendere” un velo sulle superfici esterne, e per farlo l’unico modo è adoperare un piccolo pennello. Non va usato un panno di stoffa, perché a volte fa l’effetto contrario: rimuove l’olio invece di cospargerlo. Non preoccupatevi se quando passerete un panno bianco lungo una canna ancora ben oleata, troverete tracce rossastre, è abbastanza frequente per non dire addirittura “normale”.
Per quanto riguarda la cura della nostra attrezzatura mi sembra di aver detto tutto o quasi, mentre su come ci siamo comportati o come invece avremmo dovuto farlo, il discorso è ancora aperto. Nella caccia, molto di più che in tutte le altre attività sportive: “Ogni occasione lasciata è un’occasione persa!”. Ricordatevi bene che purtroppo non si torna MAI indietro. Questo dovremo tenerlo sempre presente, facendo tesoro della nostra esperienza e dei preziosi consigli degli altri. A volte ci andrà bene altre volte meno, pazienza, ma questa è la vita. Cerchiamo di essere onesti, corretti e altruisti con i nostri compagni di squadra e in particolare coi nostri vicini di posta. Dico ciò perché a me ad esempio, l’ultimo giorno di caccia, mentre eravamo appostati in un bellissimo campo aperto mi capitò di veder uscire dal bosco un bel verrone che subito prese a correre dritto dritto verso di me. Mi chinai nel prato per non farmi vedere e mentre assaporavo il bel tiro che avrei fatto da pochi metri di distanza, ringraziando mentalmente Diana per l’ottima occasione che mi era stata concessa a fine stagione, il vicino di posta che avevo alla mia destra cominciò a sparargli con una BAR munita di ottica da battuta. Padella, padella, ancora padella poi finalmente (per lui!) lo abbatté al quarto colpo… Ci sarebbe stato da dargli un cazzottino sulla testa stile Bud Spencer ed invece lo volete sapere come andò a finire? Che l’arzillo, attempato signore ebbe anche il cattivo gusto di riprendermi, perché secondo lui ero stato io ad aver sbagliato...: “Ho visto che non gli sparavi e così te l’ho dovuto ammazzare io. Dovresti anche ringraziarmi!” Ogni ulteriore commento mi sembra inutile. Se questo simpatico episodio fosse accaduto quando mio padre era ancora capo caccia, quel signore a caccia con noi non ci sarebbe mai più venuto...
Marco Benecchi