Il cacciatore non è uno sportivo, non lo è mai stato e mai lo sarà. Mi permetto di sostenere che chi va a caccia è una persona alquanto speciale, pervasa da un’irrefrenabile e nobile passione. Sta al singolo decidere se assecondarla e seguirla oppure di cercare d’ignorarla e/o di reprimerla.
Wilbur Smith nel suo libro “Il destino del leone” scrisse: “ Spiegare il gusto della caccia ad uno che n’è privo è come descrivere i colori ad un cieco”. Credo che questa frase dovrebbe bastare per rendere l’idea. Il cacciatore ha un istinto primordiale, atavico, che ancora oggi lo spinge ad inseguire e ad abbattere gli animali selvatici anche se ormai non ha più il bisogno né di difendersene né di cibarsene. E, non dimenticatelo mai: cacciatori si nasce, non si diventa. Come, secondo me, cacciatori si muore! Un giorno, mentre ero a caccia di fagiani lungo i bordi di un’arida stoppia, mi capitò d’incontrare una giovane ragazza che spingeva un anziano signore su una sedia a rotelle. Cosa ci facevano quei due in quel posto? Lo capii soltanto quando vidi cosa c’era sopra la coperta che copriva le gambe dell’anziano signore: una bella doppietta. Salutai l’insolita coppia senza fermarmi (se lo avessi fatto mi sarei sicuramente commosso), come se niente fosse e continuai per la mia strada. D’altro canto che cosa avevo mai visto di tanto strano? Soltanto un cacciatore su una sedia a rotelle, nient’altro!
Negli anni a venire, ripensai molto spesso a quell’episodio, ed ancora oggi non so come mi sarei comportato se mi fossi trovato al posto di quel signore. Avrei fatto come lui? Mi sarei attaccato a qualunque cosa pur di fingere di poter andare ancora a caccia, anche quando una malattia, un incidente o comunque qualcosa di brutto avrebbe potuto impedirmi di andarci? Oppure, un bel giorno (come dicevano gli indiani!), avrei baciato i miei cari, avrei accarezzato un’ultima volta i miei cani, avrei pulito a dovere i fucili e poi sarei andato al Quartaccio, la macchia dove abbattei il mio primo cinghiale, dove ricevetti il battesimo di sangue e dove avrei visto sorgere la mia ultima alba? C’è chi si rassegna chi invece no, la caccia fa fare anche queste cose e per praticarla non bisogna avere un “fisico bestiale”, bisogna essere di sana e robusta costituzione questo si, ma in campagna con un fucile a tracolla possono andarci quasi tutti.
Ci sono tecniche e forme di caccia che richiedono un certo impegno fisico, come ad esempio quella in alta montagna e quando si caccia su terreni particolarmente disagiati e/o scoscesi e con cattivo tempo. Da piacevole, semplice e tranquilla, una battuta può trasformarsi in un’avventura molto dura ed a volte addirittura pericolosa, dove il nostro fisico verrebbe messo a dura prova. Capisco la carica che possono dare la volontà, l’entusiasmo e la voglia di agire, ma un minimo di preparazione fisica andrebbe sempre fatta prima dell’apertura della caccia.
Non mi rivolgo certo ai giovani trentenni, ai “palestrati” o agli assi del ciclismo e del podismo, ma a tantissime persone che purtroppo sono costrette a stare sedute dietro una scrivania per molto tempo e che hanno pochissime occasioni per allenarsi e per fare movimento. Un mio amico medico sportivo, anch’egli cacciatore, un giorno mi disse che l’uomo ha la struttura del “camminatore”, non quella di un “corridore”. Il suo fisico è fatto per camminare, non per correre, figuriamoci se poi decidiamo di metterci a fare i “Mennea” a cinquant’anni! Quindi, a dispetto di quel che si crede, non è la corsetta serale intorno a casa che ci preparerà al meglio per la prossima stagione venatoria. Il cacciatore deve innanzi tutto fare “il piede e la gamba” e poi controllare anche il fiato e il ritmo cardiaco. Come? Per prima cosa bisogna eliminare l’ascensore, anche se abitiamo o lavoriamo al sesto piano dobbiamo ricominciare a fare le scale, e uno scalino alla volta, sia per salire sia per scendere anche quando non ce n’è bisogno.
Poi si deve andare a camminare, in modo graduale, per ore ed ore in campagna, nei boschi, sui monti, insomma, dove volete, purché lo facciate spesso, con impegno e costanza. Sarà il periodo da dedicare alle escursioni, sempre con gli scarponi ai piedi, mai con le scarpe da ginnastica. All’apertura non andremo a caccia con le Nike o con le Puma!. Ricordo un mio carissimo amico, incursore del Col Moschin che per allenarsi andava a correre di notte in mimetica, con gli anfibi da paracadutista e con uno zaino pieno di sassi sulle spalle!
Se oltre ad arrivare abbastanza preparati fisicamente per l’apertura alla stanziale a lepri e fagiani, prevediamo di fare anche una gita in montagna a camosci, durante le nostre frequenti camminate nei boschi dovremo cercare di fare molte salite e altrettante discese. In montagna saranno proprio quest’ultime quelle che metteranno a dura prova le nostre povere gambe.
Le salite, se sono affrontate lentamente e per il verso giusto, non sono poi tanto “tragiche”, ma le discese……sono tutta un’altra cosa! Può capirmi soltanto chi le ha provate. Durante il periodo preparatorio pre-apertura, dovranno essere diminuite le sigarette (l’ideale sarebbe quello di eliminarle del tutto), dovremo stare attenti all’alcol e a mangiare poco ma bene. Non mi sono mai stati molto simpatici gli “integratori”, ma devo ammettere che un po’ di potassio in più, specialmente quando suderemo abbondantemente, non guasterà di certo. Oggigiorno i fucili (carabine comprese) moderni sono arrivati ai limiti minimi di peso, non assomigliano più ai vecchi Browning Auto 5 che mio padre, e prima ancora di lui, mio nonno, avevano usato per tutta la vita. Ma avere anche tutti gli altri muscoli, non solo quelli delle gambe, in buona forma, è auspicabile. Divertiamoci con dei manubri da un chilo, qualche flessione e qualche addominale (chi ancora riesce a farli!) e poi tutto quello che riusciremo a fare in più per il nostro corpo, per la nostra salute e per la nostra preparazione ben venga. Che predatori saremmo se non siamo in grado almeno di camminare dall’alba al tramonto?
Marco Benecchi