Eh no signori miei: questo non è un quadro di un pittore cubista, ma è quello che trova un uccello migratore una volta sceso a terra durante il suo viaggio. Ma non in Groenlandia, bensì nelle nostre campagne padane.
Il facile additare al cacciatore le colpe di una assenza totale di forma di vita, in questo periodo e in queste campagne, trova la massima espressività. Intere distese di nulla. Un nulla disarmante. Un nulla che ti fa capire che la colpa non è del cacciatore ma di un sistema agricolo ossessivo. Ricordo da piccolo le stoppie lungo i canali impenetrabili, le colture sfalciate lasciate nell'inverno, le piane incolte cosparse di liquami e letami per arricchire NATURALMENTE la terra. Tutto questo popolato da miriadi di migratori di ogni genere. Una quantità enorme di stanziali che si riproducevano facilmente perché avevano nascondigli ovunque. Ora, coi miei cani, cammino lungo queste depresse distese soppresse di qualsiasi cosa: dei nascondigli, habitat, cibi e tutto quello che rende agiata una discesa per far riposare un migratore. Cammino pensando cosa è stato messo nel terreno (ovviamente INNATURALE) perché non cresca nemmeno un filo d'erba infestante, che stragoneria chimica possa alimentare la terra MAI OSSIGENATA per le nuove colture. Alla fine guardo questa canaletta di scolo in foto resa liscia come un vetro e vorrei tanto che tutti quelli che incolpano i cacciatori di essere i distruttori della natura facessero un giro in queste piane lunari e non stessero nei loro divani con la loro ipocrisia animalista.
Marino Bortolamei