Ho deciso di ritornare sul serissimo problema del pericolo che si corre quando si va a caccia, e soprattutto quando si usano armi e munizioni molto letali, perché purtroppo mi è capitato di dover svolgere un lavoro che non avrei mai voluto fare. Sono stato incaricato da uno Studio Legale e dalla Procura di indagare come Perito e Consulente Balistico in un caso di omicidio.
O meglio, per periziare un incidente mortale accaduto durante una battuta di caccia al cinghiale, dove un uomo ha sparato e ucciso per sbaglio, credendolo un cinghiale, uno splendido ragazzo di appena ventiquattro anni, nel fior fiore della sua vita. Credetemi, è stata un’esperienza tristissima, da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare, che sinceramente non vorrei ripetere. Durante lo svolgimento delle indagini e i sopralluoghi del caso, ho potuto costatare che perdere la vita, come ovviamente toglierla, oltre ad essere una tragedia immane che ti segna per tutta la vita, è una questione di circostanze sfavorevoli molto particolari che potevano, anzi che dovevano, essere previste e quindi evitate.
La disattenzione, la negligenza e soprattutto la scarsissima attinenza alle più banali norme di sicurezza sono le cause di tutti gli incidenti. Possibile che ancora esistono dei cacciatori che hanno ben capito che non si DEVE MAI SPARARE AD UNA SAGOMA indefinita, scura, magari anche insufficientemente illuminata? Che prima di tirare il grilletto dobbiamo essere certissimi al cento per cento che quello che stiamo prendendo di mira è proprio il selvatico che stiamo cacciando?
Comunque, quando accadono tragedie simili, di una cosa abbiamo la certezza, che la differenza tra la vita e la morte dipende dal nostro comportamento sul terreno di caccia, ma anche dalle attrezzature che si adoperano o peggio…che non si adoperano. Infatti, non a caso, nessuno dei partecipanti a quella maledettissima battuta di caccia al cinghiale (che più che una battuta era una forma di girata – guidata con pochissimi soggetti!), indossava l’abbigliamento giusto, quello conforme, divenuto da diverso tempo obbligatorio e lo sparo fatale è stato eseguito allo sfrasco. Cominciamo quindi col descrivere come dovrebbe essere l’accessorio più importante per garantire l’incolumità del cacciatore, in particolare del cinghialaio: il gilet ad alta visibilità. Ho detto gilet, ma il termine giusto sarebbe “indumento ad alta visibilità”, perché ormai si sta diffondendo la moda dell’abbigliamento tinteggiato in varie tonalità di rosso - arancione, cosa questa che ritengo davvero molto utile e comoda. Senza esagerare, perché un conto è farsi vedere da tutti i componenti della battuta, un’altra è rendersi ridicoli. Ho visto dei cacciatori vestiti completamente di arancione, con tanto di cappello, carabina e addirittura di cinta di trasposto fosforescente! A tutto c’è un limite. Ma torniamo all’utilità di questo accessorio.
Col passare degli anni mi sono davvero reso conto di quante volte NON ABBIAMO SPARATO in assoluta sicurezza. Perché ovviamente non potevamo vedere bene fin dov’erano posizionati i nostri compagni di battuta. Oggi, con indosso gli indumenti ad alta visibilità, può capitare di riuscire a “intravedere” nel bosco persone altrimenti invisibili, magari nel poggio che abbiamo di fronte e dove altrimenti avremmo sparato senza troppi problemi. Non passa battuta che non ringrazi chi ha finalmente deciso e imposto di adottare questo semplice, ma fondamentale accessorio di prevenzione antinfortunistica. Poi c’è il discorso SPARO. Fortunatamente gli incidenti di caccia sono piuttosto rari nel nostro Paese (non credo che superino la decina l’anno), ma sono sempre dovuti ad una certa imperizia e/o incoscienza nell’uso delle armi.
Attualmente, per rinnovare il Porto d’Armi, occorre rivolgersi prima al nostro medico di base e poi ottenere il certificato abilitatorio rilasciato da un medico specializzato. Nessuno invece si è mai preoccupato di “verificare” se il soggetto che chiede il rinnovo del PA abbia ancora le capacità psico-fisiche d’imbracciare e di sapere usare a dovere un’arma. Oggi si richiedono le prove di tiro per accedere alla caccia di selezione, mentre nessun dottore si preoccuperebbe mai di mandare un suo paziente presso un poligono per controllare se la dimestichezza con le armi e con i bersagli “cartacei” è rimasta ottimale. Ecco che poi accadono le disgrazie, che un cacciatore spara male contro un bersaglio che vedeva a malapena riuscendo anche a centrarlo in pieno. Strano ma vero, durante le battute moltissimi cinghiali si sbagliano, mentre quando si spara verso una persona il colpo va sempre a segno. Sarà colpa del destino maledetto?. Forse, ma dobbiamo ammettere che l’uomo è molto più lento e quindi più facile da colpire.
Lo sappiamo tutti che è pressoché impossibile prevenire qualsiasi forma d’incidente: a caccia, sul lavoro o nella quotidianità domestica, ma dobbiamo almeno sforzarci di mantenere sempre altissimo il nostro grado di attenzione, specialmente con l’avanzare dell’età, quando i riflessi non sono più quelli di una volta e la nostra vista diviene meno acuta. Cerchiamo di chiarire bene subito una cosa, non intendo colpevolizzare una categoria di cacciatori e non voglio dire che a provocare gli incidenti siano prevalentemente delle persone che hanno superato i cinquanta perché meno attenti o meno aitanti, assolutamente no. Spesso anche dei giovani cacciatori alle prime armi si sono fatti prendere dall’eccessivo entusiasmo ed hanno sparato con avventatezza.
Quando si caccia in compagnia la sicurezza deve venire PRIMA DI TUTTO, di ogni altra cosa, specialmente quando si usano delle armi che hanno una gittata lesiva di alcuni chilometri. La balistica non è una scienza esatta, quello che può accadere dopo che un percussore ha colpito l’innesco di una cartuccia non lo può prevedere nessuno. I rimbalzi dei proiettili sono impensabili e imprevedibili. Non possiamo MAI sapere con certezza dove andrà a finire una palla, o una parte di essa, dopo che avrà colpito un animale selvatico, un albero, una pietra, uno specchio d’acqua etc. Possibile che quando siamo presi dall’eccitazione della caccia, dalla smania dello sparo e dalla voglia irrefrenabile di conquistare una preda ci si rivoltano gli occhi come fa uno squalo bianco prima di mordere? Un giorno ho visto un “signore” uccidere per sbaglio la sua bravissima setterina mentre rincorreva una quaglia che volava rasente il terreno. A questo punto siamo arrivati?
Come ho già detto, purtroppo gli incidenti ci sono sempre stati e sempre ci saranno, ma NOI dobbiamo cercare di limitarli al minimo possibile, comportandoci sempre meglio e con grande responsabilità, sia sul terreno di caccia sia nella quotidianità.
Marco Benecchi