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06/03/2023 

1. Quando si portano avanti idee affatto sagge, o tali ritenute perché di comodo, è normale che si finisca per inciampare nell’incoerenza. È successo in questi giorni a Greta Tunberg la battagliera promotrice di centrali eoliche e fotovoltaiche ovunque per, così, dice lei, salvare il pianeta, senza che sia mai posta il problema del fatto che con queste centrali gli scenari del pianeta vengono stravolti, violentati, spesso (come in montagna) irrimediabilmente sfregiati: ferite alla morfologia del pianeta Terra che ancora tra mille e più anni saranno evidenti, quando magari da millenni queste centrali si saranno rese obsolete di fronte a fonti energetiche che neppure oggi riusciamo ad immaginare, ma che saranno sicuramente create dalla scienza. In Norvegia la Tunberg si è schierata con i popoli lapponi (o Sami) in difesa dei loro diritti, nel senso di diritti sulla terra e sul suo uso, che una mega centrale eolica aveva stravolto, ma che una recente sentenza della massima Corte norvegese ha stabilito che debba essere smantellata in quanto proprio quei diritti erano stati calpestati per realizzarla. Ovvero, dando retta a Greta e ai suoi seguaci che queste centrali voglio far costruire ovunque. È il caso che qualcuno avvisi Greta che se in Norvegia i popoli locali sono i Sami, nel resto d’Europa sono i locali che a queste centrali ovunque si stanno opponendo; come, ad esempio, in Italia gli abruzzesi, i liguri, i toscani, ecc.

2. A proposito di coerenza e di saggezza. Ecco l’ultima degli animalisti savonesi per impedire che con la motivazione della peste suina si uccidano i cinghiali, anche nella “zona rossa”, prendendosela con i politici che portano avanti la possibilità e l’urgenza di intervenire sparando: “da un anno assistiamo alla sconcertante farsa di assessori regionali, sindaci e associazioni agricole che chiedono di intensificare la caccia, addirittura chiamare l’esercito, facendo finta di non sapere che la scienza ha dimostrato che l’attività venatoria fa impennare la fertilità delle specie”. Ma si rendono conto di cosa scrivono e sostengono questi animalisti? Perché prima dicono che è la caccia – intendendola come sportiva – ad aver sterminato tante specie di animali (ed è una delle più grandi bugie diffuse dal protezionismo mondiale!), ed ora ci vengono a raccontare che più i cacciatori uccidono più gli animali aumentano di numero! Un’assurdità, ma anche una palese contraddizione! Cosa non sosterebbero pur di far chiudere la caccia! Si guardino bene i politici da dare loro retta: sarebbe una catastrofe per tutta l’economia agricola e pastorale! Purtroppo, in quanto ai politici, va caso mai detto che è da più di un anno che sotto l’influenza degli animalisti i politici, timorosi per l’effetto nelle cabine elettorali, hanno rimandato il problema dell’uccisione dei cinghiali nella zona rossa, facendolo così gonfiare ed ormai andare quasi fuori controllo! Si continua a dare retta agli animalisti e a rimandare gli interventi sanitari ottenibili con l’uccisione di più cinghiali possibile e incenerimento delle loro carcasse, e con sempre più cinghiali infetti in giro a diffondere la peste. D’altronde, è notorio come i cinghiali siano comunque troppi e che comunque andrebbero ridotti di numero. Quindi, a che servono questi palliativi e motivazioni che più che pseudo scientifiche sono palesemente illogiche, pur di non far intervenire i cacciatori; che peraltro già intervengono o interverrebbero mal volentieri, se non saranno motivati con premi in danaro per ogni cinghiale abbattuto, sia nella zona rossa sia in una larga fascia circostante?

3. Da una parte il mondo combatte contro i cambiamenti climatici e le fonti che, almeno si dice, ne siano la causa: il consumo di petrolio e di gas, dall’altra, forse perché tanta certezza l’hanno solo gli ecologisti alla Greta Tunberg, le compagnie per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi ed i politici loro vicini, proseguono alacremente nelle ricerche di sempre nuovi giacimenti. Ad esempio, succede in Peru, dove è stata presentata una legge che se approvata autorizzerà la compagnia petrolifera anglo-francese Perenco ad avere mano libera anche in molte aree protette e riserve indigene (tra le quali quelle che tutelavano i diritti di almeno 25 popoli incontattati o di recente contatto). Lo denuncia Survival International, secondo il quale potrebbero essere revocate le riserve indigene, e le loro terre concesse allo sfruttamento di petrolio, gas e legname. In pratica, sarebbe un genocidio e una perdita di biodiversità e di vaste aree selvagge. E tutto questo per soddisfare le esigenze energetiche dei paesi europei che nel frattempo dicono di voler combattere i cambiamenti climatici! In fondo, anche questa è una conseguenza dell’opposizione ideologica al nucleare!

4. Le due facce delle Liguria politico-ambientalista: mentre da una parte si esalta il Parco Regionale del Beigua (il più vasto della Regione) per le sue potenzialità turistiche, tanto che gli stessi vincoli internazionali (Sito Speciale di Conservazione, Geopark-Unesco) vengono solo sfruttati a questo fine, visto che è di questi giorni l’esaltante riferimento sui media al fatto che il Parco stia per ricevere anche un “certificato di destinazione turistica sostenibile” (il che significherà turismo di massa a go go, ed iniziative affini di ogni genere: ovvero tutto meno che la conservazione dei luoghi!), dall’altro la Riserva Naturale dell’Adelasia, l’unica su terreni di pubblica proprietà regionale, addirittura acquistati proprio a questo fine, sta sempre più subendo assalti di sfruttamenti forestali e riapertura di antiche carrarecce per meri fini economici. In pratica, uno scandalo che solo in un paese come l’Italia si consente. Per conservare la natura, la prima cosa da farsi è acquistare i terreni delle aree protette, così da poterli sottrarre ai privati e ai Comuni, i quali tutti, ovviamente, li sfruttano per finalità economiche. Eppure, mentre si esalta il Parco Regionale del Beigua (8.700 ettari, senza neppure un metro quadrato di natura veramente protetta, in quanto tutto sui terrei di proprietà privata e/o comunale gestiti per fini economici), la Riserva dell’Adelasia di soli 1.200 ettari è TUTTA di proprietà regionale, la si vuole comunque sfruttare economicamente! Però il Beigua godrà di una “certificazione” turistica. E le certificazioni conservazioniste, che dovrebbero essere (lo sono in tutto il mondo) i veri meriti di una Riserva Naturale? Il Beigua nella “Carta Europea del turismo”: come se questo fosse conservazione della natura, e non già sfruttamento!

5. Continua la scoperta dell’acqua calda degli orsofili e dei media loro vicini: l’orso marsicano è “un importante valore dal punto di vista promozionale, turistico e pubblicitario”. Boom!  E, tanto per non negarci nulla, ci voleva uno studio per stabilirlo! L’acqua calda che più calda non potrebbe essere. Solo che si dimentica sempre che per preservare l’orso marsicano sia il caso di mettere molti freni proprio, ed anche, al turismo! Non ci stancheremo mai di portare l’esempio dei nativi americani delle stirpi Salish e Kootenay che proprio in piena stagione turistica estiva, ogni anno chiudono A TUTTI in forma ASSOLUTA l’accesso ad una zona alimentare del Grizzly in una loro Area Wilderness. E non, come avviene nel Parco d’Abruzzo, stabilendo lauti ticket per il diritto di accesso alle delicate aree dell’orso, o invitando la gente nei rifugi “ecocompatibili” sulle porte delle tane degli orsi! è l’Italia, bellezza, dove il business regna anche e più che nella capitalista America!

6. Nel Parco Regionale dell’Adda esiste un residuo di bosco planiziale (Bosco del Dossi, di Fara Gera d’Adda). Appartiene ad una banca. Ora si scopre che la banca l’avrebbe dato in gestione ad una ditta criticata per i suoi inquinamenti e produzione di CO2, la quale lo gestirà per dieci anni, e così facendo (ovvero manipolandolo: come, non lo si dice) contribuirebbe a ridurre “10 tonnellate di CO2”; ciò in quanto secondo alcuni esperti, il bosco che in “60 anni della sua vita” avrebbe “incamerato circa 600 tonnellate di CO2, ma l’incuria rischiava di ridurre la sua capacità di assorbimento delle piante”. Mentre invece con la “pulizia e alla sistemazione dell’area” fatta da una cooperativa con fondi della ditta, “certificherà i crediti di carbonio ottenuti” dalla stessa con le sue lavorazioni inquinanti. Effettivamente sembra proprio una gran cavolata: proprio quell'ossimoro che gli ideatori del progetto negano! Sembra di sentire le ditte che tagliano in Amazzonia, ma poi se la cavano giustificando che vi pianteranno altri alberi! Così, tutti contenti e canzonati, come dice il proverbio. In America proprio per compensare le emissioni di CO2 hanno proibito di toccare le foreste vergini dell'Alaska: altro che "l'incuria rischia di ridurre l’incameramento di CO2”! Sicuramente quell'angolo di bosco planiziale, che meritava una tutela integrale e, caso mai, un ripristino ambientale mediante l’eliminazione delle piante non autoctone, si trasformerà nel solito parco pulito e addomesticato per turisti, come in fondo è già successo per tanti altri luoghi boschivi “valorizzati” anziché tutelati! E questo sta avvenendo, o è già avvenuto, in un Parco Regionale! Ovviamente parco all’italiana!
 
 
Franco Zunino


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