Chiariamo subito una cosa: che il cinghiale, nonostante quel che si creda, non sia un normale animale selvatico come tutti gli altri, assolutamente no. Il cinghiale è un mostro economico, una percentuale di PIL, una fonte di reddito e di guadagno come pochi altri sono in grado di generare, specialmente in un periodo piuttosto “complesso” economicamente parlando, come questo! Oggi qualcuno sostiene che l’irsuto suino sia invece diventato un problema, perché fa danni alle culture, provoca incidenti stradali, spaventa le anziane signore che portano a spasso i loro cagnolini per il centro delle grandi città e così via.
Ma se provassimo a pensarla diversamente, ci accorgeremmo che il vispo animalotto smuove davvero un fiume di denaro, generando addirittura posti di lavoro. Ma di questo parleremo dopo. Ora, come nostra abitudine, cercheremo di partire dall’inizio, dal cercare di conoscerlo meglio. Il cinghiale euro-asiatico, o sus scrofa, è presente pressoché ovunque. Tutti gli esemplari appartengono ovviamente alla stessa razza, ma si possono riscontrare piccole differenze tra un capo e l’altro, soprattutto a livello di costituzione fisica. I diversi tipi di pelame, la dentizione, il nutrimento, le abitudini di vita e il metodo di riproduzione sono parametri che aiutano il cacciatore a comportarsi in maniera adeguata nei confronti di questo animale. Il cinghiale è ormai diffusissimo in ogni regione italiana, isole comprese, con una presenza maggiore nella zona Centro-Occidentale della Penisola. La sua diffusione è stata enormemente favorita dallo spopolamento delle campagne, dai boschi in grande espansione, dalla drastica riduzione del bestiame brado e soprattutto dalla loro elevata prolificità, derivata dagli incroci della sottospecie maremmana autoctona con soggetti provenienti dal Centro Europa. Anche gli incroci col maiale domestico hanno contribuito alla definizione dell’odierno cinghiale italiano. Ultimamente la sua diffusione ha subito una sostanziale frenata, grazie all’intervento del suo predatore naturale: il lupo. Ma negli ultimi anni anche la Gestione del cinghiale ha subito radicali cambiamenti, perché per contenerlo, oltre alla storica braccata, sono state utilizzate tecniche di caccia alternative.
Verso la fine del XVI secolo questo ungulato iniziò a subire una progressiva riduzione di numero, dovuta alla continua persecuzione da parte dell’uomo; cosa questa che raggiunse il suo apice dopo il secondo conflitto mondiale. A partire dalla fine degli anni sessanta, invece, c’è stata un’inversione di tendenza, con una graduale, progressiva espansione demografica della specie. Questo aumento però non è avvenuto naturalmente, con il semplice proliferare dei soggetti ancora presenti, bensì attraverso immissioni di soggetti provenienti dall’Europa Centrale e di soggetti nati dall’incrocio con il maiale domestico. Inizialmente alcune Province, su richiesta dei locali Comitati per la Caccia, introdussero il cinghiale sulla base di precisi programmi, poi, a queste prime immissioni ne seguirono altre, compiute in modo del tutto incontrollato, addirittura abusivo, con soggetti riprodotti in cattività. Questo fenomeno si può ricondurre, con molta probabilità, al notevole interesse economico - venatorio che stava riscuotendo la specie. Il cinghiale possiede una grande capacità di adattamento, è un selvatico “opportunista” per eccellenza, per questo è possibile trovarlo in quasi tutti gli ambienti naturali: sia in prossimità di territori molto antropizzati, che in territori molto inospitali. Per quanto riguarda il cinghiale italiano, il suo habitat si estende dalla macchia mediterranea costiera ai boschi di conifere delle regioni sub-montane, e qualunque sia deve soddisfare le quattro esigenze fondamentali dell’animale: acqua, cibo a sufficienza, tranquillità e possibilità di rifugio. In Italia il bosco rappresenta l’habitat che il cinghiale predilige. Il suo regno preferito è senza dubbio il “forteto”, più impenetrabile è meglio è, come la macchia mediterranea e i calanchi appenninici, dove l’ungulato trova rifugio sicuro e tranquillo oltre agli alimenti di cui si nutre. Meno apprezzati sono i boschi che presentano un sottobosco poco fitto e molto luminoso. Possiamo sostenere che il bosco prediletto dalla bestia nera è quello misto, costituito da latifoglie e conifere, con la presenza di un fitto sottobosco, sul cui suolo può trovare ghiande, oltre a una grande quantità di frutti e bacche e a numerosi invertebrati. Per il cinghiale l’acqua rappresenta l’elemento fondamentale nella scelta dell’habitat, sia per abbeverarsi sia per insogliarsi nelle pozze di fango. Questo bagno quasi quotidiano ha la duplice funzione di rinfrescarlo ma soprattutto di dagli sollievo dai parassiti. Il cinghiale si stabilisce molto volentieri in aree paludose essendo perfettamente a suo agio in zone umide, essendo un eccellente nuotatore, capace di attraversare anche lunghi tratti di acqua, quali fiumi, torrenti e laghi. Quando si trova in ambienti lacustri ama rifugiarsi tra le formazioni di arbusti ed alberi, raggruppati a formare zone molto fitte, come ad esempio canneti. Da quando l’aumento demografico del cinghiale ha subito un’impennata in tutta la nostra penisola, questo selvatico ha variato il proprio comportamento, ora si rifugia volentieri all’interno di terreni coltivati, dove trova anche fonte inesauribile di cibo. Non è raro che vi si stanzino fino proprio al periodo di raccolta. Lo studio nell’ambiente naturale non risulta né facile né semplice perché, essendo un animale molto schivo, è di rara osservazione. Le principali caratteristiche comportamentali del cinghiale sono la socialità, la vita notturna, la predilezione per la macchia folta, l’erratismo e il desiderio di tranquillità. Il prelievo del cinghiale può essere eseguito con le tecniche più disparate. Le tecniche di caccia più diffuse sono: la battuta, la selezione, e la girata. La caccia al cinghiale in Italia più praticata è sicuramente quella in battuta, specialmente dove il cinghiale è presente in abbondanza e dove altrettanto numerosi sono i cacciatori che si dedicano alla sua caccia. Da un punto di vista gestionale, al contrario a quanto si possa credere, la caccia in battuta risulta secondo molti aspetti la più funzionale, in quanto solo una squadra organizzata può occuparsi di stabilire i censimenti degli animali, predisporre difese delle colture agricole onde prevenire i danni, denunciare, per un controllo ed un ulteriore conteggio i cinghiali abbattuti. Tra l’altro, sia la Regione sia gli ATC hanno la possibilità di conoscere realmente il numero di cacciatori che praticano la caccia al cinghiale e quindi far riferimento alle squadre per qualsiasi intervento sul territorio.
La squadra di cinghialai è una piccola società autogestita con regole ben precise, le uniche che permettono, una volta che si arrivi a cacciare, di portare bene fino in fondo la battuta. All’interno di ogni squadra c’è un capocaccia, il diretto responsabile di tutte le azioni svolte all’interno di essa, che ha il compito di preparare al meglio le battute, spesso con l’ausilio di alcuni vice-aiutanti; ha anche il dovere di mantenere saldi i legami tra tutti i componenti della squadra e di sbrigare le pratiche burocratiche. La battuta al cinghiale rappresenta sicuramente la tradizione, ma presenta alcuni svantaggi degni di nota. La qualità della carne dei selvatici abbattuti è sicuramente di qualità inferiore rispetto agli altri tipi di caccia, dovuta allo stress subito dai cinghiali, dai morsi dei cani e dal tempo che solitamente trascorre tra l’abbattimento e la sistemazione della spoglia. Un altro svantaggio è quello dei molti capi feriti a causa di tiri imprecisi e nella battuta, non vi è nessuna selettività. Anche nel caso della Girata si tratta di una tecnica di prelievo del cinghiale in forma collettiva. Sono indispensabili tre o quattro esperti cacciatori alla posta e il conduttore di un cane abilitato Limiere. In questa forma di caccia i selvatici vengono scovati da un cane trattenuto da un lungo guinzaglio, chiamato per l’appunto “Lungo”. Questa attività venatoria può essere praticata tutto l’anno, esclusivamente di giorno, in zone solitamente con vegetazione poco intricata, dove i movimenti del conduttore risultano più agevoli. Rispetto alla braccata, vi è un disturbo molto minore alla fauna presente all’interno dell’area interessata all’attività venatoria.
La caccia di Selezione al cinghiale all’aspetto è una tecnica di prelievo che si pratica in forma individuale da punti prestabiliti, scelti dopo un’accurata valutazione del territorio. La postazione di tiro può essere situata a terra oppure sopraelevata, come ad esempio un’altana. La caccia di Selezione può essere praticata all’alba e al tramonto, nel rispetto degli orari previsti dal calendario venatorio o dai regolamenti regionali. L’appostamento deve essere realizzato in prossimità dei principali luoghi di transito dei cinghiali, in aree di foraggiamento naturale oppure nei punti di adescamento artificiale (dove consentito).
L’aspetto può essere messo in atto all’interno di boschi radi, in prossimità di radure e ai margini dei campi coltivati. In questo tipo di caccia la qualità della carne ottenuta dal selvatico abbattuto è eccellente, in quanto l’animale viene prelevato totalmente esente da stress e, grazie all’ausilio di armi dotate di ottiche da mira, è possibile colpire la preda con molta precisione. In questa tecnica di caccia, come riporta il nome stesso, vi è una altissima “Selettività”, si ha realmente la possibilità di osservare con massima calma il capo da prelevare per valutarne con precisione sia il sesso sia la classe di età. Il disturbo recato agli animali presenti in quella determinata zona è irrilevante, in quanto l’immobilità del cacciatore di selezione riduce drasticamente il disturbo alla restante fauna.
La caccia di selezione si può praticare in quasi tutti gli ambienti e durante tutto l’anno, ma è necessario monitorare costantemente la zona d’intervento ed è indispensabile essere tecnicamente preparati ad avere un’attrezzatura molto tecnica e specializzata. La caccia alla cerca, detta anche avvicinamento o pirsch, consiste nell’avvicinarsi lentamente a un cinghiale, magari avvistato in precedenza, per tentare un tiro nelle migliori condizioni possibili. Questa tecnica di caccia prevede una perfetta conoscenza del territorio e un’attenta valutazione delle zone.
La cerca può essere applicata in prossimità dei principali luoghi di riposo dei cinghiali oppure in aree in cui essi si recano per alimentarsi naturalmente. Anche per la caccia alla cerca valgono gli stessi vantaggi e svantaggi della Selezione. E’ un tipo di caccia poco consigliata in terreno molto fitto e coperto, più agevole in presenza di ampi spazi aperti e di altofusto. Comunque, indipendentemente dal tipo di tecnica scelta per dare la caccia al Re dei boschi italiani, ogni cacciatore dovrebbe essere sempre a conoscenza della situazione qualitativa e quantitativa dei cinghiali sul suo territorio, tramite sopralluoghi e censimenti anche informali. Molte cose sono cambiate da quando cacciavano i cinghiali i nostri padri e i nostri nonni. L’ambiente naturale non è più lo stesso, anche gli strumenti di caccia non sono più gli stessi e con il diminuire della piccola selvaggina, sia migratoria sia stanziale, molti cacciatori si sono riversati nella caccia al cinghiale che con il passare degli anni sta riscuotendo sempre più successo e sia i cacciatori sia l’indotto ne traggono vantaggio. Come? E qui eccoci ritornati al discorso di partenza, dei grandissimi benefici economici che sta generando il cinghiale nel nostro Paese già da diversi anni.
Da dove vogliamo cominciare? Ovviamente dalle Sagre. Non credo esista piccolo Centro agroforestale o Paesino che non ospiti almeno una volta l’anno la Sagra del cinghiale. Per non parlare poi di tutta l’attrezzatura a lui dedicata. E non stiamo parlando soltanto di armi, di ottiche, di attacchi, di munizioni, di pallottole, di indumenti, etc etc, ma anche di arte come pitture e sculture, di gadget e di souvenir. Da Nord a Sud peluche di cinghiali, magliette con impresso il suo testone zannuto, portachiavi, adesivi, soprammobili, li trovi dappertutto, in ogni negozio. Poi c’è il discorso enogastronomico. Tutti i santi finesettimana orde di turisti invadono i territori dove “sanno” che si pratica la caccia al cinghiale per gustare le pappardelle, lo spezzatino, gli insaccati di cinghiale, smuovendo un bel po’ di soldini. Cosa dire della carne che viene raccolta durante la caccia di selezione e dei grossi introiti (spessissimo statali) conseguenti alle catture nei Parchi e nelle zone protette? Poi ci sono le battute nei recinti più o meno tutto l’anno (forse con la sola esclusione dei mesi estivi, causa caldo torrido!). Chi non ne approfitta per potersi gustare una bella canizza in compagnia anche a caccia chiusa?
Si potrebbe andare avanti per ore, descrivendo quanta ricchezza economica e sociale giri intorno ad un animale selvatico. Addirittura i “danni” che fa possono generare entrate economiche a chi li ha subiti… Vedi i rimborsi agricoli pretesi dai piccoli agricoltori prima dell’intervento dei selecontrollori. Quando un animale selvatico contribuisce così tanto al fabbisogno dell’uomo, come può essere considerato un problema da risolvere? Io non l’ho capito, ma spero che qualcuno di Voi riesca a spiegarmelo.
Marco Benecchi