“Buongiorno, come posso servirla?” “Vorrei acquistare una carabina semiautomatica da usare per la caccia al cinghiale in battuta”. “Nessun problema, ne abbiamo di diverse Marche e in molti modelli, ma dovrebbe dirmi in che calibro la vuole, se in 308 Winchester oppure in 30.06 Springfield?” .
Quante volte vi sarà capitato di ascoltare un dialogo simile in una armeria? La scelta del calibro è e sempre sarà uno dei grandi dilemmi del povero cacciatore a palla italiano, specialmente di chi si fa confondere le idee dai troppi “social” e dai cattivi consigli! Pratico assiduamente (nel senso che ci vado più o meno trecentosessantacinque giorni l’anno!) la caccia al cinghiale da oltre cinquant’anni, durante i quali ho avuto modo di provare parecchi calibri, sia per carabina sia per armi basculanti, praticamente tutte le munizioni più comuni dal modesto 243 Winchester al potente 375 H & H M.
Ho cacciato il cinghiale in solitario , coi cani da ferma e con gli Jagd Terrier, in battuta, all’aspetto, in girata – guidata e a volte ho avuto degli incontri ravvicinati con il Re anche quando meno me lo aspettavo. Ho utilizzato svariati tipi di palle, valutandone pregi e difetti, e proprio grazie all’esperienza acquisita in tantissimi, intensi anni, credo di poter affermare subito che il miglior calibro per la caccia al cinghiale è, senza ombra di dubbio, il 308 Winchester con palla da 150-165 grani. E’ stata la sua precisione, la sua costanza, la sua micidialità sempre all’altezza d’ogni situazione a farmi innamorare perdutamente di lui. Inoltre, in un’arma semiautomatica, il suo rinculo molto contenuto mi ha permesso di sparare più colpi in rapida successione (in diverse occasioni ne ho tirati addirittura 11!), sempre rimanendo concentrato sul bersaglio in forte movimento.
Ho sempre usato esclusivamente cartucce ricaricate cambiando a volte tipo di palla, più che altro per fare delle prove. Quelle che mi hanno dato maggiori soddisfazioni sono state assemblate con palle Hornady SST, RWS TIG, Nosler Ballistic Tip e Sellier & Bellot SPCE da 150 - 165 grani. Con queste ogive ho abbattuto praticamente tutta la grossa selvaggina europea: caprioli, daini, mufloni, cervi e soprattutto tanti cinghiali, senza avere mai brutte sorprese. Cacciando in battuta con il 308 Winchester non ho mai rimpianto calibri maggiori come magari un 300, un 338 W Magnum, un 35 Whelen o un 9,3 x 62!
Il calibro 308 W, noto anche come 7,62 x 51 Nato, rappresenta una delle rare eccezioni in cui una munizione destinata al mercato civile è diventata il calibro d’ordinanza degli eserciti di mezzo mondo. Il 308 Winchester ufficialmente nasce nel 1952, grazie agli sforzi della Winchester che, sempre alla ricerca di nuove proposte e perennemente in competizione con il colosso Remington, lo progettò con il proposito di eguagliare le prestazioni del mitico 30.06 S, ma in una munizione dalle dimensioni più contenute. Grazie all’esigua lunghezza del suo bossolo, 12 mm in meno dell’illustre antenato, quasi tutti i costruttori d’armi di allora furono felici di poter costruire delle carabine con azioni “Short”, termine ormai attualissimo, stra -usato e molto in voga, a favore del peso, dell’ingombro e della maneggevolezza dell’arma. Inoltre, la vivacità dei propellenti con cui viene caricato, consente l’adozione di canne molto corte nell’ordine dei 18”, circa 460 mm. Le caratteristiche del 308 Winchester erano talmente buone che non potevano certo passare inosservate ai ricercatori dell’esercito che, dopo averlo sperimentato in vari prototipi di fucili d’assalto, decisero di adottarlo definitivamente nel 1957 come calibro d’ordinanza con la sigla T65. In arma individuale il 7,62 Nato ebbe un notevole successo, ma alquanto breve, perché fu rapidamente sostituito dal più piccolo, più prestante e più moderno 5,56 Nato, alias 223 Remington, che meglio rispondeva alle nuove esigenze.
Il 7,62 Nato è rimasto tuttora in servizio come la migliore cameratura per armi d’appoggio e per fucili “Snipers” da tiratori scelti, grazie appunto alle sue caratteristiche di potenza e di grande precisione. Oggi il 308 W è ritornato alle origini, facendosi apprezzare per quello che è sempre stato: un ottimo calibro da caccia, particolarmente indicato per essere utilizzato in armi semiautomatiche destinate alle cacce in battuta (cinghiale, alce e monterie). Anch’esso, come il 30.06 S, può essere caricato con un’infinita gamma di palle, che vanno dalle leggerissime 55 grani in Sabot (le Accelerator della Remington, oggi fuori produzione e pressoché introvabili anche come componenti per la ricarica e che che raggiungevano i 1150 m/s), alle oscene Hornady Round Nose da 220 grani, che non arrivano a 700 m/s; esistono anche delle Barnes da 250 grani, ma chi le ha viste mai! Questa caratteristica ha sempre avuto un impatto notevole su molti cacciatori che, com’è noto, inseguono ancora la chimera del calibro “tuttofare”, dimenticando che anche sul terreno di caccia si dovrebbe scendere a compromessi.
E’ compito d’ogni cacciatore serio quello di scegliere con giudizio, se non il calibro più adatto per ogni selvatico, almeno il tipo di palla da utilizzare. Le migliori prestazioni in termini di velocità, energia e radenza si ottengono con le seguenti granature: 130, 150, 165 e 180 grani, non mi sembra il caso né di dover scendere al di sotto né di dover salire al di sopra, e chi in qualche modo ne sentisse il bisogno, dovrebbe decidersi ad acquistare un’arma in un calibro minore o maggiore.
Le piccole 130 grani spinte ad alta velocità (930 m/s), anche se non hanno un buon coefficiente balistico perché troppo corte in rapporto al diametro, possono essere tranquillamente impiegate per un’ipotetica caccia in montagna a camosci (dove sono più indicati calibri più piccoli e radenti). Rappresentano un’ottima scelta anche per la volpe e il capriolo in ambiente scoperto. In base alla mia esperienza personale, mi permetto di ritenere le palle da 150 grani come le migliori dell’intera gamma. In configurazione Soft Point ad espansione controllata, sono in grado di abbattere pulitamente anche il più grosso dei cinghiali sia maremmano sia europeo, sempre se giustamente colpito in un punto vitale.
Molte munizioni originali possono facilmente raggiungere i 3700 – 3800 Joule e con la ricarica le potenzialità del 308 sono davvero eccezionali!! Le palle da 165 e da 180 grani, visto che il loro campo d’utilizzo è pressappoco equivalente, vorrei trattarle insieme. Queste belle palle, se usate entro i duecento metri, hanno uno Stopping Power (potere d’arresto) sufficiente ad abbattere selvatici di notevole mole come: il cervo europeo, l’orso bruno e persino l’alce canadese. Non sono pochi quei cacciatori professionisti che per la loro leggerezza e maneggevolezza, usano armi in calibro 308 Winchester, anche per la caccia agli animali di grossa taglia.
Non mi stancherò mai di ripetere che per sfruttare al meglio le potenzialità di una munizione, la scelta della palla è di fondamentale importanza. Il 308 W può essere impiegato in carabine Bolt Action, in carabine a leva (Browning BLR, Savage 99, Winchester 88 e Sako Finnwolf), in carabine a pompa (Remington, Browning BPR e Savage 170), in monocanna basculanti, in armi combinate e persino negli express, ma la sua vocazione sono le carabine semiautomatiche.
Ho avuto la fortuna di abbattere un cinghiale di ben centocinquantasei chili con un sol colpo di 308 Winchester, da circa quindi – venti metri di distanza, utilizzando una palla ad espansione precoce come le Hornady SST da 150 grani. Ammettiamolo, un abbattimento simile dà parecchio da pensare, perché se un “piccolo” calibro come il 308 Winchester è in grado di uccidere pulitamente un bestione del genere, calibri come il 300 WM, il 300 WSM, il 338 WM, il 35 Whelen, il 9,3 x 62 e similari a cosa serviranno mai?
Parlare compiutamente del calibro 30.06 S richiederebbe un libro a parte, perché se negli USA è un mito come il 45/70 e la 45 Long Colt, anche nel resto del mondo, insieme al .303 British e allo 8 x 57 Mauser, è senza ombra di dubbio una delle munizioni più utilizzate ed apprezzate in assoluto. Il primo prototipo risale al lontano 1903, da uno studio nato nell’arsenale di Frankford, presso Filadelfia. Fu ripreso nel 1906 dai tecnici dell’arsenale di Springfield, che lo modificarono definitivamente denominando la munizione in base al diametro della palla e all’anno della sua adozione ufficiale.
Il 30.06 nacque come munizione d’ordinanza per sostituire il vecchio e obsoleto 30-40 Krag, che durante la guerra ispano-americana uscì sconfitto dal confronto con il più prestante e moderno 7 x 57 Mauser, calibro in uso dall’esercito messicano. Ben presto, grazie alle sue doti eccezionali per gli standard del tempo e al surplus di armi militari disponibili, divenne uno dei calibri preferiti dai cacciatori di tutto il mondo. Chi non ha letto Verdi colline d’Africa di Ernest Hemingway? Il grande scrittore ne era talmente entusiasta che quando racconta della caccia al bufalo cafro, all’Express che impugnava rimpiangeva di continuo il suo fidatissimo Springfield. Le caratteristiche principali che hanno fatto la fortuna del calibro 30.06 S sono: la potenza, la precisione, la costanza e sopra tutto la versatilità. La versatilità che gli è dovuta dalla vastissima gamma di palle con cui può essere caricato.
Un vecchio detto latino, che ora non ricordo bene, si riassumeva pressappoco così: “Il meglio di ogni cosa si trova sempre nel mezzo”. Questo proverbio sembra coniato appositamente per il 30.06, che appunto dà il meglio di sé con palle di peso variabile dai 150 grani ai 180 grani. Se le palle da180 grani sono quelle di maggior impiego per i calibri .30 ad alta intensità, come tutti i 300 Magnum, spiegatemi voi come possiamo ritenerlo “ottimo” per il 30.06 S.!! Senza divulgarci ulteriormente, passiamo subito al nostro spinosissimo problema: il 30.06 S è o non è un ottimo calibro per la caccia a cinghiale? E’ migliore o peggiore del 308? Con quale tipo e peso di palla otteniamo le migliori prestazioni? Chi ha un minimo di interesse per la Balistica Terminale conosce sicuramente la formula matematica necessaria a calcolare l’energia cinetica di un proiettile: E = ½ MV2. Come possiamo vedere la velocità viene espressa al quadrato e di conseguenza ad ogni minima accelerazione otteniamo un notevole aumento di energia.
Detto ciò è chiaro che, a parità di calibro, e rimanendo entro limiti ragionevoli di pesi di palle, più una munizione è veloce più è potente. Nel caso specifico del nostro 30.06, una palla da 150 grani spinta a 910 metri al secondo eroga un’ energia di 400-500 Joule, maggiore di quella espressa da una palla da 220 grani, che a mala pena raggiunge i 720 metri al secondo. Il cinghiale è un animale robusto, vitale e ottimo incassatore, ma pur sempre di peso variabile dai 40 ai 150 kg.
Se viene cacciato da una postazione fissa, dove si spara a fermo ed in ottime condizioni di luce, qualsiasi calibro, dal 243 W in su, dotato di una buona palla espansiva, è in grado di svolgere bene il suo dovere, ma provate ad immaginare cosa significa sparare ad una saetta nera che salta una cessa tagliafuoco! Le palle da 180, 200 e peggio ancora da 220 grani, essendo state concepite per essere usate in calibri maggiori e contro selvatici veramente grossi, se non colpiscono un osso o una fascia muscolare particolarmente robusta, otto volte su dieci tendono a fare “passata”. Questo perchè non si deformano o, quando lo fanno, la loro espansione risulta piuttosto limitata. Una palla da 150 -165 grani appositamente creata per favorire una rapida espansione, pur conservando parte della propria struttura integra, se spinta ad alta velocità induce uno shock idrodinamico notevolissimo, anche attingendo ai tessuti molli. Ad un cinghiale che corre si spara quasi sempre mirando al “bersaglio grosso”, colpendo se si è fortunati i polmoni ma più spesso il quarto posteriore, dove non ci sono organi vitali. Pensateci bene quando acquisterete una nuova scatola di munizioni originali.
Non mi stancherò mai di ricordare che un grosso solengo oltre ad essere un fortissimo incassatore possiede delle protezioni naturali, come pelo e cotenna, come nessun altro selvatico. Per colpire bene ed a fondo, le palle da utilizzare in questa caccia devono avere delle ottime caratteristiche costrittive, in grado di abbinare alla perfezione sia l’espansione che la penetrazione. Dopo quello che abbiamo visto dei due calibri, sembra abbastanza evidente che il 308 e il 30.06 più o meno si equivalgono. Personalmente credo che nel confronto “diretto” il 308 esce vincitore, almeno se camerato in armi semiautomatiche per alcuni semplicissimi motivi. Innanzi tutto è più corto e questo favorisce moltissimo la funzionalità durante le fasi di ricarica semiautomatica, poi le armi che lo camerano sono più corte (anche se non sempre!), quindi più maneggevoli, compatte. Inoltre, anche il rinculo sembra piuttosto inferiore. Una munizione più corta come dimensioni comporta tutta una serie di vantaggi che non andrebbero trascurati.
Non ho citato la nota superiorità del 308 rispetto al 30.06 in materia di precisione, perché nella caccia in battuta entro i cento metri è pressoché ininfluente. Cos’altro dire? I calibri in oggetto sono molto efficienti e diffusi, ambedue risolvono egregiamente il lavoro che gli verrà affidato, non ultimo c’è da considerare i gusti personali e le varie esigenze logistiche, perché spesso un cacciatore acquista la carabina nuova o usata che in quel momento trova sul mercato.
Marco Benecchi