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gen14 14/01/2010
Ludwig Wittgenstein, filosofo del linguaggio, diceva che ogni cosa che può essere detta, può essere detta in modo chiaro. Credo quindi sia arrivato il momento di cominciare a definire, delineare, chiarire, integrare e modellare quel comune sentimento, difficile a spiegarsi in poche parole, ma che sentiamo forte e chiaro dentro di noi quando interloquiamo con persone culturalmente simili a noi. A questo comune sentimento, traducibile anche nella praticità e nella manualità dei nostri lavori e delle nostre passioni, abbiamo dato convenzionalmente il nome di “Cultura Rurale”. Ma cosa intendiamo precisamente quando parliamo di difesa e promozione della “Cultura Rurale”? Perché il bisogno di difendere e valorizzare tutti assieme una “cosa” che, come avvenuto ieri in maniera piuttosto “palpabile” durante la riunione di Vicenza è più comprensibile nello spirito, traducendolo dagli occhi dell’interlocutore, ma che non è altrettanto facilmente descrivibile con le parole? Il termine, cultura rurale, è sicuramente azzeccato! La cultura, nel senso antropologico del termine e come da definizione dell’Unesco è "una serie di caratteristiche specifiche di una società o di un gruppo sociale in termini spirituali, materiali, intellettuali o emozionali". Ciò significa che un fattore, un sentire e l’azione che ne scaturisce, affinché possa definirsi fenomeno culturale, deve essere condivisa ed apprezzata da un gruppo. Il punto di incontro del gruppo al quale mi sento di appartenere è la manifestazione dei principi e dei valori insiti in chi sa esprimermi il sentimento della “ruralità”. Cultura rurale è quindi l’insieme di tradizioni ed insegnamenti legati al territorio, alla natura e alla vita in generale che attraverso un processo storico ha permesso a quel gruppo di definire il suo mondo particolare, compresa la visione della vita e della morte in senso spirituale. Se la cultura però si traduce in un sistema di valori che la contraddistingue e la fanno vivere significa anche che altri valori differenti, spesse volte antitetici, la possono minare. E’ chiaro che i valori che minano la cultura rurale sono quelli della cultura urbana. Quasi un paradosso per quest’ultima se pensiamo che nel corso degli anni si è trasformata in una feroce predatrice della ruralità. Armi distruttive dagli effetti irreversibili come l’asfalto ed il cemento e l’ancor più terribile arma disgregatrice dell’ideologia animalista sorta proprio tra i muri e le strade di quelle città, hanno contribuito ad indebolire sempre più la preda rurale fino a rischiarne seriamente l’estinzione. Branche della sociologia generale che vanno sotto il nome di “sociologia urbana” e “sociologia rurale” stanno studiando l’interazione umana ed il rapporto con l’ambiente nelle differenti strutture della vita sociale umana. Interessante per queste materie sarebbe il nostro apporto culturale che sa tradursi anche in praticità ed esperienze di vita vissuta. In Italia, purtroppo, a differenza di altre realtà europee che hanno saputo prendere coscienza dell’importanza della vera cultura della terra, insiste un dirompente fenomeno antiruralista mascherato da “neoruralismo”. La nostra causa, quella della difesa e della promozione della cultura rurale, accolta sicuramente in modo positivo nell’immaginario ideologico di tutti gli italiani, rischia di essere distorta e mal recepita, ovverosia incompresa, sempre per colpa di quel mostro urbano che si sta ora mascherando da “neoruralista”. Anche tra gli urbani c’è una voglia di campagna, di sano, di aria pulita, prati verdi e cibi genuini che non trova però corrispondenza nella realtà della ruralità vissuta da tutti noi, a volte anche negativamente sulla nostra pelle. L’uomo moderno rimane imbambolato dai cibi che recano la scritta “biologico” e sente un gran bisogno di vivere in maniera più naturale senza però sapere di cosa si tratta e quindi a sua volta facile preda di profitti ed interessi economici. Questo è l’ennesimo pericolo da affrontare! L’uomo super-moderno, narcisista e consumista ha ideologizzato un “ritorno alla natura” elaborandolo però in maniera distaccata da essa. In nome di una “difesa ambientale” e del “benessere animale” si emanano norme che stritolano la vera ruralità trasformandola ad uso e consumo dell’uomo moderno, cancellando tradizioni e valori e facendo spesse volte un uso turistico della natura. Come possiamo quindi distinguere i valori che sorreggono la vera cultura rurale rispetto a quelli urbani che la minano o da quelli del neoruralismo di matrice metropolitana? Chi di voi si riconosce in questi valori di riferimento?
- rispetto per l’uomo e per la vita in generale
- realizzazione interiore attraverso un continuo contatto con la natura
- rapporto con l’ambiente interagendo attivamente con esso e beneficiando in maniera sempre responsabile dei frutti naturali
- serenità, ragionevolezza e buon senso nella cura dei propri animali, rispettando sempre la loro naturalità e condizione
- profonda conoscenza degli animali cui ci si attornia e dell’ambiente che si vive
- grande amore e fascino nei confronti del mondo animale e vegetale
- capacità di adattamento e più resistenza al dolore rispetto all’uomo di città
- tendenza a vivere in maniera più semplice anteponendo valori, principi e tradizioni alla materialità imposta dalla società moderna
- Tendenza a dare più importanza alla pratica rispetto alla teoria
- Valorizzazione dei prodotti naturali e preferenza per i cibi procurati o allevati in proprio e contrarietà alla tendenza consumistica degli ipermercati, degli allevamenti intensivi e dei fast food
- Diffidenza nei confronti della tecnologia
- maggior consapevolezza del ciclo biologico della vita e visione meno pessimista della morte e della sofferenza in generale.
- trattazione non ideologica dei problemi ambientali con proposte di soluzione ragionate, responsabili, risolutive e con l’applicazione di criteri scientifici nelle varie scelte.
- spiritualità più marcata e senso positivo dell’esistenza umana.
Chi, ognuno nelle proprie attività ambientali (agricoltori, cacciatori, pescatori, allevatori, ambientalisti) si riconosce in questi valori, ha il diritto di rivendicarli nei confronti di una cultura urbana che in maniera consapevole o inconsapevole sta distruggendo. Ieri a Vicenza è nato il coordinamento a difesa di questi valori…siamo tanti, diventeremo pian piano sempre di più fino a far comprendere all’Italia che quando gli equilibri erano sapientemente governati da quei valori la natura era, e sarebbe rimasta, integra!
Massimo Zaratin
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Re: Significato di “Cultura Rurale” scusate, ma le manifestazioni a cosa servono, se non ad esercitare una pressione sui governi? "maggioranza silenziosa", "intera cittadinanza italiana", "balena bianca". mi sembra - e non voglio offendere - che si stia esagerando. una cosa sulla caccia è importante, ma non è che è proprio da questa dipendano le sorti del paese... se non scendiamo coi piedi per terra non si va da nessuna parte. pensiamo a farci degnamente rappresentare dai nostri "sindacalisti". evitiamo - se possibile - di sceglierli tra i trombati di sesta fila della politica. e poi facciamo proposte scientifiche serie, coerenti, non megalomani. visto che a qualcuno piace la filosofia, abbiamo anche consapevolezza dei nostri limiti, ovvero, siamo socraticamente sapienti... comunque, non ho ancora capito come separare dall'olio dal grano. mah... da f.m.
24/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” il loglio. e il dall'olio? scusate, ma tengo l'ignoranza. da f.m.
24/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” il loglio. e il dall'olio? scusate, ma tengo l'ignoranza. da f.m.
24/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Sia detto per inciso, il loglio (lolium), detto anche “zizzania” è una graminacea infestante non molto gradita agli agricoltori. Veniamo alla grande manifestazione di Roma. Devo dire che per me è punto dolente. Sarei felice di vedere tutti i cacciatori finalmente uniti e questa potrebbe essere l’occasione giusta. Tuttavia l’evento in questione ha almeno un paio di peccati originali: per prima cosa è stato frutto di una decisione unilaterale e si tenta di imporlo alla “maggioranza silenziosa” e alla “balena bianca” con un nemmeno tanto sottile gioco di sollecitazione dei malumori della base; in secondo luogo mi sembra che, più che rivolgersi all’intera cittadinanza italiana, si tratti di una sorta di avvertimento ad un “governo amico” pilotato da Berlato e compagni. Come dire: guarda che sono state promesse varie cose ai cacciatori; se non le manteniamo rischiamo il consenso di tutta questa gente! Se poi alla manifestazione interverrà qualche rappresentante del governo a ribadire promesse già fatte giurando sulla propria mamma che saranno mantenute, il gioco sarà fatto. Una manifestazione di tal genere è simile a quelle sindacali: spesso, pur fondate su giuste rivendicazioni, disturbano e indispettiscono i cittadini che ne ignorano o ne conoscono solo superficialmente le motivazioni. Inoltre non servono a far cambiare atteggiamento a chi è contrario, in quanto l’adesione o meno ai temi proposti da una manifestazione di piazza è unicamente frutto di una scelta di tipo ideologico. In ultimo, come ho già ribadito altre volte, non credo che i problemi della caccia vengano solo dall’esterno e che si risolvano cambiando le leggi o mettendo i fanatici ambientalisti in condizione di non nuocere. Dobbiamo anche chiederci perché in tutti questi anni i fanatici ambientalisti abbiano avuto così facilmente buon gioco ad esercitare la loro azione denigratoria nei nostri confronti. Non è solo una questione basata su rapporti di forza e sudditanza dei media. Alla prossima da claudio nuti
24/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” La dialettica è, almeno secondo Socrate, la madre della conoscenza. Dunque non mi sottraggo al compito di tentare di risponderti, anche se mi occorrerà più di qualche riga. Cominciamo dall’ultimo punto e cioè dalla caccia (secondo me): non ho affatto una posizione abolizionista nei confronti delle cacce (tradizionali?) alla piccola migratoria e neppure sono contrario in assoluto alla caccia con il segugio. Non sono certo un “pentito” che rifiuta il proprio passato. Però ogni tradizione affonda le proprie radici nella storia, e dalla storia medesima viene il più delle volte successivamente rinnegata o trasformata. E’ oggi necessario definire con chiarezza cosa può correttamente essere definito come “caccia”. Non certo gli abbattimenti (che non siano finalizzati all’addestramento dei cani) di selvaggina di allevamento appena immessa sul territorio o rinchiusa in angusti recinti (sia che si tratti di fagiani, lepri, cinghiali o daini). Dunque caccia a selvatici veri e non misere e squallide messe in scena. Il fatto poi che la caccia possa gratificare chi la esercita non è per essa una giustificazione sufficiente: non possiamo certo andare a raccontare ai bambini delle scuole elementari che spariamo al volo agli uccelli perché la cosa è sportiva. L’uccisione di animali può essere giustificata, oggi come oggi, solo come prelievo a fini alimentari o di controllo delle specie invasive o dannose. Tutto questo per gli ungulati è ovviamente più facile da ottenere, ma anche le altre cacce dovranno adeguarsi a criteri impostati ad una gestione di tipo conservativo basata su studi scientifici e stime della consistenza delle popolazioni. E in tale contesto sarà senz’altro possibile continuare a cacciare anche la piccola migratoria, ancor più se questa tornerà a buon diritto sulle tavole dei ristoranti, oltre che su quelle dei cacciatori. Vengo all’altro argomento: non capisco per quale motivo in Italia i cacciatori debbano essere divisi in una miriade di microformazioni in perenne lotta tra loro. La cosa, vista dall’esterno, sembra essere funzionale solo a coloro che usufruiscono della moltiplicazione di posti di potere e di privilegio così prodotta. Non credo che la maggioranza dei cacciatori italiani sia soddisfatta di questa situazione, tant’è che molti si assicurano presso compagnie private. La creazione di una sola grande associazione, unione o confederazione non sarebbe certo ostacolata dal fatto che i cacciatori praticano cacce diverse o non sempre vanno d’accordo. Basterebbe che le istanze di ciascuno venissero validamente rappresentate da aggregazioni settoriali che abbiano comunque l’interesse comune come limite e obiettivo primario. Come realizzare l’unità dei cacciatori? Perché non eleggere con una sorta di elezioni primarie un Comitato nazionale di coordinamento, una sorta di assemblea costituente della caccia italiana composta degli uomini migliori che possiamo esprimere, capace di indicare la strada giusta per raggiungere l’unità e di rappresentarci nei confronti di istituzioni, media e restanti cittadini italiani? Un saluto da claudio nuti
23/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Loglio non l'olio :)
Colgo l'occasione per rispondere all'amico Nuti e per dimostrargli che ciò che si predica non è solo una mera operazione di marketing. Il coordinamento di numerose associazioni che si rifanno a quei valori è reale e concreto. La manifestazione di Roma sarà reale e concreta così come reali e concreti saranno i punti che chiederemo al governo italiano. Piuttosto, sempre rimanendo sul lato pratico e concreto hai qualche suggerimento per realizzare quanto hai affermato in questa tua frase?: "Ricostruendo a partire dalla base l’unità e la comune identità dei cacciatori italiani." Bene...supponiamo che la base da unire sia composta di sole due persone. Io e te. Spiegami come, e con quali scopi, ci potremmo unire se, almeno così mi par di aver capito, la nostra concezione dell'attività venatoria, dalla caccia col segugio per la quale sarei dispostissimo ad avviare un serio dialogo tra le parti, alla caccia tradizionale alla piccola migratoria per la quale, ancora una volta, ti presenti come abolizionista, è completamente differente. Cosa ci unisce? Risponditi alla domanda e vedrai che molti di quei valori il cui elenco per te era superfluo, astratto, diventerà reale e concreto. Saluti.
da massimo zaratin
20/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” che vuol dire "il grano dall'olio"? da f.m.
20/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Non nego certamente che nell’ultimo mezzo secolo si sia prodotta una frattura tra mondo urbano e realtà rurale, nella quale quest’ultima ha rischiato e rischia di essere mistificata, violentata e ridotta tutt’al più ad un fatto folkloristico ad uso e consumo dei gitanti domenicali. E’ ben vero che esistono varie forme di ritorno alla campagna da parte di cittadini che hanno perso il contato con essa da generazioni. Alcune di esse proseguono nell’opera di mistificazione e non comprensione dell’essenza del mondo rurale, cercando di farne solo il giardino della propria casa di cittadini. E’ anche vero che il cacciatore, pur se cittadino, una volta acquisito un decente livello di maturità, si accosterà alla campagna con un atteggiamento che lo porterà ad immergervisi, tendendo ad inserirsi correttamente nei suoi equilibri, di cui è parte essenziale e qualificante uno sfruttamento compatibile delle risorse disponibili. Diverso è ovviamente l’atteggiamento da predatore mordi e fuggi di chi non si preoccupa di conoscere e di comprendere e, soprattutto, di porsi l’interrogativo problematico sulle conseguenze del proprio agire. Detto questo non sento alcun bisogno di sistematizzare, inquadrare, incasellare ciò che fa parte di una o dell’altra cultura. Mi rendo conto che la necessità di comprendere è all’origine di una approccio sistematico. Tuttavia per carattere e formazione culturale rifuggo dagli schematismi, dalle codificazioni che si prestano ad essere madri dell’ideologia, la quale ha sua volta diviene spesso madre della cattiva politica. Solo per questo ho avuto istintivamente una reazione negativa quando ho letto il tuo bell’elenco, di cui personalmente non sentivo la necessità. Questo non vuol dire che non si debba combattere una battaglia su più fronti a favore di determinati valori, ma io sono dell’opinione che ciò debba essere fatto più con l’agire concreto di tutti i giorni che con le operazioni di marketing. E, soprattutto, ricostruendo a partire dalla base l’unità e la comune identità dei cacciatori italiani. E questo anche separando il grano dal loglio. Saluti da claudio nuti
19/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Caro Massimo, ti rispondo più tardi con calma. Ora purtroppo non ho tempo. Ciao da claudio nuti
18/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Ma che dici amico Claudio? Non c’è nulla di nuovo da inventare e quanto ho scritto non è frutto di un mio serotino viaggio immaginifico nel leggero e mutevole mondo della fantasia. Gli scaffali delle biblioteche pullulano di pagine che parlano di cultura urbana e cultura rurale delineando perfettamente la distinzione esistente tra le due….per questioni di spazio ti segnalo solo qualche lettura interessante (P.V. Silvia, Il ritorno dei contadini, Milano, 2007. - Merlo V., Voglia di campagna. Neoruralismo e città. 2006 - Codeluppi V., La Sociologia dei consumi. Teorie classiche e prospettive contemporanee, Roma, 2002. - Reisman G., Perché l’ambientalismo fa male all’ambiente, 01/2008 - Calcioli R.; Gaspari A., Le bugie degli ambientalisti. I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti, 2004 - Rei D., La bellezza inutile. Microaree rurali fra visione e progetto, 2003 - Merlo V., Sociologia del verde. Lo spazio rurale in Italia, 1997). Lo scontro ideologico è in atto dai tempi della rivoluzione industriale…semmai ultimamente si sta concretizzando un risveglio attraverso una “selezione” (ti omaggio del termine :) ) delle categorie che appartengono all’una o all’altra cultura. Un risveglio dovuto a fattori politici, quindi pratici. I recenti provvedimenti in materia di rapporto uomo-animali-ambiente dimostrano chiaramente che le due culture sono trasversali al colore politico e l’influenza determinata da qualche animalista può minare seriamente la ruralità che è fatta non solo di cacciatori ma di milioni (la maggioranza a mio avviso) di italiani. Io ritengo che l’attività venatoria in generale, essendo appunto attività umana a stretto contatto con la ruralità, abbia tutti i requisiti per far parte di questo mondo. Se tu invece ti ostini a rimanere fermo sulle tue posizioni pensando che alla cultura urbana sia sufficiente motivare le battute di caccia con argomentazioni esclusivamente tecnico-scientifiche (sicuramente sufficienti per me perché appartengo alla ruralità) avrai sempre più delle amare sorprese scoprendo magari alla fine che la riserva indiana te la stai recintando proprio tu. Insomma…io e te abbiamo qualche punto sul quale convergere? Ritieni che io e te apparteniamo ad un mondo, una cultura, a delle esperienze ambientali diverse rispetto al comune sentire delle città e che proprio questo loro comune sentire sia di "impedimento" tanto a te quanto a me?
da massimo zaratin
18/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Was ist “Cultura rurale”? Cos’è la Cultura rurale? E’ l’interrogativo su cui ho rimuginato per qualche giorno dopo aver letto l’annuncio della nascita di un “Coordinamento per la difesa e la promozione della cultura rurale”. Ahi Ahi, mi sono detto, qui siamo già alle riserve indiane. Qui si prepara uno scontro tra ideologie, tra due opposte concezioni del mondo e della vita, dove i vincitori e vinti sono già stati scritti sui libri di storia. Per incanto viene codificata l’esistenza della ”cultura urbana” e della “cultura rurale” in lotta tra loro, come in una sorta di visione manichea. Ma non basta creare un contenitore, deve essere pur riempito. Ed ecco che Massimo Zaratin si preoccupa di teorizzare e sistematizzare quelli che dovrebbero essere i caratteri peculiari della nuova categoria antropologica appena nata: l’”homo ruralis”, elencando una serie di valori, quasi tutti più o meno positivi, che potrebbero essere tranquillamente condivisi da un qualsiasi abitante di città sufficientemente colto e intelligente. Ed interviene allora opportunamente Felice Modica ad invitare tutti a tenere i piedi ben piantati per terra. Terra che, come dicono in Toscana, è bassa. La storia d’Italia non ha mai visto la nascita di una piccola proprietà contadina, che fosse portatrice di valori e di cultura non subalterna. Tutto si è giocato in una perenne lotta tra latifondo da una parte e braccianti e mezzadri dall’altra. Espulse dalla campagna nel secondo dopoguerra, queste masse di lavoratori hanno perduto il senso del legame diretto che deve esistere tra la terra e suoi prodotti e la vita ed il benessere di coloro che di questi prodotti vivono. E’ questa l’essenza più profonda della cultura rurale: la coscienza che la terra con tutti gli esseri che la abitano è come una buona madre che dà la vita e che come tale deve essere trattata perché possa perpetuare la sua funzione: con amore, con rispetto e con gratitudine. Purtroppo invece anche le masse di cacciatori, magari figli di contadini inurbati, che nel periodo del boom economico hanno invaso le campagne praticando con fucili automatici e senza lesinare cartucce quelle cacce alla piccola migratoria che i loro genitori, ai tempi in cui solo la lepre giustificava una fucilata, praticavano con panie e archetti o tutt’al più al capanno con mezze cariche per integrare di proteine la povera mensa, avevano drasticamente perso il senso di quel legame. Dunque tutte le iniziative possono essere utili e lodevoli, ma pensare che la creazione di “una potente lobbie trasversale per la difesa e la promozione della cultura rurale” inventandosela in qualche modo di sana pianta, sia sufficiente a ricucire lo strappo determinatosi tra i cacciatori e il resto della società, è una pia illusione. Solo rendere nei fatti nuovamente palese per tutti il nesso virtuoso esistente tra l’esercizio della caccia ed un corretto sfruttamento delle risolse naturali, soprattutto a fini alimentari e per il mantenimento degli equilibri ambientali attraverso una corretta gestione delle popolazioni animali, potrà rendere accetta la caccia ai non cacciatori. Perché, parliamoci chiaro, oggi quasi più nessuno mangia uno spiedo di allodole o un piatto di polenta e osei: come pensate dunque che possa essere giudicato chi “si diverte” a sparare ai piccoli uccelli, una volta che è venuta meno l’unica motivazione di quella attività che possa essere universalmente accettata? da claudio nuti
17/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Far fruttare la terra sempre e comunque per trarne giovamento economico non necessariamente le si fa del bene. Prova ne sono le colture intensive, gli allevamenti in batteria, i disboscamenti, i campi seminati anche dentro i fossati, gli antiparassitari, gli anticrittogamici etc. Purtroppo la logica del profitto non ha lasciato indenne una forma di ruralità che, vuoi un pò perchè potenti mezzi non ce n'erano, vuoi perchè l'uomo si doveva accontentare, aveva un approccio con l'ambiente sicuramente diverso, più povero certo, meno "frenetico" sicuramente. Il "dipendere economicamente dalla campagna" come dici tu assume, purtroppo, spesse volte, un significato che non si sottrae affatto dalla logica di mercato della grande piazza (affari?). Allora, pur nel rispetto e comprendendo che una società nella società non è possibile, mi permetto di strizzare l'occhio ad una forma di ruralità che pur traendo in parte sostentamento dalla campagna (il che non significa fregarsene) si sofferma ogni tanto, e mica male fa, ad atteggiamenti anche contemplativi. Io sono convinto che tutte le attività umane cozzano con l'ambiente nel momento in cui rientrano nella logica del profitto...qualche esempio? pensa a certi tipi di pesca professionale e, non di meno, all'attività venatoria che si svolge a pagamento in certi paesi del mondo. Questa è "rural-economia"...ma è altro "affare". Saluti.
da massimo zaratin
17/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” quindi lei si riferisce a chi vive in campagna ma, della campagna, può fregarsene in quanto non ne dipende economicamente. limitandosi, pertanto, a un idilliaco atteggiamento contemplativo che non disdegna, a costo zero, di goderne i frutti. molto rurale, non c'è che dire... ricambio i saluti da f.modica
17/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Chi vive DI campagna spesse volte ha grosse, grossissime, colpe ambientali. Chi abita in città ed ha sempre fatto una vita di città, sognando però la campagna (a volte venendoci ad abitare), ha "sentimenti rurali" distorti, irreali, solo ideologizzabili. Chi vive IN campagna ma non ha alcuna necessità di "sfruttarla" da un punto di vista economico, pur godendone spassionatamente dei frutti, può permettersi di curare determinati valori affinchè anche i primi due ne possano beneficiare sotto tutti i punti di vista. A questi ultimi io mi riferisco! Saluti. da massimo zaratin
17/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” per inciso. nella mia azienda ho affrontato una battaglia impossibile, con la consapevolezza di un nichilista dell'antica russia, che conosce in anticipo la propria sconfitta, ma combatte lo stesso: mantenere sempre la dimensione umana. in teoria è semplice, ma lo diventa un po' meno quando - cosa che accade tutti i giorni - ci si scontra con le ragioni economiche. e allora le scelte più disinteressate e lungimiranti, spesso, debono andare a farsi benedire... dire no alla plastica, per esempio, ha un costo. che non sempre ci si può permettere. ripristinare le siepi con la macchia mediterranea vuol dire avere una speranza d'immortalità ed essere un po' incoscienti... ma sono sentimenti individualisti, personali. con questi non ci si fa certo un partito, o un movimento. al massimo un paio d'amici con cui litigare ogni due per tre... da felice modica
16/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” cacciatore da sempre, agricoltore da 8 generazioni, tutto questo attaccamento ai "valori rurali" lo vedo più nei cittadini colti che in chi vive di e in campagna. inoltre detesto la retorica. certo, la civiltà contadina ne ha espressi di valori, che andrebbero recuperati. ma zio benito diceva anche: "siate rurali, sarete più vicini al mio cuore..." non la butto in politica, né mi interessa aver torto o ragione. mi limito ad alcune osservazioni che derivano dall'esperienza e, anche nel mio caso (ma per espressa ammissione), da qualche lettura... da felice modica
16/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Mi ritrovo pienamente in accordo con quanto detto da Massimo Zaratin. Specifico che sono un "profondo conoscitore degli animali che mi circondano" (non mi definisco animalista perchè ritengo che tutto ciò che termina col suffisso -ismo e -ista sia in fondo solo negativo). Volevo solo far notare a Massimo che molte volte la dispersione dei valori rurali è stata causata da chi in primis viveva la ruralità. Ricordi l'avvento dei mobili di formica....? E hai mai notato che molte volte le discariche a cielo aperto (vecchi elettrodomestici e quant'altro...) sono realizzate proprio da chi in questo ambiente ci vive quotidianamente? Forse occorrerebbe inserire anche un programma di educazione di "non-sfruttamento" ( inteso come termine negativo) del territorio. Per il resto sottoscrivo pienamente. Una sola considerazione finale per tutti: il mondo non si divide solo in Cacciatori o Animalisti / Ambientalisti. Ci sono una marea di persone che amano sptt la legalità, valore che molte volte manca in entrambe le categorie. Grazie per l'attenzione. da Gianni
16/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” E se per una volta ci unissimo tutti, visto che bene o male ci riconosciamo un pò tutti anche se non nella totalità dei punti espressi da Zaratin e solo successivamente, al nostro interno spianare le piccole divergenze ed approfondire anche il bisogno che sentiamo di questo non ritorno ma nuovo ritorno? O stiamo ancora quì a mettere etichette politiche ad ogni iniziativa anche se la reputiamo giusta ! da Vittorio
16/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” caro Felice tu hai ragione, in parte, ma sicuramente Massimo ne ha più di te! ma siamo tutti fratelli rurali!! il punto vero è farla conoscere questa cultura rurale, qesta ruralità vera e lo si fa anche come fa Massimo Zaratin e come fai anche tu Felice. Il fine è unico: salvarci dal qualunquismo animal-ambientalista! da ispanico
15/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Purtroppo, non posso dare torto a Felice Modica! C’è un però! Innanzitutto l’”antiruralismo”, presente in tutte le società industrializzate, è stato molto più marcato in Italia (e forse continua ad esserlo) rispetto ad altre realtà europee. L’antiruralismo si esprime proprio con l’immagine di una civiltà contadina così come descritta da Modica. La vita di campagna è sempre stata vista esaltandone in particolare le qualità negative come appunto la povertà e l’ignoranza. Rea, ancora una volta, la cultura urbana che con i suoi giochi di potere ne ha tratto svariati interessi. Anche quanto descritto nel mio articolo è sicuramente frutto di una visione “moderna”, dipendente in parte dalla componente urbana presente in me. Possono però essere fatti dei distinguo. L’”uso” della campagna o della natura più in generale vede sempre e comunque l’uomo protagonista. Scopo del neo-coordinamento, ma anche delle nostre belle discussioni, sarà quello di capire, e far capire, se il “neoruralismo” come da noi inteso, rappresenta l’attore principale…perché, se non ce ne fossimo ancora accorti, il copione, per noi, l’ha finora scritto una cultura, quella urbana, senza conoscerne neppure la trama. Saluti.
da massimo zaratin
15/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” anche questi punti - in larga parte condivisibili - sono il frutto di una scelta culturale "neoruralista". derivano cioè da una formazione colta, fatta di buone letture, magari all'ombra di un faggio (o nel chiuso di una biblioteca?). poco, comunque, hanno a che fare con la tanto decantata "civiltà contadina". decantata da chi non ne ha conosciute, o preferisce sorvolare, le miserie e lo squallore. mi pare, in altre parole - ma forse sono solo malizioso - che pure questa "scelta di gruppo" (che brutta parola, il gruppo...) abbia una radice cripticamente urbana... lodevoli intenzioni, non c'è che dire, ma dubito che chi coltiva tali aspirazioni sia molto portato a condividerle in forma associata. l'individualismo è la nostra forza e il nostro limite. da felice modica
14/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” AGGIUNGEREI UN SOLO PUNTO. CREDENTI. NON DEL SIGNORE, CHE NESSUNO HA MAI VISTO. MA DELLE OPERE DA LUI CREATE E CHE NOI POVERI MORTALI SFRUTTIAMO. da DA PAOLO T FANO PU
14/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” LI QUOTO TUTTI ! da Arrigo
14/01/2010
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Re: Significato di “Cultura Rurale” Mi ritrovo in ogni punto. Trasformerei solo quela "Diffidenza" nei confronti della tecnologia in; "Non avere dipendenza dalla tecnologia ed avere spirito critico nell'accettarla". La diffidenza la vedo più come un'emozione caratteriale. da Silvano B.
14/01/2010
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