Si è concluso il processo civile contro l’uccisore dell’orso marsicano di Pettorano sul Gizio (fato che risale al 2014). Lo Stato e gli orsofili ne sono usciti vincitori: ma è stata vera giustizia?
La condanna – provvisionale – è infatti talmente pesante da suonare come spropositata, quasi peggio che se quella persona avesse ucciso un uomo! “25.000 Euro da risarcire ad ognuno degli organismi e autorità che si sono costituiti parte civile: Salviamo l’Orso, Parco Nazionale d’Abruzzo, WWF, LAV e Pro Natura” (ed è già stato richiesto il sequestro del quinto della pensione – di un pensionato ANAS!). La legge è legge ed è giusto che la si faccia rispettare, ma una tale pesante condanna si sarebbe giustificata solo a subirla fosse stato un VERO bracconiere, cioè, come quelli che in Alaska predano gli orsi bruni volontariamente e per una fine indiretto anche economico, ovvero con cognizione di causa, al pari di un assalitore di banca o di un omicida premeditato; ma condannare così una persona che ha sì ucciso un animale protetto (e che animale protetto!) solo perché, dopo varie aggressioni alla sua stalla, ha solo cercato di difendere i proprio interessi e, forse, anche la propria incolumità (quando un orso entra in una casa o in una stalla, non la si può né la si deve escludere!), bè, forse è troppo! Forse non è stata vera giustizia, e sembra piuttosto una vendetta, quasi una cattiveria. Tanto più che a subirne i danni non sarà solo la persona che ha sparato, ma tutta la sua famiglia, che dell’uccisione non può certo ritenersi responsabile. Ma soprattutto suona ingiusta per il fatto che i giudici non hanno saputo o voluto indagare sul come mai quell’orso anziché frequentare le proprie montagne come faceva un tempo, lui e i suoi compagni, si è ostinato a scendere nei paesi e a voler predare in quella stalla o pollaio; tanto più che i fatti precedenti e successivi a quello letale, sono lì a dimostrare che sì, qualcuno ha certamente sbagliato o non ha fatto tutto il proprio dovere! Ecco, invece ha pagato solo chi ha premuto il grilletto di quel fucile. Di solito per gli omicidi questo non avviene, e la magistratura va anche a cercare i mandanti o i responsabili indiretti, così da suddividere con loro la pena. Perché non lo si è fatto per l’uccisione di un orso? Ecco, anche solo per questo, quella pesante condanna agli occhi di tanti non suonerà come GIUSTIZIA FATTA! “La causa civile è ancora in corso” hanno scritto i media. Bene, non resta che sperare che i giudici di quest’ultima istanza dimostrino più moderazione di quelli delle Corti precedenti, anche perché gli stessi media sembrano aver capito che forse si è esagerato, visto che hanno scritto che: “come Leombruni, anche Centofanti confessò di aver ucciso l’animale protetto, ma accidentalmente. Dopo aver avvertito rumori provenienti dal suo cortile, uscì di casa armato di fucile, trovandosi di fronte un grosso esemplare, cadendo poi all’indietro e riportando una ferita alla tesa.
Nella caduta sarebbe partito il colpo che ferì gravemente il plantigrado, poi morto”. Una verità che forse non è proprio tale, ma che gli è molto vicina, se consideriamo lo stato psicologico della persona in quel momento. Che non è certamente quella di un sadico e deciso bracconiere come è stato dipinto! E, soprattutto, il fatto indiretto che se l’orso marsicano rischia l’estinzione non è più da tempo a causa di chi volontariamente ha voluto uccidere un orso (che poi sono stati casi rarissimi in Abruzzo, visto che la maggioranza è morta accidentalmente). E questo proprio grazie all’amore per quest’animale che il popolo abruzzese ha sempre avuto.
Franco Zunino