Ci risiamo a confrontarci con la PA la quale, in tema di armi, forte del principio che “la regola è che il Cittadino sia disarmato, tutto il resto è una eccezione”, talvolta (spesso?) trasforma il potere discrezionale in arbitrio.
In ragione, poi, che il popolo dei cacciatori è in declino per mancanza di ricambio generazionale, che gli sport con le armi sono una realtà di nicchia e che opporsi agli arbitrii ha costi elevati (TAR), tempi lunghi e risultati assai incerti, in molti casi la PA nemmeno subisce quella opposizione che sarebbe dovuta. Mi permetto quindi di scrivere queste due righe, partendo da un caso recente, per dare un paio di consigli a quanti di noi, malauguratamente, dovessero vivere contrasti in tema di licenze di polizia.
Il caso.
In estrema sintesi al Cittadino in questione venne notificata nel Novembre 2023 l’avviso di avvio di procedimento amministrativo teso alla revoca del porto di arma per uso sportivo. La motivazione indicata era che lo stesso, in “frequenti occasioni” era stato controllato “in compagnia di persone colpite da vari pregiudizi di Polizia, relativi a stupefacenti e a misure di prevenzione” e ciò induceva la Questura “a formulare una prognosi di inaffidabilità circa il corretto uso delle armi”.
Basito, il Cittadino fece immediata richiesta per l’accesso agli atti e, rimanendo questa inevasa, inviò per PEC una memoria difensiva nella quale raccontava (e documentava) ogni aspetto della sua vita. Vita esente da censure di ogni tipo.
Dopo questa PEC arrivò la risposta per l’accesso agli atti. Due fogli. Il primo consisteva nell’avviso dell’avvio del procedimento (documento già conosciuto in quanto notificato proprio a lui), il secondo era una Nota di PS del Luglio precedente dove si dava atto che il Cittadino era stato controllato... omissis… Nomi, date, tutto era cancellato, illeggibile. Di contro, a metà Gennaio 24, la Prefettura notificava il provvedimento di revoca del titolo di polizia.
Di qui il ricorso al TAR Lazio.
Neppure in sede di ricorso il Difensore del Cittadino ha potuto svolgere una difesa oltre il “piano tecnico”, perché nemmeno a questi (Avvocato), erano state fornite le copie in chiaro degli atti.
Solo all’approssimarsi dell’udienza cautelare, la Questura inviava all’Avvocature dello Stato una nota (due pagine) nelle quali in Dirigente estensore, oltre a sperticarsi sui soliti “mantra” (eccezionalità alla concessione di licenze in materia di armi, tutela della pubblica incolumità, discrezionalità posseduta dalla PA in materia, etc.), da un lato segnalava come “particolarmente insidiose” le condotte dei terzi coi quali il Cittadino era stato colto in compagnia, dall’altro mutava questi “pregiudizi” da “relativi a stupefacenti” a “spaccio di stupefacenti” (sic!).
Ma, finalmente, forniva i nomi di questi terzi e le date (ma non le circostanze! Sarebbe stato chiedere ancora troppo) dei controlli.
Il Difensore poteva così replicare compiutamente (cosa fatta, ovviamente, con controdeduzione integrativa depositata). Ma in cosa consistevano dette “frequentazioni” e detti “pregiudizi? Quattro persone. Quattro controlli.
Si noti che per “frequentazione” non è sufficiente che Tizio sia controllato assieme a Caio una volta sola. E per di più di giorno e sulla pubblica via. Occorrono ulteriori circostanze quali una pluralità di controlli (due o tre) ovvero una particolarità di circostanze (es. in auto, di notte). Poi, in cosa consistevano i “pregiudizi” di queste quattro persone controllate insieme al Cittadino?
1) Cittadino controllato in compagnia di Tizia, “pregiudicata” per guida in stato di ebbrezza nel 2005. Ma da un semplice accesso agli atti (Polizia Stradale di altra Città), è poi risultato che Tizia era stata semplicemente sanzionata per eccesso di velocità (che non costituisce reato e quindi non costituisce alcun “precedente”, né penale e nemmeno di Polizia);
2) Cittadino controllato in compagnia di Caio, “pregiudicato” ex art.75 DPR m309/90 (detenzione sostanza stupefacente per uso personale. Sanzione amministrativa e non penale) nel 2001 (e da allora ad ora trascorrono ben 22 anni) e per guida in stato di ebbrezza nel 2009 (ma il Difensore ha prodotto sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, quindi questo non è un precedente, invero è inesistente!);
3) Cittadino controllato in compagnia di Sempronio, “pregiudicato” ex art.582 c.p. (lesioni personali) e sottoposto alla misura degli arresti domiciliari. Da accertamenti del Difensore (nota di servizio degli operanti il controllo) sia il Cittadino che il Sempronio furono controllati (controllo documenti) e lasciati andare. Ma chi è agli arresti domiciliari, se esce sulla pubblica via, è un evaso! E deve essere immediatamente arrestato. Quindi, delle due l’una: o gli operanti che non hanno arrestato Sempronio hanno commesso una omissione di atti di ufficio, oppure Sempronio non era agli arresti domiciliari (come la Tizia di cui sopra non aveva mai guidato in stato di ebbrezza);
4) Cittadino controllato in compagnia di Mevio, pluripregiudicato ex art.73 DPR 309/90 (spaccio di sostanze stupefacenti). Invero Mevio era condomino del Cittadino, il quale, sentendosi minacciato, ebbe a chiamare i Carabinieri, che intervenuti generalizzarono tutti i presenti (relazione di servizio dei CC). Che poi la Questura ritenga che il Cittadino e Mevio si “accompagnino” è come dire che se il rapinatore Mario Rossi mi entra in casa e chiamo i CC che intervengono e prendono Rossi, poi la Questura potrà sostenere che io “frequento” il noto pluripregiudicato rapinatore Rossi…
In udienza per la sospensiva è stato fatto notare al Collegio anche come fosse vano il reiterato appello alla “pubblica incolumità” agitato dalla Questura la quale aveva bensì sospesa e poi revocata la licenza, ma mai ritirate le armi, rimaste in ininterrotto possesso del Cittadino (oppure temevano che questi potesse nuocere a qualcuno arrotolando stretta stretta la licenza per poi colpire il malcapitato?).
L’epilogo, per ora, è che con Ordinanza n.02229/24, pubblicata il 29.5.2024, il TAR Lazio, Sezione Prima Ter, ha accolta la domanda cautelare sospensiva ordinando l’immediata restituzione della licenza al Cittadino.
Nel merito, fissato per il prossimo mese di Dicembre 2024, si introdurrà anche l’argomento dello “elemento soggettivo”.
Ossia, quanto prima indicato (concetto “frequentazioni”, concetto “pregiudizi”, penali o di polizia, sono tutti elementi che o sussistono o non sussistono) attiene al concetto di oggettività, ossia all’esistenza o meno di una cosa sul piano materiale. L' “elemento soggettivo”, invece, attiene al piano del soggetto (il Cittadino) nella di lui consapevolezza.
La domanda da porsi è “come fare per conoscere lo stato di incensuratezza della persona che incontro per la strada”? O anche per la quale lavoro, con la quale lavoro, con la quale mi ritrovo nella stessa palestra, circolo, gruppo di genitori scolastico, etc. etc.?
Quale norma mi impone l’obbligo, in quanto titolare di licenza di polizia per armi, di richiedere ad ognuno di fornirmi casellario penale e certificato carichi pendenti? (che poi non sarebbero sufficienti perché, per la Questura, basta essere stati appena denunziati -quindi non ancora entrati in nessun certificato- ovvero avere ipoteticamente infranto una norma anche non penale, per essere considerati “inaffidabili”).
Il caso esposto mi rammenta uno poco meno recente (TAR Lombardia, Sez I^ distaccata in Brescia, Sent.316 pubblicata il 16.4.24) ove la Prefettura aveva negato l’accesso agli atti al Cittadino, al quale era stato imposto il divieto alla detenzione armi ex art.39 TULPS, ed al quale i Magistrati lombardi hanno accolto il ricorso motivando come “la Prefettura non può impedire l’accesso agli atti sui quali si basa un divieto di detenzione armi “per ragioni inerenti l’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”. Non siamo in Germania dell’Est”.
Nel caso appena esaminato la Questura è stata più sottile (“insidiosa”, come hanno amabilmente scritto loro), in quanto hanno apparentemente rispettato ogni norma procedurale, dall’avviso dell’avvio del procedimento all’accesso agli atti, salvo poi vanificare ogni diritto di difesa, dando tardivo accesso agli atti richiesti e fornendo atti inutilizzabili in quanto completamente oscurati (per tutela del diritto alla riservatezza di quei soggetti, per la stessa Questura pregiudicati, sui quali si fondava la sospensione e revoca della licenza).
Anche al suo Difensore, Avvocatura dello Stato, la Questura non ha indicato le circostanze dei controlli, come non ha chiarito al TAR la questione dell’essere, uno dei soggetti, agli “arresti domiciliari”.
Vero che in tema di armi non necessitano precedenti “giudiziali” per essere ritenuti “pericolosi”, di talché una segnalazione ex art.75 DPR 309/90, come preclude alla patente di guida, preclude anche alla licenza per armi. Ma la valutazione temporale (22 anni dall’episodio) è doverosa.
Incide su tutti noi anche la perversa sussistenza del “precedente penale” disgiunta dal “precedente di polizia”, ove questi due rami dello Stato non dialogano tra loro e, per l’effetto, l’imputato poi assolto esce dai carichi pendenti (Procura della repubblica), non entra nel Casellario Giudiziale (Tribunale), ma rimane a vita nella banca dati della Polizia! (A meno che non si faccia parte diligente e, con sentenza in mano, non si faccia cancellare. Ma chi lo fa? E soprattutto, chi lo sa?).
Ma più grave dell’assenza di comunicazione tra Uffici del medesimo Stato, orripila il “facere de albo nigro” realizzato dalla Questura, rappresentato dalla mutazione di una multa per eccesso di velocità in reato di guida in stato di ebbrezza.
Cari amici e colleghi, oltre al vivere in modo irreprensibile ed essere più che cauti a 360°, posso solo augurare a tutti di mai avere contrasti con la PA ma, nel malaugurato caso, vorrei che noi tutti non ci rassegnassimo, subendo inerti.