Come spesso accade a noi cacciatori non più alle prime armi, tengo in me vivo il ricordo di quella delegazione di college boys inglesi di “buona famiglia” che si ritrovarono sul lago di Corbara in Umbria un sabato di qualche inverno fa.
La delegazione era composta da 6 ragazzi che venivano ad apprendere e toccare con mano la tradizione sociale della “braccata” nelle sue varianti territoriali, di lì a poco dopo l’Umbria sarebbero stati in Toscana nelle zone della tradizione più autentica di caccia collettiva al cinghiale, in maremma meglio nota come “cacciarella”.
Maremma il posto in cui nei primi del secolo scorso addirittura l’americanissimo Buffalo Bill decise, con un approccio di marketing turistico che neanche era consapevole a quel tempo, di “sfidare” amichevolmente i Butteri maremmani per promuovere sé stesso e la tradizione ormai già “globalizzata” della Maremma DOP. Cacciarella ma anche territorio, colline, vino, mare e cultura enogastronomica “selvaggia”.
Oggi tra PSA, depauperamento anagrafico dei cacciatori, territori antropizzati e fattori sociopolitici è noto negli ambienti venatori che contano e quindi tra i decisori o quanto meno i promotori di azione politica nelle istituzioni pubbliche si sta sempre di più percorrendo la strada del cosiddetto “cacciatore specializzato” promuovendo sempre più (ma attenzione alla qualità...) una formazione specifica orientata alla trasformazione della caccia versus la “selezione”, anche per il cinghiale.
Come sempre, il progresso non è mai un “malus” bensì il volano di ulteriore progresso e la caccia di selezione è innegabilmente il futuro della caccia ma chi se ne occupa deve evitare che diventi solo “ciò che rimane della caccia” in pochi anni. Per questo motivo riterrei utile valorizzarla la braccata invece di mandarla in pensione e semmai, se la dinamica demografica lo imporrà, ridurre i numeri o ampliare le regole che governano le girate che in fondo non sono altro che mini-braccate anche se si “camufferebbero” se già non lo fanno…in selezione e controllo.
Nulla mi toglierà dalla testa che, il vociare urlante delle mute di maremmani, le giacche di fustagno, le doppiette, i baffoni del bracchiere esperto e talvolta il corno che risuona e fa eco nei calanchi, siano straordinari ingredienti di valorizzazione di qualcosa che è autenticamente Made in Italy per l’appunto in Italia e nel mondo con il suo retroterra di percorsi enogastronomici e il turismo green per il Bel Paese.
Anzi, pur rispettando le norme di sicurezza individuali sarebbe “bello” come avviene in alcuni sport, tipo la scherma tradizionale, che vengano riproposte di tanto in tanto “cacciarelle autentiche, tradizionali appunto con tutti i crismi di ciò che si vede ancora nelle foto d’epoca e nella letteratura settoriale e socio antropologica.
Stiamo parlando di un manifesto fascinoso e apprezzato dal turismo di qualità di tutto il mondo anche dalle nuove potenze economiche con tutto ciò che comporterebbe per l’indotto del nostro settore. Come avrebbe detto Bruno Modugno “alla faccia di chi ci vuole male” ma anche se possibile” almeno questa volta per la faccia di chi ci guarda bene...”
Andrea Severi
Presidente Wilderness – Enalcaccia ROMA