Se tracciare è un’arte, “l’Assestare” - come viene chiamata in Maremma l’esatta individuazione dei selvatici con precisione estrema - è davvero lo stato dell’arte, l’eccellenza. Perché dobbiamo fare un netto distinguo tra l’individuare i selvatici in un bosco di duecento ettari o accertarsi con certezza matematica che un solo cinghiale si trova rimesso in un roveto di poche decine di metri quadrati!
Cercare, trovare e soprattutto saper interpretare le tracce lasciate da un branco di cinghiali in una zona ricca di animali non è affatto difficile. L’abilità di un traccino – tracciatore la si vede quando invece riesce a scovare ed a seguire le tracce lasciate da un solo cinghiale in una zona dove di animali ce ne sono pochi o quasi niente. Spesso un buon tracciatore è in grado di trovare un’unica, flebile traccia di capirne quanto pesa l’animale che l’ha lasciata, di riconoscerne il sesso e di capire addirittura se quando l’animale l’ha lasciata era calmo, nervoso oppure inseguito. Poi, se le condizioni atmosferiche e la morfologia del terreno lo permettono, un abile traccino è capace anche di seguire quella traccia fin dove s’è rifugiato il selvatico.
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Sono nato e cresciuto nella Maremma Laziale, dove è nata la cosiddetta “Cacciarella”, o caccia poverella come la chiamavano i vecchi cacciatori visti i carnieri di una volta, una forma di caccia al cinghiale molto spettacolare, emozionante e coreografica che può vedere impegnati un numero assai variabile di cacciatori. E’ infatti possibile praticarla sia con striminzite squadrine di cinque - sei persone sia con un esercito di centocinquanta e più cacciatori. Di solito la media degli iscritti ad una squadra regolarmente iscritta presso la provincia competente, varia dalle trenta alle sessanta unità.
In certe zone della Maremma e dell’Appennino, dove ancora esistono delle grandissime tenute private, di solito, un paio di volte l’anno i proprietari organizzano delle fantastiche battute al cinghiale. In quelle occasioni mondane, i partecipanti sono veramente tanti, quindi si circondano interi corpi di macchia, spesso di centinaia d’ettari, e poi si liberano orde di cani. Indipendentemente dal fatto che le battute si svolgono esclusivamente in zone riservate e considerata l’enorme estensione del territorio, un congruo carniere è sempre assicurato, ma quando invece si è in otto – nove cacciatori a cercare di “armare” una Cacciarella, il tratto di macchia da battere deve essere ridotto al minimo. Solo così si avranno buone probabilità di trovare e soprattutto di abbattere almeno un cinghiale.
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Per cercare di limitare il tratto di bosco da battere, è fondamentale individuare con il minor scarto possibile dove sono le lestre, i rifugi dove si rimettono i cinghiali. Ed anche per esser certi, che una volta trovati gli animali, fuggano verso dove sono appostati i pochi cacciatori, bisogna conoscere alla perfezione le strade che sono abituati a percorrere. Forse non tutti sanno che durante una battuta, indipendentemente dal grande lavoro svolto da canai, bracchieri e braccaioli e dalla direzione del vento, nel novanta per cento dei casi i cinghiali cercheranno sempre di sottrarsi all’accerchiamento percorrendo sentieri e tratturi a loro noti. Non a caso in diverse squadre di cinghialai toscani è in vigore la vecchia e buona usanza che chi va a tracciare può scegliere dove mettersi di posta.
Come già detto, un buon tracciatore deve essere in grado trovare una traccia e soprattutto deve essere bravo a risolvere subito il primo, fondamentale enigma: è una traccia stata lasciata di recente oppure è “vecchia” di giorni? Specialmente quando il terreno è troppo bagnato o troppo asciutto non è facile distinguere se un impronta è stata lasciata da un cinghiale quando è rientrato nel bosco al mattino, o di quando n’è uscito la sera tardi. O addirittura se è di qualche giorno prima. A volte é molto facile confondersi così, per essere certi di non sbagliare, si deve ricorrere all’infallibile aiuto di un ausiliare esperto. Un buon cane, è determinate nell’interpretazione di una traccia, dal suo comportamento si capisce se l’impronta trovata merita d’essere seguita oppure no. Poi c’è da fare una netta distinzione tra l’individuare una traccia vera o un semplice “segno di presenza”. Non è detto che ambedue siano degli indizi utili su dove cercare i cinghiali. Vedere un po’ di movimento quà e là ed il tracciare seriamente una zona dove vorremmo organizzare una battuta, non è la stessa cosa. “I cinghiali li devi cercare in camera da letto dove vanno a dormire e non in camera da pranzo dove sono stati a mangiare!” Questo è un vecchissimo proverbio maremmano, che sta a significare che i cinghiali vanno cercati dove si sono rintanati a riposare e non dove sono stati a mangiare. Ormai dovrebbe essere noto a tutti che un branco di cinghiali, anche molto numeroso, nell’arco di una nottata può percorrere decine di chilometri.
Il Re della Macchia è un nomade molto tenace che durante le sue scorribande notturne fa i giri più impensati. E’ capace di andare a cibarsi a distanze considerevoli dai suoi abituali rifugi solo per il gusto di farlo senza nessun apparente motivo. Quindi, per il buon esito della caccia, la tracciatura deve essere presa sul serio e devono farla dei professionisti, perché è in funzione del loro lavoro che si organizza la battuta. Un aspirante tracciatore non dovrà MAI andare a tracciare stando comodamente seduto nel fuoristrada, come non dovrà MAI controllare i campi da lontano con un binocolo. Le cosiddette Rumate (in dialetto laziale) e le Scaugliate e Grufolate (in gergo toscano) sono soltanto dei segni di presenza, nient’altro. L’ Assestatura deve essere fatta per bene “alla tonda”, il tracciatore deve fare il giro completo del bosco e ritornare precisamente dove ha iniziato la cerca.
Vi sarete accorti che parlo sempre al singolare perché il traccino, il tracciatore .. l’Assestatore deve essere solo se vuole svolgere un buon lavoro, perchè ha poche occasioni di distrarsi e ancora meno di confondersi. Quando si deve tracciare una macchia, un bosco o un’intera montagna bisogna farlo totalmente, senza tralasciare di controllare nessuna zona, anche se a prima vista potrebbe sembrare molto improbabile il transito degli animali Le impronte vanno cercate, trovate, identificate e.. contate; quelle che indicano che i cinghiali sono usciti dal bosco come quelle che indicano che gli animali ne sono rientrati.
Se durante la tracciatura si avvistano due entrate e due uscite, bisogna riconoscere quali sono quelle fresche e quali quelle vecchie perché le probabilità che i cinghiali siano rimessi all’interno della macchia sono al 50%. Mentre se troveremo due serie d’impronte in uscita e ben tre in entrata, non ci sarà possibilità d’errore! E’ praticamente matematico che i selvatici sono dove speravamo che fossero. Tra le tracce vere e proprie, quelle da prendere in considerazione e da seguire per intenderci, ed i “segni di presenza, metterei anche il controllo degli insogli, quelle pozze d’acqua e fango dove i cinghiali vanno a rotolarsi sia in estate sia in inverno, per cercare refrigerio ma in particolare per combattere i parassiti esterni.
Di solito i cinghiali amano “insogliarsi” in un bel bagno di fango poco prima di andare a rimettersi nelle loro lestre. Se ci accorgiamo che un insoglio è stato visitato da uno o più animali, state certi che non sono andati molto lontani. Vi sarete accorti che mi sono preoccupato di descrivere come va fatta una regolare tracciatura a fine “venatorio”, non c’interessa censire, contare o controllare le popolazioni ungulate della zona, quelle sono operazioni che vanno fatte in altre occasioni. La tracciatura è talmente importante nella caccia al cinghiale, che spesso il “bottino” annuale di una squadra dipende da come sono state le condizioni meteorologiche. Se non avrà piovuto molto e quindi di tracce se ne saranno viste poche, le possibilità di fare carniere saranno molto ridotte.
Marco Benecchi
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