Dopo oltre mezzo secolo di caccia al cinghiale in battuta, sono felice di potervi confidare che finalmente ho partecipato alla Battuta perfetta! La battuta a cui tutti i veri appassionati di caccia collettiva al Re della macchia mediterranea vorrebbero partecipare almeno una volta nella vita, dove ogni cosa è semplicemente perfetta sotto ogni punto di vista, come la bellezza del territorio, la direzione millimetrica del vento, le condizioni meteo ideali, la bravura assoluta e infallibile dei cani e soprattutto l’altissima serietà e competenza di tutti i partecipanti.
Nessuno escluso! Il bello è stato che questa memorabile cacciata non si è svolta nei boschi dell’Alto Lazio o della Bassa Toscana dove normalmente pratico da tanti anni la Cacciarella ai cinghiali, ma nell’entroterra un po’ più discreto e riservato del grossetano, in uno splendido tratto di bosco che circonda Montiano, una piccola frazione del comune di Magliano in Toscana, il famoso centro storico d’interesse nazionale. Magliano è un meraviglioso Borgo ad un tiro di schioppo dal grande Parco della Maremma, meglio conosciuto come il Parco dell’Uccellina. Le sue macchie sono caratterizzate da un sottobosco intricatissimo, il famoso “forteto”, quello che ha ispirato il Niccolini e Bruno Modugno per le loro belle opere letterarie; il regno incontrastato del cinghiale Maremmano, dell’elusivo capriolo, dell’imponente daino, della lepre italica e della volpe, della beccaccia, del colombaccio e degli ultimi veri fagiani.
Questa è la vera Macchia Mediterranea fatta di lentisco, di corbezzolo, di cerro, di ornello, di crognolo, di leccio, di olivo selvatico, ma anche di querce e sughere secolari, divenute, a ragione, un patrimonio culturale. Montiano è circondato da grandi e ricche riserve di caccia che fanno da polmoni pompanti di nobile selvaggina nelle zone di caccia assegnate alla squadra Il Poderone, di cui il mio carissimo amico Cristian è l’attuale Capocaccia. Ammetto di essere sempre stato un “fatalista”, un uomo che crede molto nei bizzarri scherzi del destino, in quel “nonsocchè” che negli anni mi ha fatto incontrare tante brave persone, accomunate dalla stessa passione, molte delle quali residenti in altre regioni d’Italia, altre addirittura all’estero. Strano ma vero, nel corso dei decenni anni ho avuto l’occasione di instaurare profonde, sincere e durature amicizie con della gente conosciuta per puro caso… Come appunto è accaduto con Cristian e poi con tutti i componenti della squadra Poderone! Non finirò mai di ringraziare il giorno in cui strinsi per la prima volta le mani a Cristian, a Lupo, a Lupino suo figlio, a Dieghino, a Yury, a Gianfranco, Edo e a tutti gli altri. E’ stato molto bello vedere come delle persone appena conosciute possano discutere del più e del meno per pochi minuti e poi sentirsi subito affiatati e in confidenza come se lo avessero sempre fatto, come se fossero amici di vecchia data. Fu un amico comune, Mirto, a presentarmi per la prima volta al giovane Capocaccia, definendomi come un bravo e appassionato “ragazzone sessantenne”, desideroso di far parte della loro confraternita senza pretese, impegnandomi ad accettare tutte le condizioni imposte dal gruppo come ospite, ma anche con diritti e doveri uguali a tutti gli altri. Quella squadra mi piacque subito. Sicuramente anche grazie alla piccola notorietà acquisita in tantissimi anni di Articoli cartacei e On Line e alle mie innumerevoli apparizioni sul Canale televisivo Caccia & Pesca e su You Tube, venni considerato abbastanza esperto da non meritarmi la solita rinfrescata sulle regole basilari della caccia in battuta e sulla sicurezza in generale e quando venni chiamato per partecipare alla battuta di fine anno ci andai eccitato, come se fossi un novellino. La giornata si preannunciava buona perché il tempo era semplicemente splendido. Nel cielo reso terso dalla bassa temperatura non c’era l’ombra di una nuvola. Dalle colline più alte si poteva intravedere sia il golfo dell’Argentario che il piccolo paesino marinaro di Talamone.

Tirava una leggera brezza di Tramontana e le previsioni erano ottimiste per tutta la settimana. Il rialto della squadra il Poderone è molto bello, oserei dire adatto anche per trascorrerci una festa con le famiglie se non addirittura il cenone di Capodanno. Nel vecchio ma capiente e pulito capannone metallico, non mancano certo i comfort, ci sono persino un piccolo Bar e un’attrezzata cucina. Appena mi videro mi offrirono subito un caffè, un pezzo di pane e salsiccia ed anche una manciata di noci. Poi, mentre familiarizzavamo, qualcuno mi espose i suoi problemi balistici e dovetti persino pulire e aggiustare alla meglio un paio di fucili. A Dieghino sostituii addirittura la fibra ottica rotta del mirino della sua BAR. C’era chi aveva l’ottica della carabina da tarare, chi mi chiedeva quale palla preferissi per il cinghiale, chi voleva un consiglio su quale carabina comperare e così via. In men che non si dica ero diventato uno di loro, un componente della squadra del Poderone ed ero felicissimo di esserlo.
Dopo aver sbrigato tutta la burocrazia necessaria e fatto il sorteggio delle poste, partimmo alla volta di un bosco dalla forma singolare, sembrava proprio un “panettone”. Una collina perfettamente circolare sormontata da una villa di una bellezza mozzafiato, tutta costruita in pietra a faccia vista, come quelle che si vedono nei depliant della Costa Smeralda, che solo pochi fortunati milionari o oligarchi russi possono permettersi! Invidiai il fortunatissimo proprietario sia per la bellezza dell’immobile sia per la posizione davvero splendida. Cristian mi confidò che era stata proprio una segnalazione dei proprietari a fargli scegliere quella zona da battere. Dalle tracce e dagli avvistamenti visivi sperava di trovare in quella collina un bel branco di cinghiali, poi la bravura delle poste e dei canai avrebbero dovuto fare il resto. Cristian e Lupino, alias Diego, dopo aver diviso tutti i cacciatori tra canai, battitori-strilloni e poste, ci schierarono strategicamente tutto intorno al bosco, stando sempre attentissimi alla direzione del vento e alle ipotetiche vie di fuga degli animali. Quella fu una delle rarissime volte, specialmente in Toscana, dove non vidi schierare decine di poste inutilmente a vento “cattivo”, con la brezza che tira alle spalle dei cacciatori appostati. Al loro posto furono messi pochi Strilloni e qualche canaio. Definiti gli angoli di tiro e date le ultime raccomandazioni sul “parare i cani” in caso di padelle per mantenerli all’interno della cacciata, si aprirono le danze, nel senso letterale della parola, perché quel che seguì fu un vero e proprio concerto, anzi.. una sinfonia! Un’altra cosa che mi piacque moltissimo fu il liberare un solo cane solista e non un orda di “mezzicani e cuccioloni”, molto difficili da recuperare semmai fosse accaduto di cambiare zona velocemente. Diego sciolse un fuoriclasse, aspettò che trovasse i cinghiali con un abbaiata a fermo da manuale e soltanto dopo essere certi che il branco che stavamo cercando fosse rintanato nel bosco giusto, diede disposizione per liberare il resto delle mute. Più la battuta prendeva la piega giusta più mi sorprendevo dell’impeccabile organizzazione della squadra del Poderone. Nulla era stato lasciato al caso. Io ero armato con la mia fida BAR Composite Long Trac calibro 30.06 dotata di collimatore Leica Tempus2 montato su base Contessa, mentre Maurizio alla mia sinistra sfoggiava un vecchissimo Beretta serie 300 cal. 12 e Luca alla mia destra aveva uno splendido Express sovrapposto Koning Zanardini cal. 9,3 x 74 R. Non poteva esserci assortimento armigero più variegato! Quando si svolgono battute simili, i cinghiali con la “C maiuscola”, lo capiscono subito che nell’aria c’è qualcosa che non va e si mettono sul chi vive. Infatti non è affatto raro che qualche capo cerchi di allontanarsi furtivo dalla zona. A volte ci riesce, sorprendendo i cacciatori meno esperti, altri invece, quando incontrano cacciatori più scafati, hanno meno fortuna..
Il primo a tirare fu proprio Maurizio, che non si fece sorprendere da una grossa scrofa. Poi sparai io e parecchi altri amici. Tramite le radioline, ma anche attraverso le grida dei bracchieri, fummo informati che i cinghiali erano molti e che la battuta si stava svolgendo alla meglio, come da copione. L’abbaiare a fermo e le canizze erano praticamente costanti. Dato che il 90% delle poste erano state messe in campi aperti, fu una goduria vedere diversi cinghiali solcare prati ed erbai come motoscafi. Credo che tutti i cacciatori che quel giorno parteciparono alla battuta, alla sera dovevano avere le braccia indolenzite per quanto tempo erano dovuti stare col fucile imbracciato. La cacciata infervorava su tutti i fronti, con la giusta dose di berci, di spari e anche di imprecazioni. Una giovane capriola nel passarmi accanto mi venne quasi addosso. Due cinghiali li aveva abbattuti Maurizio, uno io e tra Luca è Edo ne era passato uno incolume. Sarei stato felice di tirare ancora, come non ammetterlo ma ero comunque soddisfattissimo cosi. La percentuale dei tiri era stata ottima, con più morti che feriti o padellati. Nonostante il flusso di canizze nelle vicinanze fosse pressoché continuo, non riuscii più a sparare un colpo, ma la coreografia della battuta era talmente perfetta da farmi avere sempre il sorriso sulle labbra.
La Chicca della giornata arrivò poco dopo, quando per radio udii una delle frasi più belle che abbia mai sentito in tantissimi anni di caccia al cinghiale in battuta: “Cristian! Questo cinghiale ci sta facendo morire, non riusciamo a mandarlo alle poste, cosa dobbiamo fare? Abbiamo l’autorizzazione a potergli tirare?”. A parlare era Lupino, il Capobracca, che da professionista ultra super serio non aveva neanche ipotizzato che un canaio sparasse dentro ad un cinghiale prima di aver tentato in mille modi di spingerlo verso le poste. Cosa impensabile in moltissime squadre, dove sono proprio i canai quelli che alla fine hanno fanno i numeri maggiori di abbattimenti. Udire quelle parole fu una vera felicità! “Cristian si concesse pochi attimi per fare il punto della situazione poi diede via al tiro, che venne eseguito poco dopo con successo! Una mezz’ora più tardi il suono del corno decretò la fine della battuta e ai cacciatori particolarmente lontani fu detto a voce, anche tramite radio. Scaricai la BAR, misi il coperchio al Leica e la riposi nel fodero tutto rigorosamente in sicurezza. Poi, dopo esserci congratulati reciprocamente coi vicini di posta, c’incamminammo per andare a pranzo perché ero anche affamato. E’ raro che arrivi a quell’ora senza aver mangiato nulla ma, credetemi, quel giorno sono sicuro che nessuno devesse averne avuto il tempo. La battuta era stata veramente molto intensa e m’incuriosì conoscere la consistenza finale del tableau. Dai colpi sparati, anche considerando “pessimisticamente” un capo abbattuto, ogni cinque colpi tirati, doveva essere stato fatto un gran bel carniere! Al rialto ci ritrovammo tutti, comprese anche alcune mogli accompagnate dai loro figlioletti. Dite la verità? Quante volte vi sarà capitato di ritrovarvi a spezzare i cinghiali in compagnia di signore che chiacchierano tra loro e di bimbi e bimbe che giocano? Credo davvero pochissime volte.
Ecco, questo è l’ambiente del Poderone e di Montiano, dove la gente lavora sodo tutta la settimana per festeggiare il sabato e la domenica nei boschi spesso anche con la famiglia. Ripensando a quella memorabile battuta e a volerla catalogare nel mio album dei ricordi non potevo che definirla come la Battuta Perfetta! Perché così è stata dall’inizio alla fine, o forse anche da molto prima visto il grande impegno che Cristian & Company ha dovuto metterci per organizzarla. Cos’altro dire.. arrivederci alla prossima… e In bocca al lupo a tutti!
Un ringraziamento particolare devo farlo a tutta la squadra PODERONE di Montiano per la sincera amicizia dimostrata, per avermi accolto come uno di loro e per avermi regalato dei momenti veramente indimenticabili.
GRAZIE A TUTTI
Marco Benecchi
