Quando una verità quasi antica viene infine rivelata! La politica della Wilderness, ovvero la linea filosofica di questo movimento o, in Italia, associazione, non è mai stata contraria alla caccia. Un’attività outdoor, come ormai si usa anche da noi definire le pratiche ricreative in natura o all’aria aperta (alpinismo, escursionismo, cicloturismo, equitazione, ecc.), che al pari di tutte le altre si concilia col rispetto del mondo naturale.
Per questo l’AIW non ha mai contestato il diritto di praticarla, come non contesta il diritto di praticare tutti gli altri sport ed attività. Purtroppo, almeno in Italia, un preponderante animalismo ha finito per fare ostracismo a questa pratica per la mera ragione che comporta l’uccisione di animali.
Una motivazione in realtà assai discutibile, perché, in forma indiretta anche tutti gli altri sport ed attività all’aria aperta se non ammazzano, fanno ugualmente morire animali (solo che chi li pratica spesso non lo sa o, peggio, finge di non saperlo per evitare di dover rinunciare ai loro egoistici ludici piaceri!). Succede quando agli animali selvatici si rende difficile, o finanche gli si impedisce, di riprodursi (vedasi il caso dei falchi e degli arrampicatori), o in inverno li si obbliga a stressanti spostamenti, o si costringe l’orso bruno marsicano a disperdersi e, quindi, a rendere difficoltosa l’incontro tra i sessi per la riproduzione, o spingendolo a spostarsi in aree dove non godendo più di accettazione da parte della gente locale se ne favorisce le uccisioni per paura o per rivalsa dei danni arrecati.
Per non dire del fatto etico che, non consentendo certi abbattimenti o facendo ridurre il prelevamento di selvaggina attraverso i vari divieti, si aumenta l’uccisione di animali di allevamento per le necessità alimentari. Perché, in pratica, ogni capo di selvaggina ucciso e macellato è un capo in meno di animale domestico allevato apposta per essere ucciso a scopo alimentare! Col fatto eticamente ancor più negativo, che se la selvaggina vive libera fino alla sua morte ed ha anche la possibilità di farla franca, gli animali domestici vengono allevati apposta in cattività, e così mantenuti fino alla loro uccisione, alla quale non possono in alcun modo sottrarvisi! Peccato che far capire questa distinzione etica a chi non va a caccia, e/o anche la aborre, non sia cosa facile. Ma non è cosa facile anche perché il mondo della caccia non ha nulla da contrapporre a propria giustificazione per il prelievo di animali selvatici che la legge gli consente di fare, ma che eticamente può essere (come è!) discutibile. Una motivazione che da quando l’AIW esiste ha sempre portato avanti cercando invano di farlo capire al mondo venatorio.
Purtroppo, diciamo noi, con ben poco successo e anche comprensione, ostinati come sono i cacciatori a pretendere che la società civile accetti passivamente il loro diritto alla caccia senza che essi diano nulla in cambio (a parte il saldo di una tassa). Cosa che non è accettabile, e che non potrà mai essere accettato. E proprio perché tocca l’aspetto etico-morale di ogni cittadino! Per giungere al senso del ragionamento scaturito dalla lettura del risultato dell’ultimo sondaggio in merito eseguito dalla società di consulenza NOMISMA su incarico della Federazione Italiana della Caccia, il cui risultato non può certo dirsi positivo per i cacciatori (solo “il 41% dei cittadini è favorevole alla caccia, contro il 48% dei contrari”), ecco un’analisi critica dell’AIW.
Innanzi tutto la soddisfazione di notare come il risultato primario del sondaggio confermi quanto l’AIW ha sempre intuitivamente dato per scontato pur senza quegli elementi di prova che oggi ci porta NOMISMA. Poi, il fatto che conferma quanto l’AIW ha sempre sostenuto, ovvero, che: o la caccia sarà in grado di contrapporre qualcosa di utile e condiviso per la società civile anche non cacciatrice, o sarà sempre osteggiata, nel senso che dovrà continuamente sentirsi criticata e vilipesa e con continue richieste di abolizione!
Una visione/intuizione dell’AIW che è stata anche dimostrata dallo stesso sondaggio di NOMISMA, quando nel suo commento ai risultati asserisce che «Le principali critiche mosse al settore riguardano il non contribuire a mantenere vitale l’ecosistema e la natura (58%), il non prendersi cura dei luoghi in cui si caccia (55%), il non contenere il fenomeno del bracconaggio (50%), il non rispettare leggi e regole (48%) e il non essere attenti a conservare la biodiversità (44%)».
E particolare importanza va data al: “non contribuire a mantenere vitale l’ecosistema e la natura, non prendersi cura dei luoghi in cui si caccia, non essere attenti a conservare la biodiversità”! In pratica, tre percezioni che si possono racchiudere nell’ostinata e ormai annosa proposta/richiesta a che il mondo della caccia contribuisca alla politica delle Aree Wilderness, la cui designazione racchiude proprio, e potrebbe dare, una concreta risposta e/o soddisfazione alle tre succitate critiche!
Ripetiamo, purtroppo il mondo della caccia ha sempre avuto il terrore, e anche quasi la vergogna (quasi un tabù, farlo!), di occuparsi della difesa dei propri territori di caccia (da non confondersi con la gestione degli habitat, che tutt'altra cosa, non poche volte anche criticabile!), mentre è proprio questo che potrebbe e dovrebbe fare la differenza, come indicò Aldo Leopold quando diede corpo alla prima Area Wilderness del mondo, scrivendo che essa doveva essere: «Una distesa ininterrotta di ambiente preservato nel suo stato naturale, aperta ad una caccia e ad una pesca legittime e lasciata priva di strade, sentieri modernizzati, strutture turistiche ed altre opere dell’uomo».
Oggi NOMISMA, costretta a farlo grazie alla decisione di Federcaccia di incaricarla del suddetto sondaggio, ha dimostrato – rivelato – come anche in Italia quell’ormai quasi antica verità espressa dalla visione del grande ecologista, forestale, biologo, cacciatore e conservazionista, sia l’unica via che potrà condurre la società civile ad accettare la caccia e, quindi, a salvare la caccia! La stessa NOMISMA nel suo sondaggio ha rivelato come se in Italia i praticanti la caccia sono in regressione, nelle nazioni dove il mondo della caccia si occupa anche e proprio delle suddette “mancanze” i cacciatori sono in aumento (e la caccia non è osteggiata, come ad esempio avviene negli USA, dove i cacciatori possono finanche agire in aree protette).
Franco Zunino
Segretario Generale AIW