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dic6 06/12/2010
Proprio stamattina, costretto al divano di casa da una fastidiosa influenza stagionale - cosa che puntualmente capita quando prendo le ferie per dedicarmi alle mie regine - ho ricevuto la graditissima visita di mio nonno acquisito, il nonno della mia consorte: uomo buono, di quelli di altri tempi per capirci, di quelli che parlano poco e quando lo fanno ti imbastiscono un teorema, dimostrabile in tutto e per tutto come verità infallibile. Vedendomi sul divano a guardare la caccia in TV, ha pensato bene di sfottermi un po’ e tra una risata e uno sfottò mi ha detto delle cose che mi hanno fatto riflettere come un vangelo, cose che mi hanno fatto pensare che basta poco per farcela, non servono riserve, oasi e leggi restrittive, ma solo tante braccia che lavorano e collaborano senza se e senza ma… tutto qui. Ha iniziato la sua storia raccontando quando in fanciullesca età, a cavallo tra le due guerre il tempo si trascorreva ad aiutare la famiglia nei campi e con gli animali, unica fonte di proteine e calcio. Mi raccontava di luoghi che non cito perché talmente sconosciuti che stento anch’io a capire dove siano, se non per qualche riferimento ricevuto andando con la squadra cinghialaia cui appartengo, dove nel dopoguerra grazie ad un'azienda forestale che dava lavoro alla gente del posto, vennero attuate bonifiche e rimboschiti pascoli. Mi diceva proprio che prima che l’Opera Sila, questo il nome dell’ormai “fu” ente – poi smobilitato dalla politica – piantasse infinite distese di conifere, le zone a pochi chilometri da casa mia fossero letteralmente invase da pernici, starne, lepri italiche e fagiani, mentre di rado c’era qualche cinghiale e, ancora meno i cervidi e le volpi. Mi raccontava come durante le ore di pascolo delle greggi erano svariate le volte in cui i branchi di starne si alzavano in volo dagli erbai misti a stoppie; come quando mietuto il grano, alzati i covoni, doveva dormire la notte vicino a questi per evitare che le lepri, a decine, si avvicinassero ai covoni per mangiare le spighe mature, e mi diceva che sceglievano sempre le più mature e grosse. Mi raccontava come durante il giorno dovevano stare vicino alle galline nell’aia perché le aquile, ancora presenti sulla Sila, si lanciavano sui polli più belli per portarseli via e di come allevavano i corvi vicino casa per evitare le intrusioni di bisce, vipere e serpi; di come l’allevamento dei gatti servisse davvero alla cattura dei topi ma anche a sfamare la famiglia quando c’erano tempi di magra (che erano più frequenti di quanto si pensi); di come allevare un cane che facesse tutto, guardia, caccia alla penna e caccia alla lepre… Insomma mi raccontava di uno spaccato di vita passata che forse ho letto solo su qualche libro ma mai udito dalla bocca di chi ha vissuto giornate intere con un tozzo di pane duro e una mela, chi a Natale riceveva come regalo un’arancia o una pallina di fichi bolliti e tenuti raccolti in una foglia di fico (cose che adesso si vendono ai negozi come prelibatezza e rarità), e mi immedesimavo in quel ragazzo di più 80 anni che nelle parole smorzava lacrime di dolore per una fanciullezza non vissuta, per tante persone care che meno fortunate di lui (o forse più fortunate) non hanno conosciuto il futuro, non hanno visto come in nome del Dio denaro abbiamo quasi distrutto il mondo. All’epoca non c’erano periodi di caccia, Atc, calendari venatori, art.842 e nemmeno una corrispondente dell'odierna Brambilla… c’era solo rispetto per gli animali che quando venivano uccisi per fame si pregava per loro, ci si faceva il segno della croce in segno di ringraziamento ma anche per redimersi dal gesto compiuto e non c’era nessuno che diceva che la caccia fosse crudele. Il cacciatore era un uomo normale come tanti altri e non aveva colpe se il mondo stava cambiando. Poi ci fu la grande guerra, gli aerei volavano bassi sulle loro teste mentre combattevano fra loro, i bossoli vuoti che cadevano da grandi altezze, le bombe inesplose che giacevano lì nei campi e gli animali che fuggivano dai pascoli per perdersi spesso nei boschi per giorni e giorni, e solo qualcuno più fortunato non finiva preda dei famelici lupi che erano più vicini alle case di quanto si credesse… Qualcuno moriva di fame o stenti altri di malattie all'epoca non così facili da curare, altri invece, come una sua sorella, sono morti colpiti dai fulmini quando un violento acquazzone estivo stava bagnando il bucato e, accorsi per raccogliere tutta la biancheria non hanno avuto più il tempo di rivedere il sole bello e luminoso. Alla fine della guerra, quei pochi rimasti vivi sono tornati per riprendere in silenzio il lavoro dei campi, nessuno ha mai raccontato delle barbarie viste o subite in guerra, ma l’unico pensiero era lavorare la terra. Qualcuno più fortunato aveva disinnescato qualche bomba inesplosa per ricavarne spesso un po’ di polvere per ricaricare le cartucce, qualcun altro meno esperto no. Ma tutto era fatto in funzione della famiglia e della collaborazione tra le genti, per risollevarsi e vivere. Quello che non mancava mai era il rispetto per la natura e il mondo rurale tutto. Dopo quasi due ore di parole e di storie affascinanti mi ha detto, quasi a denti stretti: “Figlio mio, oggi non è più così, vedi non vale la pena nemmeno fare l’orto perché c’è sempre qualcuno che si lamenta per gli insetti, l’umidità, il dottore che dice che devo stare seduto, come se dovessi aspettare la morte… che venga per lui prima di me. Io devo vivere e non posso lasciare ancora quello che ho costruito, non ho ancora INSEGNATO TUTTO QUELLO CHE SO.” Si amici, il suo pensiero è quello di insegnare il più possibile a noi per evitare di continuare a fare sbagli e correggere, se possibile, questo mondo. Mi ha detto che dopo la guerra, gli americani hanno portato soldi, tutti abbandonavano i campi per cercare lavoro in città e poi “ cosa abbiamo risolto? Che dobbiamo sempre ritornare ai campi perché in città non s’impara a vivere. In quegli alveari non s’impara a rispettare ma solo a farsi gli affari propri e fregarsene del mondo che va”… Una cosa mi ha colpito, quando a testa bassa raccontava un decimo almeno della sua vita, ho capito, anche se ne ero già certo, che non è da dietro le scrivanie che si fa natura; non è nelle oasi che si aiuta gli animali; non è lasciando il bosco a se stesso che si aiuta. Vivere il bosco non significa passeggiare e basta, ma raccogliere il ramoscello secco per evitare che uno scellerato appicchi un incendio e distrugga anni di lavoro di madre natura, liberare i corsi d’acqua da ramaglie e alberi caduti perché poi non ci possiamo lamentare delle inondazioni… e così per molte altre cose. Abbiamo lasciato il nostro mondo per fare tutt’altro al solo scopo di fare soldi, maledetti soldi che a volte ci fanno litigare anche con i nostri fratelli, che ci annebbiano la vista e il cuore, quando invece basterebbe parlare e discutere dei problemi senza fondamentalismi e false idee, ipocrisie e str….ate varie, e trovata la soluzione dobbiamo lavorare tutti insieme. Bisognerebbe ascoltare senza giudicare prima e capire che non è un pezzo di carta che ci rende più intelligenti, ma tanta esperienza fatta sul campo. LA SOLUZIONE E’ MOLTO PIU’ VICINA DI QUANTO SI PENSI… Tags:20 commenti finora...
Re: Forse la soluzione è vicina Bravo Pier,hai detto belle cose:mi trovi d'accordo poichè ho vissuto anch'io gran parte delle tue esperienze.Quanti Galantuomini Cacciatori ho ascoltato da ragazzo alle prime uscite...quanti saggi consigli e quanti preziosi insegnamenti...primo il Rispetto per il prossimo e la selvaggina, ma oramai questo non vale più in questo mondo "progredito"... da il marinaio
27/03/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina Io sposerei la filosofia di caccia che hanno in Alto Adige, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Polonia, Svezia! da Simone
15/03/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina L'ULTIMA DOMENICA DI AGOSTO ALLA "TORTORA" , MA COME DICEVO PRIMA NON HO PIU' FIDUCIA. da PAOLO T FANO PU
27/01/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina EPPURE , MI BASTEREBBE POCO.
da PAOLO T FANO PU
27/01/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina HO LA CACCIA NEL DNA. DA 6 A 48 ANNI SEMPRE A CACCIA. NE HO DI STORIE DA RACCONTARE, NE HO DI PASSIONE DA VENDERE, NON HO LA FIDUCIA PER IL FUTURO E QUESTO MI FA' STAR MALE, MOLTO MALE. IO, MI CONSIDERO NORMALE, IL RESTO DEL MONDO? COME MI CONSIDERA? BRUTTA STORIA, LA PRINCIPALE CAUSA DELLA MIA DEPRESSIONE. da PAOLO T FANO PU
27/01/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina Aggiungo a quello che ho scritto prima che abbolirei gli automatici e farei come in Alto Adige solo i basculanti come armi lisce se non per gli ungulati per le rigate. Poichè anche se i bolzanini sono crucchi non vuol dire niente in quanto possono gestire la caccia in modo interessante ed intelligente e alla quale possiamo prendere spunto!!! Il numero di pezzi da abbattere è inferiore al nostro in Italia poichè la caccia bisogna mettersi nella testa che non è un macello dove abbattono vitelli e maiali ma è un fatto culturale, di modo di vestire, di rapportarsi agli altri, di cucinare ciò che si abbatte (magari gustandoti il carniere a cena con gli amici proprio per un fatto di convivialità), educativo, etica, gestione di un patrimonio, rispetto, e non di numeri ma di qualità del carniere invece da noi mi sembra che sia diventato proprio un fatto di macellazione dove uno più ammazza e più e bravo ma non è così!!!!! da Simone
27/01/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina Carissimi amici cacciatori, come potete immaginare condivido tutto quello che avete scritto! Perdonatemi ma devo esporVi la mia esperienza personale in merito al primo anno di licenza: considerate che il sottoscritto ha tutti i suoi avi che sono andati a caccia anche se non vanno più, ben il primo anno mi sembrava di andare a chiedere l' elemosina per vedere se qualcuno mi prendeva con se, che poi solitamente era un no o facevano nascere mille problemi improvvisi, il tutto da dire...! Io abito in provincia di Ferrara nella mia zona vi sono sempre più nocivi ossia: nutrie, corvi e volpi che la fanno da padroni. Io sposerei la filosofia dell' atc FE5 in parte con alcune sfumature ossia che la settimana caratterizzata da 7 giornate la gestirei nel seguente modo ossia 3 giornate di silenzio mobile e le restanti 4 giornate due alla vagante e 2 da appostamento sempre mobile come giornate, in che senso mobile? Nel senso che ti gestisci tu la settimana in base agli impegni basti che ne tu ne faccia 2 alla vagante e 2 da appostamento. Abbolirei gli atc e costiruerei le aziende di diritto come in Alto Adige che spendendo 50 - 250 euro l' anno ti puoi divertire, la riserva è autogestita dai cacciatori soci dell' azienda i quali possono cambiare di anno in anno dell' azienda basta che sia un' azienda del comune di residenza. Nelle stesse aziende vi è un occhio di riguardo verso l' ambiente, perchè come si suol dire senza ambiente non fai selvaggina, le aziende alla quale mi sto riferendo non sono quelle che abbiamo in Italia dove lanciano la selvaggina il giorno prima ma quelle dell' Alto Adige o di Belluno che hanno animali veri e che si riproducono senza immeterne e le loro estensione vanno dai 600 ettari ai 30.000 ettari. Per le nuove leve emanerei una legge che imponesse ai cacciatori veterani la mansione di portare la nuova leva con loro e questo costituirebbe una prestazione come potrebbe essere la cattura delle lepri ora che ci sono gli atc poichè dalle mie parte se non quelli che hanno i genitori che vanno a caccia per i restanti sembra di essere in stato di abbandono in quanto nessuno ti vuole con se il primo anno. Poi ci vuole gestione, gestione e gestione oltre che educazione, educazione, educazione.
da Simone
27/01/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina Sono d'accordo, anch'io ho avuto un NONNO Cacciatore che mi ha insegnato l'arte della caccia e non passa giorno che non lo pensi e lo ringrazi per questo e per l'esempio di vivere la vita con lavoro, onestà e rispetto per la famiglia e per gli altri.
da Il Migliore
25/01/2011
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Re: Forse la soluzione è vicina Concordo pienamente Ezio... a volte mi accorgo che è soprattutto questione di educazione "RURALE". Mi spiego: il nostro mondo da secoli è influenzato da un alito cattolico che, soprattutto per le insistenze delle nonne e delle mamme che ci portavano a messa la domenica, ci ha guidato al rispetto di tutto quello che c'è intorno anoi, prelevando si ma rispettando anche nel massimo sacrificio. Oggi questo soffio buonista si è perso soffiato via da un vento perbenista falso nell'intimo... Ecco forse la linea guida della nostra società. Ti faccio un es: Sabato mattina andando a regine mi è capitato di trovarne una che si è involata dall'altra parte di un cespuglio senza che il cane si accorgesse di lei (cucciolone). Io non ho sparato, non sarebbe sportivo e forse poco educativo per il mio compagno di caccia. Non so quanti altri al mio posto si sarebbero trattenuti. A rischio di non trovarla più come è successo a me... Capisci cosa intendo dire? spero di avere usato termini ed esempio corretti da Pier76
13/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Forse la realtà è che semplicemente non si può avere tutto. Abbiamo inseguito ed inseguiamo il denaro, il benessere materiale e ci siamo "giocati" una bella fetta di tutto il resto. Compresi i nidi di rondini pieni di piccoletti a becco aperto e tutta l'altra VITA che popolava dal cortile di casa, alle vigne, ai campi, ai boschi ..."miei".... Eh si, effettivamente abbiamo pagato un prezzo alto. Forse troppo alto.... da Ezio
11/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina da qui si capisce quanto ne capiscano molti che dicono di essere ambientalisti... se parli con loro si che capirai di NATURA da Pier76
10/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Ma non solo, forse ti è sfuggito l'articolo in calce nel quale si sostiene, che il serpente sta difendendo il nido, mentre e esattamente l'oppsto, che idioti. da Nato cacciatore
10/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Se quello è un'upupa e non un picchio allora il serpente è un feroce cobra o un pitone, magari quello più lungo del mondo... ahahahahah da Pier76
10/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Grazie per gli apprezzamenti. Ci tenevo solo a raccontarvi una esperienza e condividere le emozioni , che purtroppo non riuscirei a descrivere, infondatemi dai racconti ascoltati. Come dice Francesco B. i vecchi il compiti di chi ha più esperienza di noi è quello di trasmetterci le loro esperienze, evitare di farci sbagliare ancora... ma il nostro compito è ASCOLTARLI. Non pensare mai che quando un nonno parla dica solo fantonie di una stralunato, ma rispettare e ascoltare... forse un'altra cosa che manca nella società moderna fatta di corse, poco tempo... I libri non devono per forza essere scritti, ma spesso ci sono dei tomi più grossi dei libri che vediamo, conservati nelle e sperienze e nelle parole dei nostri nonni da Pier76
07/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Ciao Pier, ottimo articolo, hai ragione i nostri vecchi, sono delle vere e proprie biblioteche viventi, ognuno di loro è un tomo di grande valore, sarebbe sufficiente saperli ascoltare. (leggerli) Ma ahime!! l'uomo ha un grande difetto, non riscontrabile in nessun altro essere vivente, non impra mai dai suoi errori passati, e forse questa questa grave colpa, potrebbe essere la nostra condanna definitiva. da Nato cacciatore
07/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina ..il compito dei "vecchi" o meglio dei Nonni e dei genitori deve essere di trasmettere ai propri figli e nipoti la loro esperienza, solo cosi si eviterà che anche loro facciano gli stessi errori, non è sempre facile parlare con i giovani..io ci provo, non posso raccontargli di fame o di guerra in quanto nato nel "60, ma cerco ed ho cercato di trasmettergli quei valori che sono alle basi dell'educazione, dell'amicizia, della civiltà. Dio, La Famiglia, L'Onore. Chi non riesce a fare questo, non importa quanti soldi e quanti beni ha,.. non lascerà nulla di se. da FRANCESCO B.
07/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Conoscere la propria storia per trovare la propria identità in un mondo fatto di incertezze e poter così programmare almeno in parte il futuro da Pier76
06/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Purtroppo il mondo commette sempre gli stessi errori: trascura, troppo spesso, l'immenso capitale dell'esperienza dei suoi uomini lasciandosi andare alle chimere. Beati i giovani che vogliono avere ancora dei maestri..... e che sanno riconoscerli. da Fromboliere
06/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Si amico mio, la povertà forse ci rende più ricchi di quanto possiamo immaginare... da Pier76
06/12/2010
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Re: Forse la soluzione è vicina Caro amico dalle orecchie fortunate,il prgresso ha sprecato il vero e solo collante tra passato e futuo:ilvecchio nonproduttivo!La vera memoria storica piena zeppa di esperieza personale vissuta in prima persona e testimone dei lontani valori umani,frutto di "ignoranza del profitto ad ogni costo"che ha stravolto gli umani moderni!Ormai è troppo tardi!!Anche io ,60enne,sono da buttare!La mia vita è stata travolta dalla città e ho dovuto calpestare tutti quei valori antichi che non sono più riuscire a proiettare ai mei figi eancor più fallimentari sarà con i miei nipoti!Forse tutto ciò sarà possibile quando una grande catastrofe ci riporterà ad assaporare i frutti della madre terra lavorando personalmente per poter sopravvivere!Si potrà capire che la povertà ci potrà rendere felici!Non la droga,discoeca ecc. da nino ag.
06/12/2010
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