Domenica sera ho seguito il programma di Bonolis, Il “Senso della vita”. Sono stato positivamente colpito dall’intervista che il bravo presentare ha fatto a Riccardo Scamarcio, noto attore diventato un sex symbol delle nostre nuove generazioni.
In realtà, non so se mi abbia colpito di più la risposta dell’attore riferita al suo “senso della vita” o l’inaspettata reazione di Bonolis che visibilmente affascinato dalla discussione, ha ripreso per ben due volte il significato profondo del messaggio di Scamarcio; messaggio che come egli sottolineava, non si è abituati a sentire, specialmente dalla bocca di un noto attore.
La profondità di questo messaggio sul senso della vita risiede però proprio nella semplicità con la quale l’attore in versione “zen” ha esposto la necessità di ritrovare la pace interiore. Un uomo, quello d’oggi, proteso esclusivamente al proprio ego, troppo impegnato a pensare a sé stesso, noncurante dell’importanza che risiede invece nelle cose semplici, pratiche, naturali. La soluzione per ritrovare questa pace essenziale (quella che noi abbiamo imparato a definire “spirito Wilderness” in cui il silenzio nella natura vale più di mille voci che lo vogliono descrivere), secondo Scamarcio sta tutta in un contatto diretto con il territorio naturale in quanto immergendosi in esso, diventandone parte integrante, ci si stacca dal proprio ego evitando di diventarne schiavi. L’attore rimarca questo suo “senso della vita” per due volte durante l’intervista; quando gli viene mostrato un castello, luogo in cui si riposava durante le lunghe passeggiate con suo padre che gli aveva insegnato ad andare a “caccia di funghi” e poi con la visione di una fotografia che ritraeva il mare, luogo in cui l’attore svolge uno dei suoi hobbies preferiti, la pesca.
Due attività rurali, semplici, serene, esposte con passione dall’attore, per curare i “mali” peggiori dell’uomo moderno causati spesse volte dall’egoico stato in cui si ritrova immerso.
Io credo che questo debba essere anche il nostro messaggio! Più che far comprendere al poco ricettivo “homo urbanis” la funzione positiva per l’ambiente delle attività rurali o la scarsa incidenza sulla biodiversità per alcune di esse, è molto più istruttivo e formativo spiegargli quale sia il significato fondamentale per l’uomo che nasce e viene cullato per tutta la vita da questa forma di contatto con la natura. L’attività svolta sul territorio, qualunque essa sia, è necessaria in quanto mezzo che fa da tramite ai sentimenti positivi dell’uomo e l’ambiente circostante; senza essa, cade un po’ il pretesto dello scopo, del far qualcosa, del sentirsi vivi.
Chi possiede questi sentimenti ha secondo me l’obbligo morale di trasmetterli perché determinati aspetti del “nostro fare” nella natura, trascendono la pura salvaguardia di un qualcosa che “a noi piace” e vanno ad innestarsi perfettamente in una società che ha perso l’orientamento per una felicità che forse è più facilmente raggiungibile di quanto si possa pensare proprio perché insita nella cosa più semplice e naturale che ci possa essere: il rapporto con la “terra” ed il percorso interiore e spirituale che questo può offrire all’uomo attento, appassionato, un po’ sognatore.
Il movimento per la Cultura Rurale dovrà saper elevare quelle attività che, praticate con amore, sono fonte e sostentamento per lo spirito dell’uomo e non semplicemente appunto perché gli “piacciono” ma perché attraverso esse l’uomo può realizzarsi in maniera più completa e felice. Sono convinto si partirebbe avvantaggiati perché questo mondo dalla vita sofisticata piace sempre meno anche agli “urbani” che l’hanno creato…i nostri figli sicuramente ringrazieranno!
Massimo Zaratin