Una risposta alla lettera che Fulco Pratesi ha indirizzato a Papa Francesco dalle pagine dell’ultimo numero del periodo del WWF “PANDA”, firmata con lo pseudonimo “Il gabbiano della Sistina”. Una lettera aperta dall'Aiw (Associazione Italiana per la Wilderness) con la quale Fil segretario nazionale Franco Zunino, risponde simpaticamente al Presidente onorario del Wwf.
Caro Fulco Pratesi,
Sono “Il gabbiano della Sistina” del quale ti sei appropriato dell’identità per scrivere a Papa Francesco. Ovviamente sono onorato che la mia figura su quel comignolo ti sia servita da spunto per scrivere al Papa, e non mi sono né offeso né arrabbiato per il fatto di esserti fatto passare per me con il Papa. Sai, come ti è noto, io non so scrivere, anche se almeno questa volta mi costringi a provarci (con l’aiuto di un prestanome).
Innanzi tutto ti volevo dire che se da una parte mi onora la simbologia che mi hai cucito addosso per essermi trovato su quel comignolo mentre Papa Francesco faceva il suo primo discorso ai fedeli radunati in Piazza S. Pietro, dall’altra quella simbologia non la sento per niente mia. Ti devo infatti dire che io, in verità, non stavo lassù perché incuriosito dalla presenza di un nuovo Papa a quella finestra dove ogni tanto vedo apparire quell’uomo con la veste bianca e immacolata come le mie piume. No! Io stavo lassù perché speravo di adocchiare qualche rimasuglio di cibo che quei tanti esseri umani che stazionavano sulla piazza avrebbero magari poi lasciato. E poi, anche perché da quella posizione è per me molto facile adocchiare qualche piccione da acchiappare prima che me li freghino le furbe cornacchie, che tanta concorrenza mi fanno quando si tratta di mangiare.
Come avrai saputo, quella figura in bianco alla quale tu hai scritto, e che ora apprendo essere stato, appunto, Papa Francesco, l’altro giorno, non ti nascondo, mi ha anche aiutato, perché proprio da quella sua finestra sono uscite due belle colombe bianche che subito ho cercato di afferrare, se non fosse arrivata prima una cornacchia a farmi concorrenza. Ma va bene così, una a lei ed una a me; anche lei aveva diritto di mangiare!
A dire il vero, sono però anche un poco offeso dell’utilizzo che tu hai fatto della mia personalità. Perché, scusa se te lo dico, ma mi hai fatto esprimere pensieri che non sono miei ma solo tuoi (non te lo nascondo, nel tentativo di arruolare Papa Francesco tra gli animalisti, come molti lettori hanno inteso!). No no, caro Pratesi, non sta bene. Anzi, è stato scorretto farlo, anche nei nostri riguardi di gabbiani reali ed animali che ben altre visioni della vita abbiamo; e sono certo che Papa Francesco lo saprà capire, visto che lui predica la saggezza che è contemplata nella Bibbia, quando si parla di vita e di morte.
D’altro canto, tu, a mio nome, parli al Papa facendo riferimento ad altri esseri del mio popolo, ad esempio, a “Fratello Lupo”, e dici che, poverino, è spesso ucciso dai pastori per difendere le loro greggi; vero, ma, a dirla tutta, mi sono meravigliato che tu non parlassi anche delle pecore, dei vitelli e dei cavallini che il lupo si divora ogni anno. Non sono forse per te, anche quelli esseri viventi?
E non siamo forse io e la cornacchia degli esseri viventi, come lo erano le due colombe bianche “offerteci” dal Papa? Qual’è la diversità? E allora, perché prendersela tanto con i pastori che in fondo fanno con il lupo la stessa cosa che ho fatto io cercando di acchiappare quelle colombe? Io per mangiarle, loro per difendere il cibo che producono con i propri allevamenti e che poi tutti voi esseri umani divorate, sia come carne sia come latticini, sia come vestiario!
Noi tutti, “esponenti senza voce del Creato”, appunto, come tu ci descrivi, “componiamo il miracolo della vita su questo Pianeta”. Ma lo sai che per comporre questo miracolo ognuno di noi ha bisogno di piante ed altri esseri viventi per poterci nutrire? Lo sai che anche nella Bibbia furono le quaglie a portare sostentamento al popolo d’Israele affamato in cammino verso la Terra Promessa?
E allora, ecco, per noi quel comignolo dove io ogni tanto mi vado ad appoggiare è per me un punto di osservazione per procacciarmi il cibo, sia esso quello abbandonato dai turisti sulla Piazza S. Pietro, siano le colombe che si aggirano sui tetti di Roma.
Qualcuno ha detto che siamo troppi, noi e le cornacchie, ed è vero. Ma la colpa è vostra che ci avete permesso di ingozzarci sempre più di cibo negli immondezzai, immondezzai che ci hanno spinti a radunarci nei pressi e dentro le città dove è più facile trovare gli avanzi di cibo che voi sprecate, compresi quelli della carne comprata in macelleria. Voi, che impedite ogni intervento atto a ridurci di numero cacciandoci come noi cacciamo i piccioni. Non potete ora farne una colpa a noi, se siamo troppi, se siamo invadenti e ci facciamo concorrenza con le cornacchie nel predare le colombe bianche.
Caro Pratesi, il riconoscere “in ogni espressione della natura, dagli uccelli del cielo ai gigli dei campi amati da Gesù, l’impronta sacra del Creatore di ogni cosa” significa riconoscerci il nostro diritto di predatori per poter vivere, e questo diritto noi lo riconosciamo anche a voi che ipocritamente fate “predare” dai macellai e dai pescivendoli della capitale senza curarvi della fatica di catturare ed uccidere con le vostre mani gli animali per procurarvi il cibo necessario a sostenervi! E’ vero, uccidere non è mai una bella cosa, ma fa parte di quella vita che ci ha offerto il Creatore; forse ci vuole un certo coraggio a voi umani per farlo, ma è estremamente ipocrita delegarlo ad altri solo perché il vostro substrato intellettuale vi spinge a negare la morte come parte della vita. Anch’io avrei potuto lasciare andare libera (e viva!) quella bella colomba bianca, ma avrei poi dovuto uccidere - di nascosto dai vostri occhi - altri colombi, o anche leprotti, per sostituirla alla mia necessità di cibo.
Forse al Papa era il caso di chiedere di dire agli uomini di essere meno ipocriti e di rispettare il Creato nei limiti e nel senso che ci ha insegnato il Creatore facendoci esseri animali, facendoci esseri che, per vivere, necessitano di altra vita, perché è la vita che dà la vita, e la vita sempre si sostenta della morte o dallo sfruttamento di altri esseri, siano animali o siano vegetali. Forse tu non lo sai, ma tra noi del mondo alato è notorio il fatto che le origini materne della nonna di Papa Francesco, e quindi dello stesso Papa, hanno radici in una zona selvaggia delle Langhe dove l’equilibrio del mondo naturale e rurale è fatto di vita e di morte, e dove nessun essere è mai vissuto in quell’Eden che forse tu immagini, ma che non è di questa Terra proprio le ragioni che solo il Creatore ha voluto e che a noi restano sconosciute. La nostra Terra non è l’Eden, ed anche noi gabbiani dobbiamo soggiacere alle sue regole, tra le quali anche quella, per noi, di predare le colombe bianche, per il lupo, quella di predare anche capretti ed agnelli e, per il pastore, quella di difendere gli agnelli affinché gli uomini delle città possa a loro volta “predare” per sopravvivere. E’ la regola del grande cerchio della vita che Lui ha creato. E solo Lui ne conosce le ragioni. Non sta a noi, né al Papa, stabilire che queste regole non vadano applicate per fare piacere a chi, come te, si dedica alla salvaguardia della biodiversità della Terra. La biodiversità si ha con la vita e con la morte, non “nell’amore e nel rispetto per la Vita” come lo intendi tu: “gli uccelli del cielo ed i gigli dei campi” non potrebbero vivere senza il sacrifico della vita altrui, perché appartengono anche loro al grande Cerchio voluto dal Creatore.
Il gabbiano della Sistina