Ci si interroga spesso su quale sia la dote maggiormente apprezzabile in un segugio impiegato su lepre o su cinghiale. Al di là dell'ovvia constatazione che tale domanda avrà mille risposte a seconda della personale sensibilità di ciascuno, credo che oltre alla bellellezza funzionale, al metodo, all'iniziativa, alla persistenza nella seguita ed alla vocalizzazione idonee nelle varie fasi, non si possa prescindere mai da una dote fondamentale, in assenza della quale tutte le altre vanno a perdere significato.
Sto parlando della venaticità, quell'ispirazione innata nel cane da caccia che dovrebbe manifestare fin dai primi mesi di vita. L'avidità nella ricerca dell'usta del selvatico, il persistere nella volontà di trovare l'animale anche quando le difficoltà olfattive rendono complicata l'azione sono indici di una passione che rende possibile lo sviluppo di tutte le doti che il segugio ha già in nuce sin dalla nascita.
Un ca
ne svogliato, che alla prima difficoltà abbandona l'azione per cercare un fiato più facile, mostra i sintomi tipici di un segugio mediocre, che solo nelle giornate più facili riuscirà a cacciare proficuamente. Valorizzare il genio e a volte la sregolatezza giovanile, a scapito di soggetti poco venatici e passionali col selvatico, è una strada che penso sia giusto percorrere nonostante l'apparente difficoltà nel dressaggio che tale situazione può porre. Ma che sicuramente riserverà grandi piaceri.