Con il presente parere ci occuperemo di un tema molto importante e per far ciò utilizzeremo la sentenza della Corte di Cassazione n. 12948 del 2013.
La predetta sentenza è davvero interessante perché ci permette di cogliere in maniera chiara le responsabilità del cacciatore durante l’esercizio venatorio.
Quando ci rechiamo a caccia il primo insegnamento da onorare e far onorare è la prudenza.
E’ evidente che la nostra amata passione si esercita soprattutto con un’ arma da fuoco e non v’è chi non veda come l’arma vada sempre maneggiata con estrema cautela.
Tale semplice norma di buon senso va sempre rispettata perché nessuno deve essere MAI sicuro della propria abilità nel maneggiare le armi.
Gli incidenti purtroppo sono possibili e la giurisprudenza proprio per la peculiarità dell’esercizio venatorio non è particolarmente clemente.
A riprova di ciò ho deciso di affrontare l’argomento che ci occupa richiamando una recente sentenza che affronta in maniera chiara ed esaustiva quanto affermato precedentemente.
Un cacciatore di Cagliari è stato condannato alla pena di 6 mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo perché durante una battuta di caccia inavvertitamente ha colpito un suo compagno di caccia con un colpo di fucile ferendolo mortalmente.
Avverso tale sentenza, a mezzo del proprio difensore, il cacciatore imputato ha proposto ricorso per Cassazione al fine di evidenziare l’imprevedibilità della condotta perpetrata.
Infatti il ricorrente si duole che la Corte territoriale di Cagliari, pur giudicando imprudente la condotta tenuta dalla vittima in occasione dell’incidente ne abbia escluso l’imprevedibilità ritenendo sussistente il nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento mortale.
Tuttavia la Cassazione in maniera incontrovertibile ha dichiarato il ricorso presentato dall’imputato infondato per i seguenti motivi.
Secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, tra i doveri del cacciatore che partecipi con altri a una battuta di caccia rientra l'obbligo di controllare gli spostamenti dei compagni, prima di sparare all'indirizzo di animali.
Da tanto deriva che non costituisce fatto imprevedibile l'improvviso spostamento di un cacciatore, poiché è caratteristica dell'attività venatoria di gruppo rendere possibili spostamenti, più o meno accentuati, dei partecipanti e quindi situazioni di pericolo per la loro incolumità (Cass., Sez. 4, n. 101/1985, Rv. 171536; Cass., Sez. 4, n. 7029/1982, Rv. 154660).
La Corte inoltre ribadisce che deve ritenersi senz'altro illegittimo, poiché inaccettabilmente pericoloso, anche nel corso dell'attività di caccia, l'esercizio di attività di fuoco "alla cieca", e cioè contro bersaglio non bene individuato (Cass., Sez. 4, n. 3165/1976, Rv. 135393), costituendo un preciso obbligo del cacciatore quello di tenere sempre conto delle specifiche peculiarità di tempo e di luogo, nonché della probabile "rosa" del tiro, stante il carattere gravemente imprudente dell'esplosione di un colpo ad altezza-uomo, senza accertarsi della sicura assenza di persone nella zona di destinazione (cfr. Cass., Sez. 4, n. 8361/1981, Rv, 150242; Cass., Sez. 4, n. 9942/1980, Rv. 146104).
Deve pertanto ritenersi rivestito di carattere essenziale il dovere del cacciatore, prima di sparare, di accertarsi in modo scrupoloso che sulla traiettoria del colpo non si trovino altre persone.
Tale dovere, peraltro, deve assumersi in termini di particolare rigore allorché il colpo di fucile viene diretto verso una zona "cieca", quale può essere quella coperta da fitta vegetazione (Cass., Sez. 4, n. 2213/1981, Rv. 148042).
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha evidenziato come l' imputato abbia esploso il colpo d'arma da fuoco che attinse la vittima durante la battuta di caccia, senza accertarsi in modo scrupoloso che sulla traiettoria percorsa dal proiettile esploso non vi fosse alcuna persona potenzialmente raggiungibile, ponendo pertanto in essere per propria colpa (benché concorrente con quella della vittima) una situazione di gravissimo pericolo per l'incolumità dei compagni di caccia.
L’imputato peraltro nel proprio ricorso ha sottolineato che la vittima non ha indossato indumenti cromatici specifici che avrebbero potuto evitare il tragico evento.
Sennonchè gli Ermellini hanno statuito che “deve ritenersi del tutto privo di rilievo il motivo di ricorso illustrato dall'imputato con riguardo alle caratteristiche cromatiche degli indumenti indossati dalla persona offesa nel corso della battuta di caccia, essendo aliunde emersa la grave sottrazione dell'imputato agli obblighi cautelari sullo stesso incombenti ai fini del regolare e sicuro svolgimento dell'attività venatoria in corso, avendo potuto, l'eventuale utilizzazione di vesti mimetiche, da parte della vittima, indurre al più il dubbio sulla natura della figura in movimento, ma non già alcuna sicura certezza sulla natura non umana del bersaglio".
La sentenza testè citata, pertanto, riprende ormai integralmente un concetto giurisprudenziale ormai univoco richiamato appunto in numerose sentenze: tra i doveri del cacciatore rientra l’obbligo di controllare gli spostamenti dei compagni prima di sparare all’indirizzo di animali.
Pertanto non può invocarsi l’ imprevedibilità nel caso di improvviso spostamento di un cacciatore poiché caratteristica dell’attività venatoria di gruppo è rendere possibili spostamenti più o meno accentuati dei partecipanti e quindi situazioni tali di pericolo per la loro incolumità.
Vai al profilo dell'Avvocato Luca Cecinati in Amici di BigHunter
Vai agli altri interventi:
Locazione e/o comodato di armi da caccia ed errori giudiziari
NOZIONE DI ESERCIZIO VENATORIO
ABBATTIMENTO DI SPECIE CACCIABILE IN PERIODO VENATORIO NON CONSENTITO
LEGGIAMO LA NOSTRA ASSICURAZIONE VENATORIA
TAGLIARE LE CANNE DEL FUCILE DA CACCIA E' LEGALE?
I POTERI DELLA VIGILANZA VENATORIA VOLONTARIA
OMESSA CUSTODIA DI ARMI
LA TABELLAZIONE DELLE AREE PROTETTE