In questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde… il sole adesso brilla di luce non vera e tutto d’intorno solo un tetro contorno di torri di fumo! Era così che più o meno narrava il testo della canzone, il Vecchio e il Bambino di Francesco Guccini.
Lo chiamavo il mio posto verde, l’angolo di Molgora più bello e redditizio delle mie stagioni di caccia, l’irrinunciabile scenario delle nostre aperture, ed il più malinconico alle chiusure. Ormai un rito, ma da oggi solamente un mito.
Quante beccacce, quanti germani, colombacci, tordi e alzavole ci hanno fatto fremere in questa piccola porzione di fiume; quante emozioni, amicizie, quante albe. Proprio lì. Freddo o caldo, pioggia o sole, è lì che ho visto e vissuto le più belle albe della mia vita!
Prima dell’alba, era lo scorrere dell’acqua del fiume a farmi compagnia, poi si svegliava il codirosso e subito dopo il pettirosso, un fremito accompagnava questo improvviso incalzare di canti e meraviglia. Qualche volta, appariva d’improvviso l’airone che sorvolava lento e indisturbato il “suo” fiume, quasi indifferente alla nostra presenza. Poi, d’improvviso, lo starnazzare dei germani che svelti solcavano il fiume in cerca di un posto più tranquillo dove passare la giornata, qualche sparo e di nuovo il silenzio.
E’ finita. Per sempre. Viene ucciso così il nostro futuro, diviso tra realtà e sogni; da oggi solo passato. Solo tempo vissuto. Solo ricordi. Arriva l’urbanizzazione e porta via tutto, lasciandosi dietro il nuovo mondo, fatto di ipad, tecnologia e realtà virtuale.
Adesso una strada serpeggia lungo il fiume ormai irriconoscibile ed un ponte di fango e terra è stato costruito da chi la natura la difende ma poi non la protegge, da chi, senza scrupoli distrugge così voracemente il territorio che poi non rimane niente. E gli animalisti? Dove sono gli animalisti e gli ambientalisti? Dove siete?
Perché non siete lì ad impedire questo scempio, invece di essere onnipresenti con tamburelli e piatti quando apre la caccia?
Noi a differenza vostra, abbiamo nel cuore l’amore verso la natura e gli animali, voi lo avete solo nel portafoglio!
Voglio però stemperare il mio stato d’animo e tornare per un attimo a quando proprio lì ho conosciuto la mia spalla a caccia, ormai compagno indispensabile d’avventure, Francesco, un piacevole diversamente lombardo, come me. E’ padre da poco del piccolo Tommaso e un giorno forse farà notare al figlio che lì, proprio lì, una volta i germani e i colombacci rendevano gradevole anche il caldo estivo e che d’inverno, quando tutto era gelato, si respirava aria buona e si scrutavano le albe in attesa di quel selvatico che oggi non esiste più!
Spero, che il suo racconto di padre non si concluda in maniera analoga al testo di quella canzone: “Sentito il racconto, il bimbo ristette, lo sguardo era triste, e gli occhi guardavano cose mai viste e poi disse con voce sognante: Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”.