Trattando di questi cani e del loro collegamento ho diviso in due macro categorie le razze. Sono le categorie tradizionali in cui vengono divisi per le loro caratteristiche ed origini. Infatti, gli inglesi da ferma sono i Pointers e i Setters, di tutte le razze. Gli altri cani da ferma si chiamano “continentali” perché originati, selezionati ed usati nel continente europeo ma fuori dalla Gran Bretagna.
Va da sé che queste due macro categorie ormai sono superate dai fatti. Circolano in tutto il mondo cani da ferma di tutte le razze, importati da estimatori che li usano con passione e profitto. La diversità che fa del cane inglese un cane diverso dal continentale e il temperamento e la cerca. Il primo è impetuoso, veloce, ama le estensioni di terreno vastissime e si allontana molto dal conduttore cercando la selvaggina in enormi distese di terreno. Ciò è dovuto al precipuo impiego di detti cani su terreni e selvaggina che richiedeva un grande dispendio di energia, una cerca coraggiosa, veloce ed estesa per reperire branchi o singoli individui in colline vaste e faticose dove la conformazione del terreno, la mentalità e la conformazione atletica avevano una sua importanza. Il secondo invece è un tipo di cane che fu abituato a cercare in terreni più ristretti, con velocità relativamente più basse con cerca più analitica e minuziosa selvaggina meno importante e numerosa, alle volte isolata, alle volte di piccola mole e in terreni misti o molto faticosi svolgendo la sua cerca a singolo e non in coppia come il cane inglese.
Tutto ciò ha influito sul comportamento e ogni altra caratteristica della singola razza. Perché accadeva tutto ciò nella storia del cane da ferma? In Gran Bretagna e nel relativo dominio territoriale degli stati associati esistono spazi enormi di caccia perché la proprietà era demandata a feudatari che la conservarono in ragione del regime che ancora oggi è gestito da una monarchia sia pure molto democratica e costituzionale. Il resto d’Europa invece fu scosso da diversi moti politici che rovesciarono,nella massima parte, i domini monarchici sostituendo con il regime repubblicano la gestione dei governi. Questo ha portato di conseguenza anche un fenomeno di parcellizzazione delle proprietà terriere, prima di feudatari, poi passato nelle mani di borghesi e contadini in virtù delle riforme agrarie.
Le conseguenze sono state quelle di spezzettare i territori, coltivarli in maniera promiscua o difforme, sfruttarne la produzione in maniera intensiva e infine anche di abbandonare a se stessa la selvaggina che non portava alcun frutto al proprietario del terreno dove viveva. Spesso anzi perseguitata o denigrata per i danni che poteva arrecare. Fu pertanto ritenuto che un cane di cerca ristretta, meticolosa, molto vicino al conduttore fosse un soggetto che poteva produrre migliori risultai venatori. Specie se si pensa che gli animali da penna di grossa mole nell’Europa continentale sono ridotti. Escludendo il vituperato fagiano che fu introdotto surrettiziamente nelle riserve per ovviare alla scomparsa o carenza di starne e pernici. Questi cani ben si adattavano ad una caccia mista, potevano passare dalla quaglia al beccaccino, dalla starna, al fagiano, dalla pernice e la beccaccia alla lepre rendendosi utili in ogni circostanza. Il loro addestramento sembrava più semplice, la loro condotta più ubbidiente e sottomessa, la loro intelligenza venatoria più affine allo scopo che si prefiggeva il padrone. Poche ore di caccia mista e poi via a lavorare.
Di cosa necessita una razza di cani simili? Si confanno veramente alle esigenze di un cacciatore specialista che vuole cercare il “suo” selvatico? Quello per cui smania e ne fa uno scopo di vita? In certi casi sì, in altri fatica a restare al passo con gli inglesi. Non fosse altro che per la mole, in genere, pesante e lenta nella cerca e nell’attività. Si tratta di soggetti che vanno benissimo per un paio d’ore di caccia mista e per il carniere, spesso hanno eccellente olfatto e ferma, cerca giudiziosa e attenta, rispetto del selvatico e collegamento spontaneo, il riporto poi è la loro caratteristica precipua. Cosa a cui nessun Nembrotte italico sapeva o voleva rinunciare dato che i terreni battuti spesso erano faticosi, frastagliati e di fondo molto diverso e a tratti pericoloso o scosceso fino al limite del pericolo. Con questi cani bastava e basta comportarsi con dolcezza e persuasione, far loro conoscere il fischietto e il gesto della mano per indirizzarli, aspettarli finché abbiano compiuto la loro esplorazione e poi continuare scegliendo la direzione del prossimo terreno da battere. Su questi cani continentali comunque c’è da fare anche una digressione.
Quelli italiani sono i più intelligenti e più saggi ma sono anche quelli più pesanti e meno veloci. Hanno tutte le doti per emergere: naso, ferma, consenso e riporto quindi sono adattissimi a cacciatori con caratteristiche idonei ad amarli ed impiegarli. Pazienza, calma, meditazione, godimento dell’estetica e della manovra del cane, insomma persone con la gamba solida ma corta. Con il resto dei cani continentali invece il discorso è un pochino diverso. Molti bracchi tedeschi sono veloci e prendono terreno, i breton odierni rinsanguati e ben nutriti da appassionati cinofili filano come saette e non hanno certo timore di percorrere terreni estesi portandosi a fondo campo senza essere sollecitati. Dobbiamo quindi stare attenti alle dicerie e alle fantasie popolari. In fondo il cane è quello che il padrone vuole. Ecco che si torna alla spirale di cui molti sono a conoscenza: il cane vale l’uomo cui si accompagna.
Federico Gallo