Dersu Uzala, "il piccolo uomo delle grandi pianure", nomade mongolo, grande cacciatore vissuto a cavallo fra '800 e '900, salvò la vita a un ufficiale russo, l'esploratore Wladimir K. Arsen’ev, che nelle sue memorie lo rese immortale. Il grande regista Akira Kurosawa ne fece un grandissimo film (premio Oscar nel 1975), facendo conoscere anche al grande pubblico le gesta di questo piccolo-grande personaggio.
Cacciatore solitario nell'immensità della natura selvaggia, è il protagonista di un mondo fra il magico e il mosterioso, popolato di esseri - orsi, tigri, cinghiali - con cui Derzu dialoga alla pari. Non li considera animali, ma li definisce essi stesi “ljudi”, e cioè persone, gente, uomini. E con essi, il cacciatore vive in totale simbiosi.
Dal libro, ma anche dal film, emerge chiaro il tema dell'esistenza, il rapporto fra uomo e natura, il valore dei sentimenti, della libertà. Tutte cose che oggi non fanno quasi più parte del bagaglio dell'uomo moderno, ma che un cacciatore è ancora in grado di comprendere e fare proprie.