“Si parla tanto di gestione della caccia e del territorio, politici e rappresentanti istituzionali si riempiono costantemente la bocca con belle parole come “gestione”, “riqualificazione”, “tutela”, e poi quando qualcuno vuol tradurre queste parole in pratica non si vede mai nessuno, se non per mettere i bastoni tra le ruote”.
E’ esasperato Graziano Vannozzi, presidente della sezione comunale di Monteleone di Spoleto della Federazione Italiana della Caccia, e come lui lo sono tutti i suoi associati, a seguito di quella che ormai può essere a pieno titolo definita la “telenovela” della zona di ripopolamento e cattura di Ruscio. “Sono ormai 13 anni – dichiara Vannozzi – che la nostra richiesta di istituzione di un’area protetta per tutelare specie importanti come lepre e starna giace negli uffici della Provincia. Abbiamo tutte le carte in regole, dalla planimetria ai permessi dei proprietari dei terreni interessati: eppure nulla ancora si è mosso. Ci dicono che l’iter burocratico sarebbe già completato da tempo ma, per assurdo, mancherebbero i fondi necessari a pubblicare l’atto definitivo… Ci domandiamo come ciò sia possibile”.
Ma che cos’è, nel dettaglio, una zona di ripopolamento e cattura? “Si tratta – spiega il presidente – di un territorio originariamente adibito a caccia programmata, dunque dove è possibile esercitare l’attività venatoria, che però i cacciatori – tramite l’Ambito territoriale di caccia competente – decidono di chiudere al prelievo venatorio, allo scopo di favorire la riproduzione di specie di fauna selvatica nobile stanziale, attualmente in difficoltà. Nel nostro caso, l’area dei piani di Ruscio è particolarmente vocata per la lepre e la starna, due specie caratteristiche dei nostri territori. Tra l’altro, la starna da noi è ormai da anni praticamente estinta, il che rende ancor più prezioso questo sacrificio da parte dei cacciatori locali nel tentativo di reintrodurla”.
In altre parole, sono i cacciatori stessi che si privano di territorio (nel caso dei piani di Ruscio circa 350 ettari) per aiutare alcune specie animali che sono di particolare interesse ai fini della biodiversità, e anche – legittimamente – della caccia. E invece che cosa è successo? “Praticamente nulla – chiosa Vannozzi – visto che ero ragazzino quando la domanda fu presentata per la prima volta in Provincia. Evidentemente l’interesse per la biodiversità si ferma sulla porta degli uffici regionali, non esce, non va sul territorio. E’ anche vero che Monteleone non è una grande realtà suburbana, non ci sono molti cittadini-elettori quassù… Ma il territorio ce l’abbiamo, e se si vogliono aiutare realmente delle specie in difficoltà è qui che si può e che, secondo noi, si deve fare”.
Ufficio Stampa Federcaccia Umbra