Sarà discussa il 20 ottobre prossimo la legge regionale di semplificazione 2015. Tra le altre cose, il Consiglio lombardo esaminerà, e mi auguro approverà, alcune modifiche alla legge 26 sulla caccia soprattutto in ordine alla banca dati dei richiami vivi nel senso che mentre per i richiami di cattura il regime resta invariato (inserimento dei dati relativi al proprietario, specie e codice identificativo per specie), per i richiami di allevamento basterà inserire nella banca nome del proprietario e numero degli esemplari detenuti suddivisi per specie. Finalmente ha dunque prevalso il buon senso anche in ordine al materiale e alle caratteristiche dell’anello che saranno determinati dall’organo esecutivo. La proposta semplifica e riduce, e non di poco, gli adempimenti dei cacciatori in possesso di richiami vivi, continuando nel contempo a garantire quelle che erano le finalità della banca dati. Mi viene però subito da pensare che tra queste avrebbe dovuto esserci non solo la conoscenza del patrimonio dei richiami vivi in possesso dei cacciatori lombardi, ma la continuazione delle catture degli stessi negli impianti (roccoli) gestiti dalle Provincie. Cosa che invece al momento non è garantita e non solo per colpa della Regione come qualcuno invece ama far credere.
Saranno poi modificati alcuni aspetti gestionali degli ambiti e dei comprensori alpini, come la riduzione del collegio dei revisori dei conti da tre a uno e nei comprensori l’elezione del presidente del comitato di gestione sarà affidata al comitato stesso e non più all’assemblea dei soci, come del resto già avviene negli ambiti.
Appare evidente che le modifiche presentate rispondono alle finalità delle legge in discussione: semplificare gli adempimenti che i cittadini lombardi sono chiamati ad osservare. Non si poteva dunque in questo momento immaginare una revisione globale della legge 26/93, revisione che quanto prima dovrà pur esserci se è vero che con la riforme del sistema delle autonomie della Regione approvata dal Consiglio il 20 giugno scorso, le funzioni concernenti la caccia e la pesca sono state trasferite dalle Provincie alle Regioni stessa. Tuttavia ho ritenuto, secondo una massima che ha sempre contraddistinto il mio operato, ovvero “chi ha tempo non aspetti tempo”, presentare ulteriori emendamenti rispettando però quello che è il fine che la legge in discussione si propone.
Cosicchè ho proposto di ridurre il numero dei componenti dei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia, rispettando quanto in materia dispone la normativa nazionale 157/92 che al comma 10 dell’art.14 stabilisce in modo perentorio le percentuali da attribuire ai rappresentanti delle associazioni ed enti che hanno titolo a comporre il comitato stesso. Passeranno da venti ad undici, con minori spese e più rapidità nell’assumere decisioni.
Davanti a palesi ingiustizie, spesso frutto di ingiustificati egoismi venatori, che purtroppo in questi anni si sono succedute con disarmante periodicità, ho ritenuto di proporre che avverso i provvedimenti di provincie, ambiti e comprensori alpini adottati in materia di caccia, escludendo quelli relativi all’irrogazione di sanzioni amministrative, sia ammesso ricorso gerarchico alla Giunta della nostra regione senza essere costretti a rivolgersi, con spese non indifferenti e tempi lunghi, ai giudici ordinari o amministrativi.
Tenuto conto del continuo e irreversibile calo del numero dei cacciatori, non mi paiono più difendibili posizioni che tendono a limitare l’accesso a due soli ambiti o comprensori alpini. Ho pertanto proposto di sopprimere la disposizione regionale che vuole che il cacciatore residente in Lombardia possa essere socio in un solo Atc o Ca della regione, oltre a quello di residenza. Il tutto ovviamente nel rispetto di un rapporto cacciatori - territorio agro silvo pastorale che non metta a repentaglio una efficace programmazione faunistico venatoria.
Infine ho creduto che sia tempo di accantonare controproducenti egoismi venatori, di cui poc’anzi ho fatto cenno, a favore di una auspicata di libertà di movimento “venatorio” se pur limitata e responsabile. Invero la stessa è in parte già garantita dal comma 2 dell’art.35 della l.r., ma lo è in modo non solo parziale ma anche talmente complicato e cervellotico così da scoraggiare il cacciatore che intenda usufruire di tale opportunità. Allora ho immaginato che il cacciatore lombardo, nel rispetto della scelta della forma di caccia in via esclusiva, possa disporre gratuitamente a partire dalla terza domenica di ottobre di ogni stagione venatoria di un pacchetto di dieci giornate per esercitare la caccia alla migratoria da appostamento temporaneo anche con l’uso dei richiami vivi in tutti gli ambiti o nella zona di minor tutela dei comprensori alpini della regione . Inoltre in tutti gli Atc e Ca della provincia di residenza e in tutti gli Atc e Ca di quelle provincie in cui il cacciatore risulta iscritto almeno in un ambito o comprensorio, all’interno del pacchetto di dieci giornate di cui sopra, potrà esercitare la caccia vagante, e dunque non solo da appostamento temporaneo, alla migratoria anche son l’uso del cane da ferma.
Questi miei emendamenti sono stati sottoscritti dal consigliere regionale Alberto Cavalli e dal consigliere regionale Fabio Rolfi.
Infine, per favore, non mi si venga a dire che questa opportunità finirà con lo scardinare la pianificazione faunistico venatoria degli Atc e Ca lombardi o che in talune zone si creerà una presenza di cacciatori inaccettabile. Resto dell’avviso che le limitazioni introdotte dalla legge nazionale e di seguito da quelle regionali vent’anni fa quando i cacciatori erano oltre un milione mezzo non abbiano più ragione di esistere adesso che i seguaci di Dina sono ridotti alla metà. E tra queste limitazioni da cancellare ci metto anche l’obbligatorietà di scegliere una forma di caccia – appostamento fisso, vagante in pianura e vagante in zona Alpi – da esercitarsi in via esclusiva. Ma questo è un compito del legislatore nazionale.
Alessandro Sala
Consigliere regionale Lombardia