Chi ha letto Walden, la vita nei boschi, non ha potuto non immedesimarsi, da vero cacciatore e ambientalista, nel protagonista, il filosofo e scrittore Hanry David Thoureau, che nella prima metà dell'Ottocento, fra i primi, percepì limiti e difetti del cosiddetto progresso e volle dimostrare che l'uomo, pur mantenendo la propria integrità etica e morale, avrebbe potuto vivere senza indulgere alle mollezze che il cosiddetto progresso gli prospettava.
Fu così che, per due anni, da pacifico rivoluzionario quale era - ebbe una formazione umanistica e professò la disobbedienza civile - andò a vivere nei boschi, in solitudine, costruendo con le sue mani una capanna ai margini di un piccolo lago - Walden, appunto, nel Maine - e visse cacciando e pescando e nutrendosi dei frutti del suo orticello. Tenendo in parallelo un diario, su cui registrava giorno per giorno le sue esperienze, senza dimenticare di registrare anche le piccole spese per garantire la sua sopravvivenza: l'acquisto e il costo delle sementi, gli attrezzi per l'orto e per la pesca, eccetera. Un mirabile esempio di morigeratezza, che molti ambientalisti contemporanei, dall'alto della loro prosopopea salottiera hanno preso a modello senza sognarsi ovviamente di riproporsi direttamente nel modello.
“Lavoravo su un bel fianco di collina coperto di boschi di pini - scrive Thoureau in Walden - attraverso i quali potevo scorgere il lago e un campicello aperto in mezzo ai boschi, dove crescevano pini e noci americane. Nel lago, il ghiaccio non s’era ancora disciolto, sebbene ci fossero spazi aperti, e tutto era di colore scuro e saturo d’acqua. Ci furono leggere tempeste di neve, i giorni in cui lavoravo in quei luoghi, ma quando, tornando a casa, uscivo di là e mi dirigevo verso la ferrovia, i gialli monticelli di sabbia si stendevano scintillanti nell’atmosfera un po’ nebbiosa e le rotaie rilucevano nel sole primaverile, e allora io udivo l’allodola, il vanello e altri uccelli che erano già venuti a cominciare un altro anno con noi. Erano bei giorni di primavera, nei quali 'l’inverno dell’umano scontento' si sgelava come la terra, e la vita - che fino allora aveva torpito - incominciava a risvegliarsi”.
Fece esperienze di vita selvaggia anche in compagnia di un cacciatore indiano, e da un suo resoconto in un altro resoconto di viaggio si legge: “... Noi, in tre abbiamo consumato esattamente 11 kg di pane duro, 6 kg di maiale, 1,3 kg di caffè, 5 kg di zucchero (e avremmo potuto usarne di più), oltre a un po' di tè, riso e farina indiana, e poi bacche e carne d'alce in abbondanza. Caccia all'alce che lui visse direttamente insieme a Joe Aitteon, il cacciatore indiano, appunto, e descrisse nell'articolo Chesuncook, resoconto di viaggio pubblicato su Atlantic Monthly.
Molti ambientalisti di maniera continueranno a sostenere che Thoureau, in quanto antesignano dell'ambientalismo, fautore di una vita fuori dalla civiltà, tendente al vegetariano, non può essere all'un tempo considerato un riferimento anche per chi come noi pratica la caccia. Leggete Walden, poi ne riparliamo.