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apr14 14/04/2016 16.24
Il concetto moderno di caccia popolare arriva con la Rivoluzione Francese. E, dopo, non sempre furono rose e fiori, soprattutto per la selvaggina. Tanto che anche in Francia, la patria di Libertè Egalitè, Fraternitè, dovettero in seguito, e a più riprese, rivedere il concetto per non perdere quel patrimonio che l'aristocrazia terriera in qualche modo, a proprio vantaggio e prestigio, aveva contribuito a conservare.
All'Epoca delle guerre d'indipendenza e del conseguente processo di unificazione del nostro Belpaese, si fronteggiarono due monarchi al di qua e aldilà (a est) delle Alpi, che segnarono le loro storie per i sanguinosi conflitti sui campi di battaglia del lombardo-veneto, ma che nei momenti di tregua ebbero ambedue la passione per la caccia.
Il Nostro, Vittorio Emanuele II (1820-1878), donnaiolo impenitente, odiava i ricevimenti e come poteva scappava dalla Bella Rosina (sua sposa morganatica) per andare a caccia e per farsi sollazzare con piatti di tajarin, agnolotti, cinghiale in civet e barolo. Nel 1856 dichiara Riserva Reale di Caccia le montagne del Gran Paradiso, il futuro primo parco nazionale italiano, salvando dall'estinzione lo stambecco che in quegli anni aveva ridotto la sua popolazione a livelli allarmanti. In effetti, il re continuò a cacciarlo in esclusiva, come si potrebbe dire oggi.
L'altro, il Nemico, Francesco Giuseppe I d'Austria (1830-1916), che giovanissimo sposò Alessandra di Baviera (Sissi, “regina del cuore”, immortalata da ben tre film a soggetto; chi non ricorda la scena di caccia al camoscio in occasione del “quasi” casuale fidanzamento?), “fu regnante rigoroso. Il suo governare consisté, per decenni, sostanzialmente nel rimandare, nel cedere, nel rassegnarsi. Ma tutti sapevano che era un uomo modesto e parsimonioso che viveva spartanamente, lavorando dalla mattina alla sera e non concedendosi nessun lusso privato. E su queste virtù si basava la sua popolarità, specialmente in età avanzata. L'unico piacere privato che si concedeva era la caccia, la sua grande passione”. Appena inaugurata in Austria una serie di mostre per ricordarlo a cento anni dalla nascita. Al Castello di Niederweiden, Bassa Austria, una esauriente rassegna approfondisce il rapporto personale che l’imperatore aveva con il “Weidwerk”, la riserva di caccia absburgica, nonché con le associazioni dei cacciatori, e analizza inoltre l’importanza di queste ultime in ambito politico. Famoso il dipinto che lo ritrae in abito da caccia.
Sono questi due monarchi da annoverare nell'olimpo dei nostri eroi? Chissà. Certo è che amarono la caccia, e nel bene e nel male rappresentarono un epoca in cui questa nostra attività era assiduamente praticata dalle diverse classi sociali. E molto rispettata. Tags:2 commenti finora...
Re: RE E CACCIATORI Vittorio Emanuele cacciatore per modo di dire, con la carrozza che lo portava in quota e il domestico che gli caricava il fucile. da Giovane mandarancio
23/04/2016 19.36
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Re: RE E CACCIATORI Due modelli agli antipodi: quello italiano più orientato all'aspetto "sportivo" e quello mitteleuropeo attendo alla gestione della fauna come risorsa economica e rinnovabile che deve essere gestita con precisi principi etici.
Le due diverse filosofie, ormai contrapposte, si riflettono nelle diverse visioni del mondo, anche politico sociale , le Alpi dividono l'area latino mediterranea dall'Europa mitteleuropea, anzi il solco si sta allargando, stiamo derivando infatti verso l'Africa.
da vecchio cedro
19/04/2016 15.21
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