Dall'interessante rapporto sugli andamenti delle popolazioni di uccelli comuni in Italia, redatto dalla Lipu in base ai dati raccolti dal 2000 al 2010 grazie al progetto MITO2000 (integrato al programma comunitario di monitoraggio dell'avifauna nidificante), emerge una realtà variegata ma tutt'altro che sconfortante nel quadro di gestione faunistica della caccia programmata.
Il paradosso è che in calo troviamo alcune specie di uccelli agricoli che sono ormai da decenni protetti (non subiscono quindi alcuna pressione venatoria, episodi di bracconaggio a parte), che purtroppo continuano a soffrire delle conseguenze di un'agricoltura intensiva (i n particolare pesticidi e degrado e scomparsa degli habitat a loro congeniali), mentre al contrario altre comunemente cacciate in tutto il paese, si trovano in una situazione stabile o di crescita.
Nel suo comunicato, la Lipu evidenzia popolazioni in aumento per gazza, cornacchia grigia, gheppio, ortolano, rigogolo, usignolo, upupa, tortora, luì bianco e strillozzo. Se però diamo un'occhiata all'intero rapporto, la situazione appare in realtà ancora più chiara: insieme alla tortora (+56%) troviamo diverse altre specie cacciabili come il colombaccio (in 10 anni cresciuto del 210%), la quaglia (in forte incremento, + 78%; e in Piemonte vorrebbero toglierla dall'elenco delle cacciabili), il tordo bottaccio, + 41%, il merlo, +48% e la ghiandaia, + 9% .
Diverse sono anche le specie non cacciabili in crescita nell'ultimo periodo: beccamoschino (+ 56%), canapino comune (+ 79%), capinera (+ 30%), beccafico (+138%) cinciallegra (+16%), cinciarella (+65%), codibugnolo (+ 66%), codirosso comune (classificato in forte crescita +66%), fiorrancino (+88%), gheppio (+15%), gruccione (in forte crescita, +65%), ortolano (+158%), pettirosso (+28%), picchio rosso maggiore (+6%), picchio verde (+52%), poiana (+19%), rigogolo (+ 133%), scricciolo (+35%), sterpazzolina (+28%), storno (+2%), storno nero +36% ( dato questo più che confortante, visto che finora per lo sturnus vulgaris che crea numerosi danni all'agricoltura si è negato un prelievo ordinario (ma a volte anche in deroga) perchè lo si poteva confondere con il suo cugino nero, che peraltro in Italia è specie infrequente), tortora dal collare (+115%; specie ormai stanziale in Italia e in alcune aree già soggetta a prelievi), strillozzo (+20%), tottavilla (+90%), usignolo (+11%), usignolo di fiume (+ 63%).
Verificati questi dati, forniti da fonte sicuramente incontestabile (alla Lipu, come possono, non ci pensano neanche un minuto a scagliarsi contro la caccia), salta agli occhi la macroscopica differenza fra ciò che è e ciò che vorrebbero far credere. Approfondendo la lettura, poi, si capisce e chiaramente che è l'agricoltura "industriale", individuata soprattutto nella valle Padana, che va ampiamente ripensata. Come si passa ad analizzare i dati delle aree collinari, infatti, si vede chiaramente che la situazione è sostanzialmente migliore. In ogni caso, in questi ultimi anni le condizioni delle nostre specie ornitiche sono stabili, e semmai se correttivi si dovessero adottare - lo sappiano all'ISPRA, lo sappiano i responsabili politici e tecnici delle regioni - ci si dovrà indirizzare su quelle pratiche agricole che fanno cattiva agricoltura. Con buona pace degli anticaccia, degli ambientalisti della domenica, delle rosse passionarie e delle bionde, degli ideologi del dopolavoro da bar sport, che a loro insaputa si sono ritrovati fra i banchi del Parlamento Europeo, da dove continuano a sbraitare basandosi su argomentazioni risibili. E comunque, ove venisse in mente a qualcuno di fare pressioni affinchè si rivedesse la lista delle specie cacciabili nell'elenco della "Direttiva-Uccelli", si sappia che a fronte di un paio o tre di specie in declino (ripetiamo: a causa di tutto tranne che della caccia!), ce ne possono essere qualche decina di cui si potrebbe sicuramente reclamare l'inserimento! E a qualche anziano potrebbero nuovamente brillare gli occhi solo al pensiero di un beccafico o di una capinera, di un ortolano o di un rigogolo, di uno strillozzo o di una tottavilla da mettere alla lacciaia!
C. F.