Littizzetto docet. Fare la morale agli altri, ponendosi su un piedistallo immacolato, dimenticandosi che alla fine dei conti, per il solo fatto di essere degli esseri viventi, e di doversi nutrire, vestire e muovere, tutti siamo invischiati nel terribile gioco della sopraffazione della vita, non paga. Per quanto tu voglia bene alle creature di questa terra, c'è sempre qualcuno più intransigente di te, pronto a puntarti il dito contro e darti del maltrattatore. A lei è bastato portare in studio un maiale. Di colpo la paladina degli animali è passata dalla parte opposta della barricata, suo malgrado, ed è diventata una nemica giurata degli animalisti. Per la celebre show woman torinese non è stato difficile trovare il lato comico della cosa: "ora aspetto che mi facciano causa i protettori dei pidocchi", ha detto a Che Tempo che fa, ricordando le stragi dei poveri parassiti annidiati ogni anno sulle teste di migliaia di bambini. Ragionamento che non fa una piega. Ora ci sarebbe da aspettarsi che in futuro, sullo stesso metro, la signora Littizzetto sia più clemente con i cacciatori. E che i telespettatori abbiano imparato la lezione.
Visti da occhi "sensibili" i cacciatori sono orchi cattivi: sparano ad animali liberi in natura per poi metterli addirittura in padella! Eppure tutti, tranne quel misero 6% di italiani, mangiamo carne quotidianamente, senza battere ciglio. Ma a voler ben fare le pulci anche a chi quello scalino morale l'ha superato, si scoprono cose interessanti. Seguiamo un ragionamento molto semplice. Chi si rifiuta di mangiare carne per motivi "etici", lo fa perchè poverino il maiale, il pollo, perfino il calamaro, sono esseri viventi, sentono dolore, emozioni e chissà cos'altro. Meglio non toccarli per non macchiarsi del loro sangue innocente. Bene. Anche se è palese che rifiutare tutto questo vuol dire anche un po' negare sé stessi e il proprio posto nel mondo, ci può stare. Lecito avere una spiccata sensibilità, lecito scegliere di non voler essere responsabili della morte di alcun animale. Ma se si sceglie di proteggere, chi come noi, può sentire dolore, provare emozioni e fare ragionamenti complessi, cosa mangiare se tutte queste cose appartengono anche al mondo vegetale?
Come faranno i vegani a strappare le radici alle carote, a spezzettare zucchine e a mutilare gli alberi dei loro frutti senza provare disgusto per sé stessi? Aspetteranno pazientemente che questo ben di dio caschi marcio e putrefatto a terra prima di nutrirsene? (I più estremisti già lo fanno, forse ignorando di trucidare milioni di esserini microscopici già al lavoro per decomporre il povero frutto?).
In realtà i vegani non dovranno aspettare molto per affrontare questa crisi mistica. La scienza fa passi da gigante ed ha già scoperto che è proprio così: le piante ricordano, risolvono problemi e reagiscono agli stimoli esterni. E poi, ebbene sì, anche loro sentono “male” se vengono attaccate. Tutto è già stato ampliamente dimostrato. Uno dei maggiori studiosi di questa nuova frontiera è un italiano. Il Prof. Mancuso, dell'Università di Firenze, ha pubblicato diversi studi in cui dimostra come alcune piante siano in grado di apprendere e di ricordare uno specifico stimolo, ma anche di elaborare soluzioni a problemi.
La posizione del Prof. Mancuso - lo ricorda Giulia Bartalozzi su Georgofili.it/Info - è apparsa anche in un articolo del settimanale tedesco Der Spiegel: “se definiamo l’intelligenza come la capacità di risolvere problemi – dice Mancuso - , allora le piante, come ogni altro organismo vivente, sono da considerarsi esseri intelligenti. Lo dimostra la stessa loro diffusione sul pianeta, frutto di una straordinaria capacità di adattamento, cioè di soluzione dei problemi”. La mimosa pudica ha dimostrato di essere in grado di apprendere e di ricordare per un tempo abbastanza lungo (anche oltre 28 giorni, mentre per un insetto la memoria media è di 2 giorni) che uno specifico stimolo non è pericoloso, il che ha riacceso la discussione se le piante meritino o meno di essere considerate organismi intelligenti. Il risultato è palese: lo sono, anche se in maniera diversa da noi.
Recentemente è stato anche dimostrato che alcune piante reagiscono immediatamente qualora un insetto mangi le loro foglie. Non appena percepiscono la saliva del bruco attivano dei geni che producono una sostanza volatile in grado di avvisare le altre del pericolo e che attira le vespe, nemiche dei bruchi. La scoperta scientifica è stata pubblicata su "Plants Phisiology", la prestigiosa rivista che è anche l'organo ufficiale dell'American Society of plants biologists. A condurre le ricerche due team di scienziati: il primo coordinato da Massimo Maffei, direttore del dipartimento di Biologia vegetale dell'Università torinese e l'altro diretto dal tedesco Wilhelm Boland del Max Plance Institute di Jena.
Tutto questo non è che un infinitesimo di ciò che potrebbe essere scoperto in futuro, riguardo ad un universo per noi ancora abbastanza insondabile, essendo così diverso dal nostro. Le piante sono in grado di provare emozioni? Probabilmente sì ma il solo fatto che non sappiamo decifrarle, ci autorizza ad essere totalmente indifferenti nei loro confronti? In base a quale principio la vita di una pianta dovrebbe valere meno rispetto a quella di un animale?
Ai vegani, agli animalisti e ambientalisti da salotto e a quella pletora di scriteriati che seguono mode che portano alla disumanizzazione totale, l'ardua sentenza!
Cinzia Funcis