Non credo ci sia molto da ridere, o da irridire, sul concetto di "malinteso ambientalismo da salotto". E non mi riferisco a tizio che lo rilancia o a caio che lo contesta. I fatti, i tragici eventi stanno qui, proprio in questi giorni, amaramente a ricordarcelo.
Non è questione di sinistra o destra, negli ultimi trenta-quarant'anni hanno governato tutti, ma tutti! E tantomeno è possibile collocare da una parte o dall'altra dell'emiciclo le rappresentanze di questo nostro mostruoso ambientalismo: Ne fanno fede la storia e la realtà attuale delle associazioni che lo rappresentano (assolutamente impresentabili quelle animaliste). Hanno fatto il ping pong, a seconda di chi gli tirava la volata. Ci siamo dimenticati del presidente del WWF internazionale, Luc Hoffman, titolare dell'Icmesa, o l'Unione Petrolifera che lautamente sganciava contributi? E la concessione del marchio a quel modello automobilistico che spopola ancora per le dissestate strade italiane? E Legambiente che si faceva sponsorizzare congressi dalla Montedison per poi strapparsi i capelli per le enormi moltitudini di fringuelli indifesi? E i verdi di Pecoraro Scanio? Che (poi insediatosi al ministero ambiente) coccola ancora con assiduità certe sue vecchie propaggini, ormai collocate dietro il buco della serratura del ministro dell'ambiente, il quale - a sua volta - deve buona parte della sua ascensione al soglio ministeriale al medesimo ex Ministro e che, con tutto quello che avrebbe da fare, purtoppo, in quest'Italia disastrata da più di mezzo secolo, non manca occasione di pontificare contro la caccia, in un ventri(col)loquio che passa da quel buco medesimo della serratura.
Sono ormai decenni che Costa, dopo la formativa stagione al ministero insieme al suo attuale assistente, ricevuto in dote il comando dei forestali della Campania, ha competenze sul regno delle ecoballe, quei rifiuti che provengono dal nord e a volte al nord (anche profondo) ritornano, soprattutto quando i siti di stoccaggio esondano, esplodono e si trasformano in fuochi perenni. Ma che sono ancora lì. Moltiplicando ormai, da sud a nord, quelle stesse terre dei fuochi e quei giacimenti tossici andati anche ad arricchire i sottoasfalti delle autostrade, le armature dei ponti, fino a concimare quelle ridenti plaghe alla atrazina dove nascono e crescono i nostri preziosi prodotti della terra.
La legge c'è da tempo, ho sentito dichiarare da fonte autorevole, ma - si può presumere - chi doveva pretenderne l'applicazione (ambientalisti) e materialmente applicarla (forestali, oggi carabinieri, corpi speciali, guardia di finanza) si sono spesso distratti. La politica, dicono. Oggi cambia tutto. Dicono. Sarà, ma al momento non ce ne siamo ancora accorti. I primi accenni non ci confortano. Vedremo in futuro.
Fatto sta che, in Germania, o in Austria, i verdi si danno da fare e riscuotono sostanziosi consensi. Mentre qui, pur cambiando sigle, capoccia, slogan, partiti di riferimento, rimangono confinati verso lo zero virgola, con le associazioni ambientaliste a contorno, che dimagriscono a vista d'occhio, mentre i problemi dell'ambiente si moltiplicano. In cielo, in terra e in mare.
Auspicano le sentinelle del territorio, tecnici, geologi. Un presidio insomma, continuativo, capillare, per anticipare gli eventi catastrofici. In attesa di un piano strategico basato sulla prevenzione.
Ci sarebbero i cacciatori, ma ci snobbano. Figuriamoci!
Vorrebbero un "paese parco". Benissimo! Dove si comincia? Nelle terre dei fuochi? Nelle distese di glifosato? Nelle infinite foreste di abete rosso, a quanto sembra inadatte a quei territori, oggi strappate e stese a terra dalla furia degli elementi?
Non diteci che si comincia dalla caccia, perchè stavolta sarebbe proprio la volta buona per tirar fuori dall'inventario grillino quel vocabolario di turpitudini, che per la verità ormai dilaga. Siamo persone per bene. Ordinate. Educate. Incensurate. Vorremmo rimanere tali. E vorremmo dimostrare quello che già da sempre facciamo per l'ambiente, per il patrimonio naturale, per gli animali selvatici.
La terra soffre, lo sappiamo. Proprio quell'ambientalismo salottiero ha fatto di tutto per convincere gli italiani (il popolo?) che andava lasciata a sè stessa, selvaggia (magari popolata di cani randagi, gatti, corvi, cormorani, nutrie, scoiattoli grigi tipo Chip e Chop,Yogi e Bubu e lupo Alberto). Quando selvaggia non è più da almeno duemila anni. Nemmeno le foreste delle Alpi, cassaforte di approvvigionamento per le agguerrite flotte dei Romani, che dominavano il Mediterraneo. La politica, le revisioni economiche (tagli, pareggio di bilancio), la vita dura nelle montagne hanno nel tempo portato all'incuria, alla trascuratezza diventata abbandono. La parcomania, nata e cresciuta, come ideologia prima di tutto, per consentire di fare terra bruciata del resto. La "migrazione" dalla campagna/montagna alla città, appunto, in quei salotti dove si portavano a maturazione le bufale marchiane, ormai vere e proprie parole d'ordine dell'ambientalismo di casa nostra.
Di tutto questo cercate di occuparvi, cari nostri governanti, di ieri, di oggi e di domani. Dei tanti errori commessi, da tutti. E cercate un po' più di saggezza in chi è rimasto "a far da sentinella" di questo - nonostante tutto - bellissimo paese, di questi bellissimi territori, di questi bellissimi animali selvatici, che oggi sono stati sviliti dal concetto di biodiversità, quando un tempo venivano semplicemente ma saggiamente considerati un tutt'uno di quell'entità definita paesaggio, insieme di terra, storia, tradizioni. Di uomini laboriosi che la curavano, la coltivavano, tutta, tutta insieme, ne coglievano i frutti e la conservavano. Nel suo incessante divenire, scandito dalle stagioni, da una ruralità sedimentata da esperienze secolari, da un insieme di amore e di pietà per questa madre allo stesso tempo bella e terribile. Un parco paese, il bel paese, appunto, dove anche la caccia faceva - e dovrà ancora fare - parte della vita.
Aldo Paci
Un ultima riflessione. Non passa giorno che non ci si accapigli su alcuni concetti: reddito di cittadinanza, disoccupazione, migranti, emergenze ambientali. Non servono certo centri per l'impiego efficienti (che al momento mancano e mancheranno chissà per quanto) per capire che per affrontare queste odierne emergenze climatiche e ambientali, i tanti disastri conseguenti, occorre manodopera. Insieme a dirigenti, ingegneri, architetti, informatici, geometri, geologi, agronomi, ragionieri e amministrativi in genere, ci vogliono anche tante ma tante braccia. Carpentieri, muratori, falegnami, forestali, operai specializzati nelle diverse pratiche, manovali di vario genere. I problemi e le emergenze sono tangibili in più o meno in tutte le regioni, e ben evidenti a tutti. Quindi non ci dovrebbe essere neanche tanto bisogno di deportazioni volontarie come avvenne nel primo dopoguerra. Un bell'abbinamento dei tre concetti e un altrettanto bel programmino delle prime emergenze: disboscamento, rimboschimento, ricostituzione degli argini, dei contrafforti, sentieri, tracciati, strisce tagliafuoco, ricostituzione e manutenzione di strade e autostrade, ferrovie, eliminazione delle fonti e dei bacini d'inquinamento, assistenza ai disastrati. Tutto questo - a supporto dei tanti meritevoli volontari e delle loro organizzazioni - potrebbe mettere a frutto quelle ingenti risorse che occorrono e sembra siano già stanziate. Evitando sfruttamenti e soprusi. E abusi. Ci sarà qualcuno che ci ragiona su?