Logo Bighunter
  HomeCacciaCaniFuciliNatura
Editoriale | Blog | Eventi | Meteo | I Video | Sondaggi | Quiz | Le Leggi | Parlano di noi | Amici di Big Hunter | Amiche Di Big Hunter | Solo su Big Hunter | Tutte le news per settimana | Contatti | BigHunter Giovani | Sondaggio Cacciatori |
 Cerca
Il News Feed non è attualmente disponibile. Messaggio di errore:Errore del server remoto: (403) Non consentito.

novità Bionatura: sabot, sandali, infradito

Editoriale

Cinghia - Lex & C.


lunedì 16 dicembre 2019
    

Cinghiale
 
Nell'imminente sconquasso della Brexit, che svilupperà i suoi  effetti probabilmente in parallelo con la rivoluzione green promessa in questi giorni dalla Ursula Von der Leyen, altrettanto probabilmente stimolata dalla terribile GRETA, sbertucciata da un lunare Bolzonaro sorretto dal "riportone biondo che governa il mondo" che sta in cagnesco col suo dirimpettaio muscolare apparentemente "tranquillone cinese", sembra che in Italia l'unica emergenza che sollecita una smodata attenzione sia l'esubero ungulati.

Tralascerei per un attimo quella rossa che parcheggia il porcone davanti al portone di Montecitorio come se fosse un'Abarth,  mentre verrebbe da sollecitare una prece (fra  un'invettiva e l'altra a Basaglia) per quegli anticaccia di complemento che ne hanno fatto un mestiere, inviterei tutti noi a una piccola riflessione sulle ragioni, quelle vere secondo me, che ci hanno portato a disputare anche fra di noi su cosa fare e come sostenere la posizione più adatta all'interesse della caccia, oltre che all benessere dei nostri territori.

Non sembra almeno per ora che ci siano ricette ampiamente condivise, tutti hanno le loro, a volte estemporanee, compreso le associazioni agricole e venatorie, che affrontano il tema secondo il loro "particulare", ostentando a volte come un pregio la loro palese miopia. Soprattutto quando, quasi in competizione, si accampano interessi di parte e si nascondono sotto il tappeto più concrete cause di una situazione di una complessità incoffessata.

Sulle cause, se si vuole davvero trovare un minimo di soluzione, credo che sia giunto il momento di fare una riflessione più articolata. Proviamo.


Tutto nasce, è inutile nascondercelo, dalla stagione dei referendum. Che non mettevano in discussione la caccia in quanto tale, ma miravano all'abrogazione dell'art. 842 del Codice Civile, che consente, seppur regolamentato dalla legge, l'accesso dei cacciatori ai fondi privati. Aspettativa non ancora sopita, quella dell'abrogazione di tale diritto, se si fa una disamina delle proposte di legge che a vario titolo sono state depositate in Parlamento in questo trentennio. Non ultima, seppur edulcorata, mascherata, questa campagna che punta a ridurre - per legge - l'impatto degli ungulati sul territorio. Cinghiali ma non solo. Chi propone come al solito l'intervento delle  autorità di pubblica sicurezza, provinciali adesso regionali, ex forestali, guardie ecologiche, guardie giurate, chi  un corpo di killer stipendiati, chi il diretto intervento degli operatori agricoli, chi un'assicurazione che copra le spalle agli amministratori pubblici e alla collettività, tutto per evitare che si possa anche lontanamente far passare l'idea che i cacciatori, ben orientati da disposizioni chiare, non cervellotiche, sono la soluzione migliore, più economica, e più "naturale" al problema.

Dall'esito della madre di tutti i referendum, 3 giugno 1990, deriva più o meno direttamente il "combinato disposto" fra la legge sui parchi e le aree protette (394 del  6 dicembre 1991) che vieta espressamente qualsiasi attività di caccia in quelle aree e rende pressochè impossibili anche certe forme di prelievo, e la legge 157 dell'11 febbraio 1992, per la protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio, che all'art. 1 sancisce che "La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale". Un destro-sinistro che ha steso al tappeto non solo i cacciatori ma l'intero sistema ambientale che si reggeva su un meditato equilibrio frutto di competenze secolari. Peraltro con palesi contraddizioni fra le due leggi, che per sequenza di approvazione avrebbero dovuto far prevalere la seconda (157/92) sulla prima (394/91), regola che invece è stata stranamente e pervicacemente disattesa.

Da questo bisticcio-pasticcio sono discesi una serie di fatti e di conseguenze che hanno favorito una complessa evoluzione a vantaggio della consistenza soprattutto degli ungulati, ma anche di altre specie selvatiche che un tempo venivano definite "nocive" (termine ancora in uso in altri paesi d'Europa più... civili), oggi considerate "opportuniste".

Prima e determinante causa: i parchi e le aree protette (intorno al 10% del territorio utile, che per effetto della 157/92 si allarga almeno fino al 20% ma potenzialmente fino al 30%, con province e a occhio e croce regioni che superano abbondanrtemente anche questo limite massimo. Effetto che può non dispiacere alla categoria del punto-rosso e dei cannocchialuti (cinghialai e selettori) ma che per altri versi può anche preoccupare agricoltori (per i danni, per ora a macchia di leopardo e probabilmente in diversi casi sovrastimati) e amministrazioni pubbliche per i sempre più frequenti attraversamenti di strade e autostrade da parte di ungulati, per le invasioni nei centri abitati, per certe aggressioni nei confronti di malcapitati mella mente dei quali persiste nonostante tutto l'idea disneyana di natura e di animali selvatici.

Seconda causa: la crisi economica. Spalmata sul paese come la nutella sul pane da ormai più di un decennio, ha accentuato la "crisi delle licenze di caccia", figlia delle due leggi sopra citate, nel frattempo sempre più avvelenate da una pelosa caccia all'untore, a cui le consorterie venatorie hanno blandamente reagito, arroccandosi in difesa, impegnate com'erano a competere fra di loro per una tessera in più, incuranti di quelle tessere in meno che avrebbero dovuto allarmare il sistema, che ha continuato invece a spacchettarsi a  destra e a sinistra, sulla scorta di  improvvidi legami a modelli venatori palesemente inconciliabili fra loro e sicuramente ormai inattuali, così come li si vorrebbero coniugare.

Aree protette e calo dei cacciatori hanno provocato questo abnorme sviluppo della fauna ungulata, che per un certo tempo ha evocato sentimenti di giubilo. Soprattutto per il sempre più  ricco patrimonio di ungulati, alla consistenza del quale, terza causa, ha contribuito l'abbandono dell'Appennino, che copre metà della superficie del nostro paese. Con una postilla: l'abbondanza degli ungulati e la riduzione del fila dei cacciatori, ancor più violentemente additati come il male estremo sia perchè sparano sia perchè sono la causa dell'esubero faunistico, hanno provocato - grazie al combinato disposto legislativo di cui sopra - l'arrivo di certi predatori (anche favorito da immissioni, come ancora qualcuno sostiene), lupo e canidi (?) non meglio intesi, che dalle lande appenniniche, ormai "atri muscosi e fori cadenti" hanno spinto a valle cinghiali caprioli e anche cervi, a intasare il traffico urbano ed estraurbano, depredare e  ribaltare cassonetti dell'immondizia fin nella capitale, allietare la vita di afflitti degenti di nosocomi metropolitani.

Nella Toscana ormai accinghialata, si susseguono cronache di battute all'interno dell'Ospedale di Careggi (per di più Centro universitario) e intorno all'Ospedale di Pistoia, dove alla vista di telecamere dei principali media TV della Nazione è stata recentemente celebrata in pompa magna una complessa operazione di cattura della metà della popolazione di caprioli (una quarantina) che lì s'erano rifugiati. Al proposito, qualcuno pensa che i primi sedici, liberati in montagna (nella riserva naturale protetta dell'Acquerino), abbiano fatto la gioia per almeno una settimana dei tanti lupi che lassù risiedono stabilmente. Come sappiamo, in Italia ne abbiamo da benedire e santificare, probabilmente oltre il quindici per cento di tutta la popolazione europea (17.000)  e nella sola Toscana contingenti che superano i cinquecento esemplari.

A corollario di questa serie di incidenti socio-politici-ambientali, anche per ragioni contrapposte, pure il mondo venatorio ha segnato il passo, indugiando soprattutto nel prendere in considerazione un'adeguata revisione dell'approccio fra caccia e società, in un mondo che è in continua e rapida trasformazione, con l'aggravio palese che il vento anticaccia è alimentato da interessi economici contrapposti, affari turistici, ambientalismo peloso. A questo punto, certi agricoltori, certi  industriali, certi speculatori di complemento hanno favorito la velocizzazione di questo trend, sollecitando l'accanimento contro l'anello più debole della catena, per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica (che vota) dai veri disastri che si susseguono nel nostro Belpaese.


Il futuro? Il vecchio Yoda, saggio Jedi di Guerre Stellari diceva "Sempre in movimento è il futuro", a cui, attingendo alle massime della stessa saga, si può però aggiungere: "Size matter not", le dimensioni non contano, una piccola entità può raccogliere in sè una potenza insospettabile;   "potente è la forza", soprattutto quella  delle IDEE. I lupi, i cinghiali, gli storni, per superare le loro specifiche difficoltà esistenziali fanno squadra. E noi?


Vito Rubini

 



Aggiunta in coda: Molte altre sarebbero le cause, più o meno secondarie, per dare un senso ancora più compiuto alla situazione. La caccia ai cacciatori, per esempio,  è anche figlia di una ignara cultura metropolitana. Anche in Italia, il progresso ha portato più della metà degli italiani a vivere in città, con tutto quello che ne consegue, compreso la perdita di quelle conoscenze che erano l'enorme patrimonio della civiltà rurale. Compreso pure quel "politicamente corretto" di quei fasulli ambientalisti da salotto. Le ultime indagini ci vogliono raccontare che mentre per il controllo dei cinghiali, pur con qualche maldipancia, anche i metropolitani non avrebbero soverchie obiezioni, dio ne guardi invece se ci azzarda a toccare un pelo al lupo, alle nutrie, o una penna alle taccole, alle cornacchie e peranco ai gabbiani. Che ai cacciatori, sia chiaro!, non interessano assolutamente, ma che contribuiscono a far sballare i delicati equilibri interspecifici in un ambiente fortemente antropizzato come il nostro. Viene in mente la legge del contrappasso di dantesca memoria. Quindi: dovremmo rimandare certe riflessioni alle prime, prossime,  scorribande di lupi a Villa Borghese o al Valentino? Non mancherà molto, c'è da immaginare. Ma se la saranno cercata.


Leggi altri Editoriali

9 commenti finora...

Re:Cinghia - Lex & C.

Il referendum del '90 era l'ultimo della serie. Frutto, tutti, di un attacco concentrico contro l'842. In parallelo, il mondo associazionistico venatorio giocava in difesa, perdendo pezzi anno dopo anno, per difenderlo. Con Arcicaccia che simpatizzava col...nemico. L'avremmo perso quel referendum se non ci avessero dato una mano i chimici e Coldiretti, in eterno conflitto con Confagricoltura, cioè i proprietari terrieri che ancora oggi tentano di appropriarsi della caccia. Prima o poi ci riusciranno e le polemiche anticaccia finiranno

da Così è 22/12/2019 21.22

Re:Cinghia - Lex & C.

Edoardo ? ma dove vai a caccia in E.R.? in selezione te lo tirano dietro la schiena! Riguardo la peste suina ma anche il recente virus Aujeszky che sta facendo stage di cani tra Rimini Cesena e Forlì si deve alzare la guardia contro questi suini che ( come tutti gli animali selvatici) sono portatori di gravi malattie ( anche per l'uomo) se non gestiti o controllati seriamente! mediate !

da Gino 18/12/2019 10.06

Re:Cinghia - Lex & C.

bravo!

da anonimo 17/12/2019 19.47

Re:Cinghia - Lex & C.

Silvano pienamente d'accordo con te,il problema da noi non è se, ma quando arrivera' la PSA,e visto che in questo paese non si riescono a risolvere problemi meno gravi penso che ci sara' da preoccuparsi,sicuramente la prima soluzione che si adottera'sara' quella di chiudere la caccia.

da argo 17/12/2019 18.53

Re:Cinghia - Lex & C.

Per quel che mi riguarda l'emergenza cinghiale non esiste! E' una cavolo di bufala inventata dai media. Caccio di selezione in Emila Romagna dove è possibile farsi assegnare: caprioli, daini e cervi! Ma non il cinghiale! ...visto che il suide in questa regione è appannaggio esclusivo delle Squadre di Cinghialai, mentre la caccia di selezione per il suide è solo cartacea e non applicabile. Se ci fosse emergenza per questa specie verrebbe data la possibilità a tutti i cacciatori abilitati ed in regola la possibilità di cacciarli! Non è così! ...allora l'emergenza non esiste! E' una mera invenzione! Buona giornata a tutti!

da Edoardo 17/12/2019 11.46

Re:Cinghia - Lex & C.

bel intervento Silvano ! molto interessante.

da Paolo 16/12/2019 16.39

Re:Cinghia - Lex & C.

Il numero di cinghiali in Italia è in costante espansione, si parla di oltre 2 milioni di capi. E' una specie presente in tutte le regioni italiane. Va gestita in modo efficace ed efficiente, con due punti fermi: - piani di gestione che interessino in modo unitario i vari territori, incluso le aree protette; -ruolo primario dei cacciatori, protagonisti diffusi, esperti e a costo 0. Occorre semplificare le norme per renderle efficaci e applicabili in modo tempestivo pena la crescita dei danni all'agricoltura, la crescita degli incidenti stradali e il malcontento complessivo. Soprattutto rischiamo che arrivi la Peste Suina Africana (PSA), segnalata ultimamente in Serbia e a detta dei ns. Servizi Veterinari in rapido avvicinamento ai ns. Confini Orientali. La PSA provocata da un virus altamente infettivo e densità dipendente, rischierebbe se si diffondesse in Italia di arrecare danni enormi al ns. settore suinicolo la cui filiera fattura oltre 8 miliardi di euro all'anno. Il mondo agricolo, invece di cimentarsi in proposte strampalate, dovrebbe proporre un patto al mondo venatorio per operare tempestivamente a partire dalle ns. regioni orientali, per la gestione delle densità del suide, che in attesa di un improbabile vaccino orale, che se mai arriverà non sarà in tempi brevi, possa ridurre le densità negli areali a rischio. La PSA nel cinghiale determina mortalità iniziali di oltre il 70%, meglio prevenire noi, come cacciatori, che ciò accada d'intesa con le istituzioni, che al momento vedono in allerta solo quelle sanitarie.

da [email protected] 16/12/2019 11.15

Re:Cinghia - Lex & C.

Caro Vito hai scritto numerose inesattezze. Elenchiamole: I REFERENDUM DEL 3-6-1990 MIRAVANO ALLA CHIUSURA DELLA CACCIA ALTRI CHE 842! SI RILEGGA I QUESITI E NE AVRÀ CONFERMA GIÀ LA LEGGE PRECEDENTE (968/77) DEFINIVA LA FAUNA PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO. LA 157/92 ANCHE DETTA LEGGE FERMARIELLO ROSINI PROCACCI HA SOLO ISTITUITO GLI ATC E LA SOECIALIZZAZIONE DELLA CACCIA PER IL RESTO OK. Infine: LE CHIACCHERE SE LE PORTA VIA IL VENTO ( e le biciclette i livornesi)

da Dario 16/12/2019 9.48

Re:Cinghia - Lex & C.

Editoriale interessante, come sempre. Avrei preferito un controllo più accurato dell’ortografia, ne va anche dell’immagine della categoria.

da Zuzzi 16/12/2019 9.17